Di Gea Copponi
Ricercatrice e Conservatrice della Memoria Storica-Cavaliere della Repubblica Italiana.
Sono passati ormai 35 anni dal mio primo incontro con Giacinto Bruzzesi avvenuto in occasione di un articolo su Cerveteri richiestomi da Salvatore Copponi (il maestro con la bacchetta) da pubblicare sul trimestrale La Goccia. Si trattò di scarne notizie raccolte in una pagina che possono riassumersi in poche righe che descrivono come Lelio Bruzzesi, dal 1822, fosse Capogranarolo e Amministratore al Granarone di Cerveteri quale dipendente della famiglia Ruspoli.
Giacinto Bruzzesi nasce a Cerveteri il 13 Dicembre nel 1822, primogenito di Lelio e Barbara Ponziani temporaneamente trasferitisi da Civitavecchia, ed è battezzato nella Chiesa di Santa Maria Maggiore dal parroco Regolini. Il contesto in cui avviene il lieto evento è scarno, certamente essenziale; si trattava di un abitato corrispondente all’attuale centro storico e, all’epoca, chiuso da grandi porte. All’orizzonte, verso la costa, emergevano il castello di Palo e la Torre Flavia; tra la costa e il paese erano vasti terreni incolti, ruderi, capanne di paglia, alcune cappelle di campagna, paludi con acqua stagnante e tanta malaria. Nei pochi casali circondati da fondi coltivati sopravvivevano i salariati saltuari e famigliari che venivano per le attività connesse alla campagna. A volte il numero dei lavoranti stagionali superava numericamente quello dei residenti.
È l’inizio di una vicenda che man mano svela l’incredibile vita del nostro Giacinto, cervetrano per nascita, e che ritrovo a Roma nel 1838. La famiglia Bruzzesi si è trasferita nella capitale del Regno pontificio e Giacinto, ormai sedicenne, aiuta la sorella nell’amministrazione dell’attività che lei gestisce con il marito. Ma dura poco, Giacinto preferisce trovare lavoro a bottega nell’incisione delle pietre dure e dei cammei. Certamente la città e il momento storico lo esaltano al pari del suo lavoro che lo porta a frequentare artisti, intellettuali, temerari attivisti e patrioti; è la conoscenza del noto carrettiere Angelo Brunetti (Ciceruacchio) e della sua adesione alla Giovane Italia, è la sua attiva partecipazione ai moti del periodo. Si è ormai al 1848, alla metà del secolo della rivoluzione industriale con la Roma dei “Papa re”; il vecchio Gregorio XVI aveva osteggiato ogni accenno di modernità fra cui i “mostri a vapore” che correvano sulle strade ferrate e l’avvento di Pio IX (1846), il papa del rinnovamento della città e delle grandi riforme, non aveva colmato la grave arretratezza del Regno.
Nel 1848 scoppia la guerra all’Austria ed è l’inizio del peregrinare di Giacinto, cervetrano per nascita, romano dal 1838, attivo combattente in tutt’Europa e oltre, preso da un’inarrestabile dovere: alla prima guerra d’Indipendenza è volontario nella Prima legione Romana alle barricate di Vicenza e nel Veneto; a Roma, con il grado di tenente, è con il colonnello Grandoni nel battaglione dei reduci; alla Repubblica Romana (1849) ed alla battaglia del 30 aprile del 1849 svoltasi in varie parti di Roma contro i francesi (venuti per la riconquista della città dopo la fuga di papa Pio IX da Roma), in tale occasione, nella difesa dei monti Parioli, Bruzzesi ottiene la medaglia d’oro (Per l’alto valore e lo sprezzo del pericolo dimostrato ); in Grecia, alla caduta della Repubblica (4 luglio 1849) con il ristabilito governo pontificio; a Patrasso, agli ordini del Colonnello Milbitz con 120 combattenti italiani e polacchi, nel tentativo di supportare gli insorti ungheresi; ancora a Costantinopoli ove, utilizzando le proprie capacità di incisore, riesce a guadagnare sia per se che per i famigliari (i fratelli e le sorelle che l’avevano seguito in esilio) e per la spedizione francese in Crimea anche con l’aiuto dei non pochi compagni italiani emigrati in Turchia. Nel 1851, vediamo Giacinto nel fare da tramite tra Mazzini e Kossuth, chiuso nell’impenetrabile fortezza di Kutaja; è una situazione incredibilmente pericolosa, nelle vesti di artista dell’incisione, riesce a raggiungere l’eroe dei nazionalisti ungheresi e a portargli delle lettere con lo strattagemma di fargli il ritratto in cammeo.
Bruzzesi, ormai trentenne, è presente ovunque: viene nominato capo del Partito d’Azione nello Stato Romano da Garibaldi; dopo la guerra di Crimea, lasciato l’Oriente, passa in l’Italia, quindi a Parigi e si ferma a Londra, ove soggiorna a lungo frequentando Giuseppe Mazzini; sotto la direzione dello stesso Mazzini, nel 1857 organizza l’insurrezione di Genova; è con Garibaldi nella seconda guerra d’indipendenza nella campagna del Corpo dei Cacciatori delle Alpi, brigata di volontari contro l’esercito imperiale austriaco (1859); nella spedizione dei Mille in cui, con il grado di tenente colonnello dello stato maggiore, per le azioni lodevoli effettuate a Calatafimi, a Palermo, al Volturno e a Capua (1860-61), viene insignito della croce di Savoia per meriti di guerra; ad Aspromonte, come capo di stato maggiore, alla tragica spedizione per liberare Roma (1862); nel Trentino (1866). Nel 1866, si è alle vicende della terza guerra di indipendenza italiana, Garibaldi incarica ancora Giacinto, al comando del III reggimento di volontari, a forzare le difese austriache in Tirolo; nella riuscita invasione del Trentino, il Bruzzesi si meritò una seconda medaglia d’oro al valore militare (guidò con sommo coraggio e sangue freddo il suo reggimento nell’attacco a Monte Suello il giorno 3 Luglio e sostenne con molto ordine la ritirata in Sant’Antonio). A 44 anni, e carico di onori, il colonnello Giacinto Bruzzesi conclude la sua esistenza militare ma, ancora giovane e fervente patriota, lo vediamo adoperarsi per il sociale e per la continuata realizzazione degli ideali che ha sempre sostenuto.
Lo si ritrova come organizzatore della Mostra campionaria all’Esposizione di Milano del 1881, come membro del Comitato centrale di tiro a segno, come Presidente del Consiglio regionale dei veterani lombardi.
Ancora nel 1897, a 75 anni, Giacinto Bruzzesi, con gli imprenditori Amato Amati e Giuseppe Candiani, acquista Villa Ala-Ponzoni a Turate (Milano) per trasformarla in Casa di ricovero per i reduci; diventerà la Casa Militare Umberto I per i Veterani delle Guerre Nazionali, inaugurata il 6 maggio1899, e sarà la sua ultima impresa. Massone, insignito del 33° grado, muore a Milano il 25 maggio 1900.
Le spoglie, a Milano nel cimitero monumentale, sono in una tomba contraddistinta dalla scultura raffigurante Marte con spada sguainata; è ricordato anche a Roma ove è presente il suo busto eretto nei primi anni del Novecento al Gianicolo.
A Cerveteri, Giacinto Bruzzesi è ricordato per il suo nome dato all’area antistante l’Oratorio di San Michele ed a una piccola via ma, dal 2010, s’è inteso evidenziarne il riferimento anche nello stendardo del Rione ove spicca l’immagine del Granarone in campo rosso; al Granarone è legato il riferimento alla famiglia Bruzzesi, al rosso garibaldino va rapportato l’ideale dell’Unità d’Italia a cui ha contribuito anche un cervetrano.