Le forze di polizia nell’antico Egitto

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I faraoni non poterono contare nemmeno su un corpo di polizia organizzato
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Così come non disposero di un esercito stabile, i faraoni non poterono contare nemmeno su un corpo di polizia organizzato, almeno fino al Nuovo Regno.

Il mantenimento dell’ordine era affidato a diverse figure, che svolgevano mansioni specifiche a seconda del luogo in cui prestavano la loro opera. A corte, i sovrani erano protetti da guardie del corpo personali, mentre la sorveglianza dell’harem – l’area del palazzo destinata alle donne della famiglia reale e ai loro bambini – spettava a una schiera di eunuchi.

Al di fuori della corte, vi era una serie di funzionari locali, stipendiati dallo stato, che sovrintendeva alla sicurezza pubblica. Era questo il caso del villaggio operaio di Deir el-Medina, nei pressi di Tebe, dove risiedevano i costruttori delle tombe reali. Qui, entrambi gli accessi al centro abitato erano muniti di un posto di guardia per evitare intrusioni da parte di estranei, oltre che per controllare i lavoratori. Inoltre, all’ingresso dei laboratori degli artigiani, anch’essi retribuiti dallo Stato, vi erano altri sorveglianti che, secondo la Satira dei mestieri, un testo risalente al Nuovo Regno, si lasciavano talvolta corrompere da quanti desideravano concedersi un po’ di riposo.

I guardiani del mercato
Al servizio del faraone vi era poi un altro gruppo di guardie, incaricate di scortare gli addetti alla riscossione dei tributi quando, ogni due anni, eseguivano in tutto il Regno il cosiddetto “censimento del bestiame”. Ricorrendo a minacce e percosse, le guardie costringevano i contadini a dichiarare i loro proventi agli scribi esattori e punivano senza pietà chi si rifiutava o non poteva pagare poiché l’annata era stata cattiva. Si tratta di scene presenti nei rilievi di molte tombe dell’Antico Regno, tra cui la mastaba del visir Mereruka (VI dinastia), in cui appaiono raffigurazioni di contadini bastonati o torturati.

Nei villaggi esisteva anche una sorta di polizia locale deputata a mantenere l’ordine nei giorni di mercato. Tali guardie si avvalevano di uno strumento d’intimidazione davvero inusuale, come illustra un rilievo della mastaba di Tep-em-ankh (portatore del sigillo dell’Alto Egitto sotto la V dinastia) nella necropoli di Saqqara. Nella decorazione è rappresentata proprio una scena di mercato: un uomo tiene al guinzaglio due babbuini e uno di essi si avventa sulla gamba di uno sventurato taccheggiatore. Erano, insomma, delle “scimmie poliziotto”, le quali, peraltro, non erano gli unici animali impiegati nei pattugliamenti; molto diffuso era anche l’uso dei cani.

Sicurezza alle frontiere
I faraoni disponevano inoltre di contingenti armati preposti al controllo delle zone di frontiera; il loro compito era difendere militarmente il territorio, ma anche impedire l’ingresso agli stranieri. Ciò avvenne specialmente in Nubia, dove venne edificata tutta una serie di fortezze lungo il Nilo. In particolare, una stele del XIX secolo a.C. rinvenuta a Semna, ai confini con il Sudan, recita: «Frontiera meridionale, posta nell’ottavo anno sotto la maestà del re dell’Alto e Basso Egitto, Sesostris III, che vive da sempre e per l’eternità. L’attraversamento di tale frontiera via terra o via fiume, in barca o con mandrie, è proibita a qualsiasi nubiano, con la sola eccezione di coloro che desiderano oltrepassarla per vendere o acquista-re al mercato di Iken [Mirgissa, in Sudan]».

Vi erano poi pattuglie di frontiera nel deserto libico, popolato da tribù di beduini che turbavano con le loro incursioni la tranquillità del confine occidentale, arrivando a spingersi fin sulle rive del Nilo a partire dal Primo Periodo Intermedio. Proprio per contrastare le scorrerie delle genti libiche, fu istituito un reparto di polizia del deserto. Gli esponenti di tale corpo, detti nw-w, sorvegliavano i movimenti dei beduini e proteggevano le carovane, accompagnati da feroci cani addestrati per la ricerca di persone.

I custodi delle necropoli
Nel Nuovo Regno si assiste allo sviluppo di una nuova unità d’élite della polizia interna: i medjay. Il loro nome deriva da quello della regione nubiana della Medja, di cui erano originari. Nel corso dell’Antico e del Medio Regno essi erano nomadi pressoché ostili agli egizi; durante la XIII dinastia si stanziarono perlopiù a sud della seconda cateratta e all’inizio della XVIII dinastia intervennero, in qualità di mercenari, nella guerra di liberazione contro gli invasori hyksos, sotto gli ordini del faraone Ahmose.

Il loro apporto alla cacciata dei “capi dei Paesi stranieri”, gli hyksos, fu così determinante che i medjay divennero una forza speciale di polizia paramilitare. Oltre a controllare il deserto a occidente di Tebe, essi dovevano sorvegliare le necropoli reali, per contrastare i frequenti tentativi di furto negli ipogei, e altre zone di particolare rilevanza per il sovrano; erano tenuti inoltre a garantire la sicurezza degli operai, ma anche che la loro condotta fosse corretta. Per quanto riguarda la Valle dei Re, la necropoli reale di Tebe, tuttavia, è evidente che la loro opera di vigilanza non fosse impeccabile.

A dimostrarlo è il caso della tomba di Tutankhamon, che venne saccheggiata due volte poco dopo che il faraone vi era stato sepolto. Nella prima occasione, probabilmente, i ladri portarono via in tutta fretta piccoli oggetti di valore, contenitori di profumi e unguenti preziosi. In seguito, vi fu un secondo tentativo di saccheggio; questa volta però, i razziatori furono colti in flagrante e la porta che dava accesso all’eterna dimora del faraone bambino venne sigillata. Tale sarebbe rimasta fino a che l’archeologo inglese Howard Carter non l’avrebbe scoperta, nel 1922. Il Cairo, 2 gen. (José Miguel Parra, StoricaNG) –

Da: www.storicang.it/a/

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