di Gianni Palmieri
A mente fredda e senza l’adrenalina del post partita, qualche considerazione sul derby del 4 dicembre è possibile formularla.
Con sincerità ammetto che pensavo che fosse la volta buona per vedere la Lazio aggiudicarsi il derby dopo oltre tre anni e mezzo dall’indimenticabile finale di Coppa Italia del 26 maggio 2013. Ma non è stato così. Il campo ha espresso un verdetto che non è soltanto statistico, ma prezioso per comprendere come il lavoro che attende il mister Inzaghi sia ancora lungo. I numeri sono freddi ma parlano chiaro, la Lazio quest’anno ha perso solo tre partite. Ma le ha perse contro le squadre che la precedono in classifica, ovvero Juventus, Milan e Roma. Ha pareggiato con fatica a Napoli, deve ancora affrontare Inter e Fiorentina. Unica vittoria, peraltro rocambolesca, contro l’Atalanta che finora si è rivelata una compagine di alta classifica. Questo cosa significa? Che l’organico è buono ma non è da altissima classifica perché risente della mancanza di alternative. Domenica in molti, quando la Roma iniziava ad attaccare in massa e Dzeko iniziava a divorare gol come al solito, in molti ci siamo chiesti perché Inzaghi non effettuasse dei cambi. La risposta era semplice, le cosiddette riserve non avrebbero cambiato nulla, non c’era seduto in panchina l’uomo della provvidenza. Il problema della Lazio nel derby, aldilà del valore indubbio dell’avversario, è stata l’impossibilità a cambiare marcia. Biglia soffriva per le scorribande di Nainggolan? E chi poteva sostituirlo? La difesa ballava, soprattutto sulla fascia destra? E chi poteva entrare dalla panchina? La Lazio tirava poco in porta? E chi facevamo entrare? Ecco le ragioni di una sconfitta che si poteva evitare, fermo restando che anche senza l’errore comico di Wallace era nell’aria che la Roma stesse attaccando in maniera sempre più pericolosa, il goal era nell’aria. Ma se i giocatori si possono acquistare, c’è una caratteristica che non si compra come una saponetta. E’ il carattere. Quello lo devi avere, altrimenti ti manca, come ha detto giustamente Inzaghi, quella “ignoranza” da derby che ti permette di mordere le caviglie dell’avversario, far capire che non si arretra di un centimetro. Alla Lazio, che finora ha disputato un campionato ottimo, è mancata la cattiveria agonistica proprio nel giorno sbagliato. La Roma non ha fatto molto di più, ma ha giocatori tecnici che possono cambiare le sorti di una gara e che solo contrastando in modo corretto ma maschio puoi fermare. La Roma ha perso con l’Atalanta che non è il Real Madrid, ma ci ha messo ardore e furore agonistico che domenica scorsa i tifosi della Lazio non hanno visto. Tempo per crescere c’è. Il campionato è ancora lungo, avremo il derby di ritorno per la rivincita e forse anche una ipotetica semifinale di Coppa Italia. E’ il momento di voltare pagina, il derby gettiamolo alle spalle, sabato sera a Marassi contro la Sampdoria vogliamo una Lazio da battaglia. Senza giocatori che vogliono uscire palla al piede dall’area di rigore.