Servizio sanitario: le sacre procedure

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Del gruppo Forza Italia al Pit
Gruppo Forza Italia

Due episodi che illustrano la difficoltà ancora esistente riguardo l’accesso ai servizi sanitari. Due esperienze, la stessa conclusione.

Ma veniamo ai fatti. 

«Il 30/7 mi accorgo che mi è venuto un bozzo notevole su una gamba là dove ho delle grosse vene varicose. Siccome ho in corso una flebite all’altra gamba, mi allarmo un po’ e sospetto si possa trattare di un trombo. Allora mi reco al punto di primo soccorso sull’Aurelia, è sabato mattina. C’è un’emergenza in corso e  c’è molto da aspettare. Allora mi rivolgo al personale dell’accoglienza e mi suggeriscono di consultare la guardia medica.  Mi viene dato il numero di telefono specifico per registrarsi  e rispondere alle solite domande per l’accesso in sicurezza, e così faccio.  Sono la numero 37. Accanto a me un uomo che ha portato il proprio figlio che sta male, e che dopo mezz’ora sta ancora al numero 17. Nel frattempo esce la dottoressa che chiama un nome che non risponde. Allora mi avvicino, e le dico che ho il sospetto di avere un trombo su una gamba. E lei mi dice:” Si prenoti”.
Per chi non lo sa, con la telefonata all Ares non solo ci si prenota ma sì e sottoposti ad un questionario che  riguarda la presenza di sintomi covid e i contatti con persone positive. Poiché io in luglio mi sono ammalata e possiedo il certificato di guarigione, il mio ingresso nella struttura era già sicuro. Io faccio presente che al telefono ancora non mi rispondono e che comunque io ho appena ricevuto il certificato di guarigione. Ma lei insiste:” queste sono le procedure”. E se ne va nel suo studio vuoto. Anche il personale di sicurezza mi rimprovera dicendo che non capisco il senso delle procedure. Naturalmente me ne vado e mi rivolgo alla farmacia di turno, dove per lo meno parlo con un farmacista. 

Domanda: e se era veramente un trombo? Avrei perso tempo prezioso. 

Mi viene in mento un altro episodio vissuto nel mese di novembre, quando ancora circolava il covid, quello cattivo. Un amica di Sasso sta male, ha il covid da giorni, ha bisogno di farmaci. Vado in una farmacia di Cerveteri, non me lo danno perché ci vuole l’impegnativa. E’ sabato e il medico di base non è raggiungibile.  Mi mandano alla ASL per cercare un medico che me la faccia. Vado e anche là mi chiedono di registrarmi al numero dell’Ares. Chiamo. Chiamo… ma non mi risponde mai nessuno. Faccio presente la situazione. Chiedo al medico di uscire, ma non si può: sono le procedure. Chiamo i Carabinieri, ma anche loro non possono fare niente: sono le procedure!! Me ne vado arrabbiatissima per non aver potuto aiutare questa amica bloccata a casa con due bambini. 

Alla fine io mi chiedo: ma non si potrebbe trovare un modo più efficiente per far accedere i cittadini ad un servizio essenziale? Se si vuole ancora mantenere un profilo di prudenza, nonostante la fine dell’emergenza, si dovrebbero organizzare diversamente le cose, effettuando sul luogo il questionario, senza dirottare le persone ad un numero esterno che determina lunghissime attese. La procedura non è un totem ma uno strumento di efficienza e  si deve essere disposti a cambiarlo se davvero si vuole essere a servizio dell’utenza, senza  porre ostacoli inutili.

Pertanto faccio un appello a rendere più lucide ed efficienti queste procedure, per non ledere il diritto alla salute e al primo soccorso, che in questa zona è già piuttosto carente.»

Rosella B.