ESOTERISMO A ROMA: “SAPIENZA E SOLITUDINE”
Ci troviamo presso via Nomentana, numero 70, all’interno della lussuosa Villa Torlonia: la nobile famiglia acquista questa principesca Villa nel 1797, anche se la storia della tenuta affonda le sue radici ancora più indietro nel tempo: Giovanni Torlonia fa fortuna a Roma grazie al commercio di tessuti pregiati e, ottenuto il titolo nobiliare, decide di mostrare tutta la sua ricchezza per mezzo della Villa, con i suoi edifici che, nonostante abbiano subìto ricostruzioni e restauri nel tempo, ancora oggi ci appaiono in tutto il loro lusso. Ciò che rende famosa Villa Torlonia, sconosciuta perfino fra la maggior parte dei romani, è la fiabesca Casina delle Civette, che, con le sue vetrate in stile liberty, dà l’impressione di trovarci in un mondo incantato. Invece siamo ancora nella nostra caotica, amata Roma.
I lavori della tenuta, il giardino della quale ha un’estensione di circa 132’000 metri/quadri, vengono affidati a uno degli architetti più importanti del periodo, Giuseppe Valadier (1762-1839). All’ingresso dell’antica residenza (progettato dall’architetto Giovan Battista Caretti [1803-1878]) ci accolgono due propilèi laterali, caratteristici dell’architettura antica; tra le numerose curiosità che la Villa custodisce, incontriamo i due obelischi in granito rosa e alti 10 metri, uno dei quali è stato fatto edificare da Alessandro Torlonia (1800-1886), in onore dei genitori, e l’ottocentesco Casino Nobile, che oggi ospita il Museo della Villa e, in passato, è stato testimone di molti avvenimenti storici.
LA CASINA DELLE CIVETTE
Nel 1840 la Casina è una semplice capanna in stile medievale adibita ai momenti di riposo del Principe Giovanni Torlonia il Giovane (1873-1938), figlio di Alessandro, e sua residenza privata. Un uomo solitario e molto colto, tanto da far incidere sulla porta d’ingresso “Sapienza e solitudine”, un motto che lo accompagnerà per tutta la vita; in seguito, i progetti per l’ampliamento della struttura vengono ideati dall’architetto e ingegnere Vincenzo Fasolo (1885-1969). La natura meditativa ed intellettuale del Principe porta all’edificazione del Salottino dei Satiri, nella piccola torre, uno studiolo in cui piccole lumache, realizzate in bassorilievo, passeggiano lungo i muri: secondo la tradizione esoterica questo animaletto indica il lento percorso spirituale, che richiede pazienza e tempo.
La Casina è ricca di elementi esoterici, di cui Giovanni il Giovane era appassionato, gli animali raffigurati sulle vivaci vetrate, realizzate dal famoso laboratorio di Mastro Picchio (Cesare Picchiarini, nato a Roma nel 1871), hanno un preciso significato: secondo la tradizione i pavoni rappresentano la fragile natura di tutte le cose, che si manifestano e scompaiono con la stessa velocità con cui l’elegante animale apre e chiude la coda, simboleggiano inoltre buon auspicio e vanità, le civette, da cui prende il nome la Casina, indicano saggezza e la profonda sapienza, il cigno, invece, è simbolo di purezza e fedeltà assoluta. Oltre agli animali sono presenti anche piante e rappresentazioni geometriche, tutto rigorosamente in stile liberty, che, insieme alle civette, sembra essere il tema dominante e caratteristica principale della costruzione. Al suo interno la Casina sembra un labirinto: nell’apparente caos generale ogni elemento vive in perfetta armonia con gli altri, infatti le stanze sono equilibrate e connesse fra loro, mentre gli arredi sono andati dispersi nel tempo.
La Casina delle Civette è il luogo dell’intera Villa che Giovanni ha amato di più; tuttavia alla sua morte viene lasciata nel totale abbandono e degrado, fino a quando viene acquistata dal Comune di Roma, nel 1978, insieme all’intera Villa e, solo successivamente, restaurata. Oggi la Casina è un museo da visitare, un esempio di architettura del ‘900 in stile liberty, che regala un’atmosfera fiabesca al visitatore. Una volta entrati il tempo sembra fermarsi e siamo immersi in un momento di totale evasione, arricchito da una punta di romanticismo.
Flavia De Michetti