Conferire al 25 aprile una valenza universale unitaria

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di Antonio Calicchio

 In quasi tutti i Paesi, le grandi feste nazionali restano fisse per secoli. Gli Americani festeggiano l’Indipendenza e il Memorial Day. In Francia si continua a celebrare il 14 luglio, la presa della Bastiglia, cioè l’inizio della Rivoluzione, della liberazione da ogni  tirannia.Ed invece, in Italia, le feste cambiano in continuazione. Perché?

 

Perché ogni volta abbiamo eretto a festa nazionale qualcosa che, in seguito, non è riuscito ad accomunare tutti gli Italiani, né a condensare in sé significati universali.

 

Le feste che durano sono quelle capaci di raccogliere, di condensare, appunto, sempre nuovi significati, di diventare simboli universali, in cui ciascuno può riconoscersi.

 

Il 25 aprile rappresenta la ricorrenza della resa delle truppe fasciste e tedesche agli alleati e ai partigiani, la “liberazione” dal nazi-fascismo. E’ da tale vittoria che è sorta l’Italia democratica. I vincitori di quei giorni hanno formato la classe politica che ha governato il Paese nel periodo successivo. Ogni istituzione ricorda la fase straordinaria delle sue origini e vi trova il suo fondamento di legittimità. La classe politica italiana, nei momenti difficili, allorquando le divisioni diventavano troppo forti, si è sempre riconosciuta nei “valori della Resistenza” e ha ritrovato la sua unità.

 

Mi auguro che noi tutti riusciamo a conferire una valenza universale a questa data. Il ‘900 è stato dominato dalle guerre, dal fanatismo e dal totalitarismo. Non solo il fascismo italiano e il nazismo tedesco, ma anche il comunismo sovietico. Se intendiamo recuperare il senso profondo del 25 aprile, dobbiamo celebrare con esso il ripudio di tutti i totalitarismi, di tutti i regimi illiberali, di ogni forma di intolleranza politica. Farne la festa comune della democrazia e della libertà.