Don Quirino come Don Camillo

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© Cerveteri negli anni sessanta

Don Quirino come Don Camillo
di Angelo Alfani

La retorica del buon tempo antico assomma sempre più fanatici: un passato idealizzato, gonfio di identitarietà. Quasi sempre ci si trova di fronte alla sua idealizzazione, si scopre addirittura la cervetranità che fa presto a trasformarsi in auto-rappresentazione. Quanto segue vuole invece essere un omaggio ad un parroco, che ha lasciato un buon ricordo tra quelli che hanno avuto opportunità di conoscerlo: don Quirino.

© Arsial – Don Quirino riceve fedeli in parrocchia (1953)

Nato a Roma nel 1920, risulta all’anagrafe emigrato a Cerveteri nel febbraio del 1953. Probabilmente giunse nella canonica di Piazza Risorgimento 14 nel 1950. L’arciprete don Luigi aveva oramai superato i sessanta, essendo nato a Lugo nel 1884, quattro anni prima del compaesano eroe dell’aviazione Francesco Baracca.

A differenza di molti altri paesi in cui le chiese si chiudevano per mancanza di fedeli a Cerveteri, alcune domeniche, la storica chiesa madre mal sopportava il sovraccarico di anime.

Da qui la necessità di aggiungere un nuovo corpo al vetusto ed inadeguato Tempio e allo stesso tempo avere forze giovani. Pur essendo non pochi i ragazzotti cervetrani che studiano in seminario, rari sono quelli che restano fino a prender messa.

Don Quirino prende subito confidenza con i paesani, per il suo carattere e per il vento nuovo che soffia dopo il ventennio nero e la tragica guerra.

Di fatto, soprattutto in confronto all’arcigno don Luigi, rappresenta il nuovo e sono tanti i maschiettacci che lo seguono in parrocchia, nelle scampagnate, nel gioco del bigliardino, del monopoli. Le cotte da chierichetto si moltiplicano, e il presepe, costruito tra le colonne antiche, si amplia di anno in anno.

Corre per le campagne con la sua lambretta che gli sarà preziosa quando sarà inviato a passare un periodo nel Santuario di Ceri. Tornato a Cerveteri, vi trascorse più di un quarantennio.

Epiche erano le sue corse con l’altro giovane prete don Santino: tonaca arrotolata sopra le ginocchia per essere più liberi di sgambettare e giù a perdifiato per le strade impolverate.

Appartengono ancora alla memoria le classifiche stilate in base alla scomodità delle messe servite: punteggio che rendeva possibile gite fuoriporta o quella annuale a Santa Rita, senza trascurare il regalo per la Befana. Con l’acquisto della seicento iniziarono le gite al mare ed al lago di Bracciano. Macchine stracolme di capocce: bagni che duravano una vita; pesce persico che rinsecchiva prima del ritorno a casa.

Interminabile spensieratezza. Lo spirito arguto e franco di don Quirino si evidenzia in una lettera del 14 ottobre 1959, indirizzata a Mancini Tito, ausiliare di sua Eminenza Tisserant che riporto.

Monsignore Reverendissimo, a seguito della Sua lettera al Principe. Sforza Ruspoli, della di lui risposta, e di una nobile lettera di Sua Eminenza, sono stato chiamato nel pomeriggio di giovedì 9 c.m. a Palazzo del Principe qui a Cerveteri. Proprio don Sforza è stato a ricevermi. Dapprima mi ha notificato di aver ricevuto una lettera di Sua Eminenza, che egli ha tanto gradito; poi si è scusato per la vendita del giardino sottostante la nuova casa canonica adducendo di non aver compreso, il giorno che andammo in amministrazione con Don Luigi che si intendeva acquistarlo noi per la Parrocchia. Di fronte a tanta gentilezza del nostro Cardinale però egli non poteva rifiutarsi di cedere il cortile alla Chiesa. Pertanto, dato che non poteva regalarlo, lo avrebbe venduto al prezzo di acquisto del signor B. F., e cioè 1.200.000. Di tali favori principeschi non sappiamo cosa farcene, poiché il prezzo è un autentico paradosso. Il cortile ha un valore massimo di L. 500.000, essendoci il vincolo delle Belle Arti.
Mi abbia con osservanza. Dev.mo in Xo

Don Quirino Tordi