UN BALUARDO DI LIBERTÀ IN UN MONDO INTRISO DI SERVILISMO.
Di Miriam Alborghetti
Se n’è andato a soli 56 anni la notte del 22 marzo un gigante nella lotta contro i soprusi del potere. In un mondo intriso di viltà e piaggeria Francesco Benozzo ha rappresentato uno straordinario esempio di integrità e autodeterminazione.
Intellettuale di una cultura spropositata, professore di Filologia e linguistica all’Università di Bologna, Benozzo è uno dei due docenti universitari su 70.000 che non si sono piegati al disumano e al transumano lasciapassare, noto come green-pass, con cui è stato sovvertito il senso dello stato di diritto, trasformando i diritti in concessioni e legittimando la persecuzione di cittadini innocenti.
1200 docenti universitari si opposero al green pass con appelli e petizioni, ma solo due hanno avuto il coraggio di portare fino in fondo la battaglia, pagando la propria coerenza con la sospensione dal lavoro. Lui era uno dei due. L’altro il professor Marco Villoresi di Firenze.
Direttore di tre riviste scientifiche internazionali e numerosi gruppi di ricerca interuniversitari, autore di oltre 800 pubblicazione scientifiche, poeta e musicista polistrumentista, ininterrottamente candidato al Premio Nobel per la Letteratura dal 2015, con candidature rese pubbliche dal PEN International, coordinatore del dottorato in Studi letterari e culturali all’Università di Bologna si è dedicato anche a studi sullo sciamanesimo.
Autore del primo Appello pubblico contro il Green Pass, uno dei tre organizzatori del Referendum No Green Pass, il co-fondatore dell’Osservatorio contro la Sorveglianza di Stato, e il promotore – con Luca Marini – del Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina.
Dichiaratamente anarchico, a testimoniare la sua lotta per la libertà c’è anche la sua ultima pubblicazione, Piccolo manuale di diserzione quotidiana, una riflessione autobiografica sulla diserzione come stile di vita. “Il disertore non è un fuggiasco o un vigliacco. Durante la Seconda Guerra, i pochi che quassù in Appennino scelsero di disertare fecero al contrario una scelta eroica e coraggiosa, sapendo che sarebbero stati uccisi o dai Nazifascisti o dai Partigiani. E così andò. Non ci fu scampo per loro. Il disertore è violentemente aborrito e detestato sia dai vincitori che dai vinti, sia dai presunti buoni che dai presunti cattivi, perché è un individuo che esce dalla logica dualistica dei branchi contrapposti ed è dunque la vera unica minaccia dei principi su cui si basa ogni dispositivo di soggiogamento”.
L’atto di diserzione contro il green pass è così spiegato dallo stesso professor Benozzo: “[..]Se mi avessero detto che per continuare a lavorare avrei dovuto bere Lambrusco e fumare sigari toscani – due cose che amo fare quotidianamente – non avrei potuto accettarlo, proprio come non ho accettato di vaccinarmi. La mia lotta non è stata contro uno specifico sopruso, ma contro l’idea di sopruso in generale. Il disertore quotidiano è tale in quanto consapevole che la libertà è la nostra condizione innata, e non potrà mai essere solo una concessione o solo una conquista”.
L’anno dopo la sua sospensione scrisse queste parole: “Oggi torno a lezione, nel generale silenzio dei colleghi, per i quali tutto procede tranquillo, come se non fosse accaduto niente. Non parlerò agli studenti della cultura che non ha nemmeno più vergogna di se stessa, né della vigliaccheria di chi dovrebbe invece insegnare lo spirito critico. Parlerò solo di bellezza, di barlumi di luce da proteggere e dei solitari cavalieri erranti che salvarono il mondo dallo sfacelo”.
Quanto ai patetici baroni che per ignavia e cortigianeria hanno collaborato con il regime segregazionista – sul solco di una “tradizione” accademica improntata all’opportunismo come quella che si manifestò nel 1931 quando su 1225 professori universitari titolari di cattedra solo 12 si rifiutarono di giurare fedeltà al regime fascista – ebbene a costoro Benozzo ha riservato queste durissime parole: “Noi non vi dimenticheremo e non vi perdoneremo. Quando alla fine uscirete da questa ipnosi collettiva noi non dimenticheremo i vostri sguardi giudicanti mentre ci guardavate passare, i vostri sguardi verso il pavimento mentre venivamo sospesi, i vostri finti sorrisi e i vostri autoassolventi “in bocca al lupo”, la vostra piccolezza complice e fiera[..], i vostri silenzi senza pudore e i discorsi alle nostre spalle, la vostra assenza di rispetto e i vostri mille modi per denigrarci. [..] il vostro far finta di niente, come se non foste stati proprio voi i complici e i primi esecutori della nostra condanna alla fame per difendere la nostra dignità”.
Non meno duro fu il giudizio nei confronti di quello che definì “il dissenso caricatura di se stesso” riferendosi a tutti quelli che si dichiaravano contro il Green Pass ma poi lo utilizzavano. Si chiedeva “perché ci sono professori e accademici che vanno in televisione come riconosciuti capifila del dissenso, ed entrano ogni giorno in aula grazie al tesserino verde”? E come mai “i 1200 universitari firmatari di un appello alle istituzioni contro il Green Pass – ai loro occhi strumento di gravissima discriminazione – fanno lezione alle loro università col Green Pass discriminando studentesse e studenti?”.
Il suo giudizio sul mondo accademico non cambiò con la fine della segregazione al punto da maturare l’idea sofferta di abbandonarlo definitivamente. 23 giugno 2024 “Con convinzione maturo l’idea delle mie imminenti dimissioni dal mondo universitario: un carrozzone-azienda lardellato di concetti senza alcuna aderenza alla realtà, che è diventato l’esatto contrario di quello che sono diventato io. La cosa che mi colpisce di più, nonostante io non sia deluso perché non mi sono mai illuso, è constatare la facilità con cui le pochissime persone con cui ho condiviso sogni e rivolte si siano invece adeguate al sistema che combattemmo insieme. [..] L’università è morta, con una vertiginosa accelerazione negli ultimi quattro suoi agonizzanti e ormai indifendibili anni di “vita”, nei quali ha ufficialmente e solennemente abiurato ai principî su cui era fondata. [..]” Ogni uomo sarà ricordato per ciò che ha saputo lasciare in eredità al mondo grazie a ciò che fatto.
Il lascito del Professore Francesco Benozzo a livello umano, accademico, musicale e politico è immenso, come testimoniano le migliaia di attestazione di stima rilasciate da parte di cittadini comuni, dal mondo studentesco, della cultura e della musica.