TERZA GUERRA MONDIALE, LA JUVE DA TRUMP

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NEL 1983 LA SQUADRA FU RICEVUTA DALL’AMMINISTRAZIONE DI REAGAN, CON GEORGE BUSH COME VICEPRESIDENTE. IL CALCIO STRUMENTALIZZATO DAI PADRONI DEL MONDO: AVEVA RAGIONE MARADONA.

Accompagnata da Gianni Infantino, l’italo-svizzero Presidente FIFA, la Juventus – con in testa il sodale Bilderberg, Italian Aspen Institute, Meta (ect..) John Elkann – è stata ricevuta nella Studio Ovale da Donald Trump, Presidente degli Stati Uniti d’America. Ufficialmente perché negli USA (e proprio a Washington) i bianconeri si stanno giocando la Coppa del mondo per club FIFA 2025. Ufficiosamente per il più classico degli spot pubblicitari in salsa kissingeriana al motto, rivisto e corretto, del ‘se vuoi far passare meglio un messaggio tra l’opinione pubblica, allora usa il calcio, l’oppio dei popoli‘.

Juventini dietro le spalle, Trump ha infatti parlato della guerra tra Israele ed Iran, firmati privatamente i piani di attacco verso la Repubblica islamica, rimandata l’attuazione auspicando Teheran abbandoni il programma nucleare. Cioè mai. Col lait motive che pare lo stesso dell’accerchiamento NATO intorno alla Russia nel conflitto con l’Ucraina, solo che stavolta gli strateghi della comunicazione militare ci hanno infilato addirittura la Juventus: porca miseria, aveva ragione Maradona! Pure tanto.

Nei formidabili anni di carriera italiana, il Pibe de Oro rifiutò la Juventus, preferendo restare nel sudista Napoli, mosso da un movente politico più che calcistico: Maradona, dall’alto della sua indiscutibile magia pallonara e dalla sfrontata lotta ai poteri forti in difesa dei popoli oppressi dal sistema a stelle e strisce, rifiutò senza batter ciglio la maglia a righe verticali degli Agnelli così come il passaporto statunitense, girando le spalle a faraonici contratti delle multinazionali americane (roba da più di 100 milioni di dollari buttati per terra).

Il tutto perché testardamente contrario alle politiche yankee (ne avrebbe poi pagato le spese nel chiacchierato caso doping dei Mondiali USA 1994): “Mi dispiace, non posso accettare”. Questo perché Diego sapeva bene quanto la longa manus del guerrafondaio ed ex segretario USA Henry Kissinger fosse radicata nel calcio, lo sport più popolare e seguito al mondo, che proprio nella sua Argentina arrivò ai desaparecidos quando nel 1978 l’Albiceleste vinse la prima Coppa del Mondo con Kempes, Passarella (e Videla).

Diego odiava il suo Governo mondiale (la FIFA oggi guidata da Infantino, sponsor dei Mondiali transumanisti del Quatar 2022) per ergersi a strumento e simbolo di una missione affrancatrice condotta in nome delle libertà dei popoli. Era un campionissimo in campo, si.

Ma pure visionario, che sapeva però vederci molto lungo e lontano: “Non si tratta un uomo come mercanzia”. Da sindacalista della sfera detestava Blatter e Havelange, bollato Matarrese (Figc) come “un mafioso”, decenni prima l’affondo contro l’Uefa di Michel Platini (“non voglio più vedere partire truccate”) e la SuperLega degli oligarchi dal profitto senz’anima: “Voglio continuare a dire la verità fino all’ultimo, perché non mi piace l’ingiustizia”.

Non solo, perché proprio negli anni del grande rifiuto del Maradona napoletano, la Juventus di Paolo Rossi e Platini guidata da Giovanni Agnelli (negli anni ‘60 la Fondazione Agnelli elargì fondi al top manager FIAT Aurelio Peccei per la nascita del neo-malthusiano Club di Roma, primo a parlare di depopolamento mondiale) veniva ricevuta nella Casa Bianca da George W. Bush, all’epoca vice USA, assente per un comizio il Presidente Ronald Reagan.

Tornando al recente incontro, da abile marketing manager qual è, per maggiore visibilità europea, Trump avrebbe potuto invitare nel suo ufficio le più blasonate Real Madrid e Bayern Monaco – entrambe in gara nel mondiale americano da 32 club. Invece, non a caso, ha voluto la Juve del neo-globalist partner Elkann, la più amata/odiata dagli italiani, non certo perché ne sia tifoso da Febbre a 90° (ai giornalisti ha fatto capire di ignorarne persino la compagine femminile, la Juventus Women campione nazionale in carica), ma perché l’Italia è terra di basi nucleari NATO tra Aviano e Ghedi, oltre ad altre 120 tra Sigonella, Vicenza e Napoli come principali comandi americani d’affaccio sul Mediterraneo (non sarà un caso se già si profila l’ombra di Sigonella dietro i bombardamenti israeliani all’Iran).

Vedere quindi l’allenatore Igor Tudor, l’ex azzurro campione d’Europa 2021 Giorgio Chiellini, i giocatori Manuel Locatelli, Federico Gatti e tutto il resto della delegazione juventina sul tavolo trumpiano impegnato con Israele (l’ultimo pacchetto è di 8 miliardi di dollari girato in armi per Tel Aviv) a farsi strumentalizzare in mondo visione con un’orripilante genocidio in corso (Palestina) ed una terribile escalation che sa di inizio della Terza Guerra Mondiale (Iran), conferma ancora una volta – qualora ce ne fosse bisogno – quanto il calcio sia non solo politicizzato, infiltrato e manovrato dai super-poteri planetari, quelli che il compianto giornalista d’inchiesta Giulietto Chiesa amava definire come i Padroni Universali (in fin dei conti nel lontanissimo 1863 a Londra la Football Association tracciò la prima regolamentazione del calcio dalle stanze della Freemasons’ Tavern, cioé la Tavera dei Liberi Massoni), ma di quanto il sistema calcistico sia spudoratamente funzionale all’intera architettura che indirizza la storia e al contempo mobilita quotidianamente miliardi di tifosi al mondo intorno alle evoluzioni (innegabilmente affascinanti) del rettangolo verde di gioco.

Ultimo inciso. Ad onor del vero la Juventus ex Agenelli FIAT ora Elkann Stellantis non è affatto sola, almeno in Italia: la Lazio del senatore Claudio Lotito (Forza Italia fondata dall’immortale totem milanista Silvio Berlsusconi) ha siglato un memorandum d’intesa col Maccabi Israele, il mix tra Maccabi Haifa e Maccabi Tel Aviv (mai dissociate dal vergognoso massacro palestinese): palla avvelenata sporca di sangue, se questo è calcio!