Mercoledì 12 luglio, POCHI AVVENIMENTI, FELICITÀ ASSOLUTA, SCENE DA UN MATRIMONIO in Prima a Roma, un evento unico che offrirà al pubblico un’immersione nella vita amorosa e familiare, travolgente e tribolata di due grandi della musica di tutti i tempi, come Clara e Robert Schumann. I protagonisti: SONIA BERGAMASCO accompagnata dall’ES TRIO con Laura Gorna al violino, Cecilia Radic al violoncello, Laura Manzini al pianoforte e la drammaturgia originale di Maria Grazia Calandrone.
Il concerto–spettacolo che si presenta al pubblico nasce nel nome di Clara e Robert Schumann e intreccia una scrittura originale di poesia per il teatro con una drammaturgia musicale pensata e articolata in funzione e a compimento di questa scrittura. Nelle parole di Clara, al capezzale del marito poco prima della sua morte, fiorisce l’avventura umana, spirituale e artistica di un incontro predestinato, in cui solo la voce della musica mantiene viva e lancinante la presenza – assenza di Robert, ormai ridotto al silenzio. Le dinamiche compositive tra testo e musica, il dialogo serrato e costante tra di essi, e l’articolazione scenica del lavoro sono stati “orchestrati” dalle quattro soliste esaltando l’intensa e coinvolgente drammaturgia di Maria Grazia Calandrone.
Di Robert Schumann verranno eseguiti estratti dai vari movimenti dei Trii op. 80, op. 110, op. 63 e dal Melologo per voce recitante e pianoforte op. 122 n. 1 e 2 e di Clara Schumann estratti dall’unico Trio scritto dalla pianista e compositrice tedesca.
Note di Maria Grazia Calandrone a “Pochi avvenimenti, felicità assoluta scene da un matrimonio”
“Clara (Sonia Bergamasco) è una donna non comune che fa cose comuni. Ma le fa tutte grandemente e umilmente, perché grande e umile è la sua persona. Clara entra in scena entrando nella camera dell’ospedale psichiatrico dove è ricoverato il suo Robert in fin di vita e attacca discorso con lui scherzando un po’, anche sostenuta da un filo incandescente di rabbia e anche mascherata dietro la maschera necessaria a celare l’imbarazzo quando andiamo a trovare un malato, qualcuno che stentiamo a riconoscere in quel luogo e in quella provvisoria deformità. Ma stando seduta accanto a lui a parlare, offrendogli il cibo che ha fatto per lui con le sue mani di moglie, Clara viene pia confidenza coniugale, le sgorgano dagli occhi e dalla bocca i ricordi, le ore, i luoghi e gli episodi dell’amore, che sempre più infiammata condivide con Robert, sempre più fiduciosa che nel corpo vivo della memoria comune anche lui trovi la superficie dalla quale risorgere, e Robert – l’Amato, il Compositore – compia per lei e attraverso lei il miracolo di tornare.
Ci vuole poco a ritrovare le attitudini e le inclinazioni di un amore durato decenni: Clara parla con la bocca dell’amore coniugale, erotico, amicale, materno, di socia e di compagna di viaggio e di lavoro, parla da ognuna delle specie di donna che è ogni specie di donna, parla da dentro una cieca fiducia domestica che nessun lutto e nessun trauma hanno avuto la brutalità di incrinare, parla priva di senso di realtà o forse avendo raggiunto, insieme con il suo interlocutore presente assente, forse proprio parlando al vuoto bianco che si è sdraiato sul letto al posto del suo Robert, la realtà più reale Ho assistito recentemente a una prova d’insieme di tutto ciò e sono stata a sedere composta e muta come una installazione di sale sulla mia sedia bianca, perché le mie parole, quel lungo grido d’amore che ho avuto l’onore di essere chiamata a comporre, pronunciato dalla voce perfetta di Sonia Bergamasco – perfetta nei volumi e nelle intenzioni – mescolato alla musica irruenta, imperiosa e sublime di Robert e Clara Schumann, eseguite con tanta fisica passione a mezzo metro da me, erano quasi troppo per una signora della mia età, benché la sottoscritta sia ormai da lungo tempo cosciente di quanto pericolosa e feroce sia la bellezza.”