ERNESTO PICCHIONI: IL CRIMINALE PIÙ TEMUTO DEL KM 47 DELLA SALARIA

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IL MOSTRO DI NEROLA: «GUADAGNO VENDENDO LE LUMACHE»

Quarantasettesimo km della Salaria, «il chilometro della morte» – è il punto da cui è possibile ammirare il medievale Castello Orsini simbolo del meraviglioso borgo di Nerola (Lazio), in cui si sono consumati atroci delitti a causa di un uomo conosciuto come «il Mostro»: uno degli assassini seriali più famosi e spietati della storia italiana.

Nel 1906, nel piccolo comune italiano di Ascrea (provincia di Rieti) nasce Ernesto Picchioni, un contadino che presto si trasferisce nel comune di Nerola. La sua personalità è molto complessa: da un lato impeti d’ira, ferocia folle (tanto da aver picchiato furiosamente un compagno di cella e da aver tentato di aggredire Papa Giovanni XXIII durante una sua visita ai detenuti), dall’altro tratti di estrema cordialità.

A causa di sparizioni, omicidi e furti che spesso si verificano in quella zona hanno inizio le indagini del Maresciallo Evaristo Acquistucci, che ancora non riesce a trovare una soluzione all’intricato mistero del km 47 della Salaria: nel luglio del 1944 proprio in quel punto scompare misteriosamente l’avvocato Pietro Monni, che percorreva la strada in bicicletta per partecipare a una gita con i suoi amici, a cui non arriverà mai. Solo successivamente il Maresciallo capisce il modus operandi di Picchioni, «la tecnica della tela del ragno»: cosparge la strada di chiodi, aspetta con pazienza l’arrivo di una vittima, offre aiuto e collaborazione, una volta attirata nella sua fatiscente abitazione sfoga la sua furia omicida sotto gli occhi sgomenti della famiglia e ruba ai malcapitati tutti i loro beni, per poi seppellirne i corpi nell’orto di fronte, con l’aiuto del giovane figlio Angelo minacciato altrimenti di fare la stessa fine.

Un serial killer organizzato: la sua attenzione è tutta concentrata sui beni delle vittime, non ha infatti alcun tipo di feticismo o interesse per i cadaveri. Uccide esclusivamente per vantaggio economico.

La svolta avviene nel maggio del 1947, quando Ernesto Picchioni viene visto circolare con un prezioso modello della Ducati, il “Cucciolo”, un veicolo costoso ed esclusivo alla portata di pochi: un ragazzo, Alessandro Daddi (commerciante di Rieti), con la sua bicicletta a motore fuori uso bussa alla porta di casa Picchioni, Ernesto non aspetta altro e lo accoglie offrendo il suo cordiale aiuto: mentre il giovane è intento nel maneggiare gli attrezzi, l’uomo gli sferra un violento colpo sulla testa con una mazza ferrata, che tramortisce lo sventurato, tuttavia senza ucciderlo. Il Mostro prende un coltello da cucina e con inaudita brutalità si scaglia sul ragazzo tagliando la sua gola.

In seguito al misfatto scorge dietro una porta semichiusa la moglie e il figlio, che hanno assistito al feroce omicidio e li minaccia di sterminare l’intera famiglia nel caso in cui si fosse venuto a sapere al di fuori di quelle quattro mura quanto accaduto.

A questo punto il Maresciallo non ha più dubbi sul da farsi e decide di colpire il punto debole di Picchioni: approfittando dell’assenza del capofamiglia Acquistucci si reca dalla moglie di Ernesto, Filomena Lucarelli e la spinge a confessare tutto. Stravolta dal terrore è proprio la signora Filomena a denunciare le nefandezze del marito, i suoi maltrattamenti e minacce.

Di bassa statura, tratti del corpo tarchiati e semianalfabeta, il Mostro di Nerola viene accusato di due omicidi accertati, ma il numero reale delle sue vittime rimane ancora oggi un mistero inquietante. L’avvocato difensore cerca di fare appello all’infermità mentale, che non gli viene riconosciuta, mentre il Pubblico Ministero chiede l’ergastolo. Nel marzo del 1949 l’ingestibile Mostro della Salaria viene condannato a due ergastoli e rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Civitavecchia e a posteriori trasferito presso il carcere di Porto Azzurro (Isola d’Elba). Muore in carcere nel 1967 stroncato da un infarto; non riceverà mai visite dai parenti, avendo inoltre affermato che li avrebbe uccisi nel momento stesso in cui li avrebbe visti.

Nonostante la terribile vicenda l’epilogo della storia sembra avere un lieto fine, nel corso degli anni del loro matrimonio Filomena ha dato a Picchioni quattro figli: uno venuto a mancare ancora in fasce, per cui la donna è stata punita con un massacro di botte, Angelo, di cui non si hanno più notizie, Gabriella e Carolina, le quali sono state adottate nel 1952 dal ricco Robert Wilbraham Fitz Aucher (magnate dell’acciaio), che muore nel 1956, non prima di aver lasciato alle piccole sorelle un’eredità di due milioni di dollari.

Flavia De Michetti