L’altra faccia dell’esercito: le soldatesse

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Dottoressa Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta

Ringrazio un’attenta lettrice che mi ha fatto notare che anche le donne fanno parte attiva dell’esercito: in Italia solo dal 2000, mentre da molto prima negli altri stati del mondo. Inoltre, il loro numero è in progressivo aumento. È da far risalire a più di mille anni fa l’idea di bombardare un villaggio nemico con degli stracci infuocati attaccati alle zampe di volatili: la proposta è stata fatta da una principessa. Durante le varie guerriglie avvenute prima del 1900, le donne partecipavano alla guerra come infermiere o cuoche, anche se alcune di loro si travestivano da uomo e combattevano accanto ai mariti o fratelli. In Italia, nei due grandi conflitti, le donne erano “arruolate” nelle fabbriche dove si costruivano gli armamenti. Negli Stati Uniti le donne hanno iniziato ad essere arruolate in marina fin dagli inizi del 1900 fino ad arrivare ai giorni nostri quando le donne hanno gradualmente assunto dei ruoli fondamentali: dalla presidenza di Hobama, le donne sono state inserite nella scuola militare più elitaria e più dura, all’interno di modernissimi sommergibili, nella difesa del Presidente fino a far parte della marina militare definitivamente. Nell’attualità, in tutto il mondo molte sono le donne che conseguono gradi molto elevati dell’esercito. Non solo, molte sono le richieste di donne di far parte delle aree combattenti dell’esercito e molte di loro attraversano e superano un addestramento molto duro. Nelle tante guerre che da decenni deturpano il nostro mondo, moltissime sono le donne “in trincea” e che fanno parte dei reparti di difesa delle zone “calde” del loro paese: sono spesso ragazze che fanno squadra e che difendono in modo eccellente il loro paese; molto spesso nelle aree mediorientali essere uccisi da una donna vuol dire per l’uomo meritarsi la scomunica e precludersi il paradiso. Cosa spinge una donna a mettersi la divisa? Intanto le sue capacità che, come ribadito in altri miei articoli, sono diverse e completano le capacità maschili. Secondo, avere un famigliare militare. Terzo, un lavoro fisso e impegnativo….e molte altre ragioni… Le stesse che possono spingere un uomo a mettersi la divisa. Si pensa alla donna in divisa come una donna che ha perso la sua femminilità. Certo: in servizio niente tacchi, né trucco, né capelli sciolti ma fuori dal servizio riprende la donna nella sua piena femminilità. La donna nell’esercito aiuta a far riprendere consapevolezza di sé e del proprio valore alle altre donne che hanno subito la guerra. La donna nell’esercito difende il proprio territorio. Ricordiamo che la femmina di qualsiasi animale quando sente che la propria famiglia/prole è in grave pericolo, la difende fino allo stremo. Così succede alle donne che operano nelle zone calde del loro territorio: il concetto di territorio diventa un concetto allargato di “famiglia”. Pochi sono gli articoli in cui emergono testimonianze di donne che vengono discriminate e subiscono bullismo, mobbing; inoltre pochissime sono le testimonianze di donne a cui vengono richiesti di favori sessuali. L’ambiente militare è un ambiente notoriamente maschile. Infine, come per gli uomini, le donne non sono esenti da Disturbo Post Traumatico da Stress, dalla sidrome di Burnout, da crisi personali, da somatizzazioni o altro.