RISOLTO A ROMA UN REBUS STELLARE

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SCOPERTA MESSA A SEGNO DA INAF E UNIVERSITÀ DI TOR VERGATA

di Furio C. Falvo

LIstituto nazionale di Astrofisica di Roma (Inaf) e il Dipartimento di Matematica dell’Università di Tor Vergata mettono a segno un bel colpo che arricchisce il medagliere italiano, già peraltro glorioso, in ambito astronomico. E’ stato infatti di recente risolto il “giallo cosmico” della cosiddetta Dicotomia di Oosterhoff, che da almeno 80 anni lasciava perplessa la comunità scientifica internazionale. Da quando cioè, sul finire degli anni 30, l’astronomo olandese Pieter Oosterhoff, corresponsabile dell’osservatorio di Leida nei Paesi Bassi, insieme a Jan Oort scoprì un’anomalia nel periodo di distribuzione luminosa

di una classe di stelle nota come RR Lyrae. Varrà la pena di metter subito un po’ d’ordine nella faccenda. Le stelle RR Lyrae sono corpi non dissimili in orgine dal Sole, ossia stelle di massa media, ma prossime alla fine, quanto all’età, doppia a quella del nostro astro, e vicina ormai ai I0 miliardi di anni. Tali corpi rivestono un ruolo particolare per gli scienziati, in quanto la loro luce, o magnitudine, viene usata come Candela Standard, ovvero come unità di misura sulla cui intensità vengono calcolate le distanze nell’Universo.

Ebbene, Oosterhoff fu il primo ad osservare che le RR Lyrae tendono a dividersi in due gruppi che rispondono a leggi di oscillazione differenti. E qui è sorto il problema. Cosa rendesse differenti i periodi di oscillazione della luminosità di tali gruppi di stelle, infatti, era da un lato un’evidenza e dall’altro un mistero, su cui gli studiosi si sono inutilmente affaticati per decenni.

In palio c’era la necessità di fissare un criterio uniforme per la misurazione delle distanze dei corpi celesti sia dalla Terra che fra loro stessi. E tenuto conto che i viaggi interstellari per il momento sono pura fantasia, l’unica possibilità per sondare gli abissi della nostra Via Lattea, era proprio l’individuazione di fonti luminose affidabili (Candele Standard) in virtù delle quali poter calcolare le distanze.

Ed è qui che entrano in scena l’Inaf di Roma e l’Università di Tor Vergata, che di recente hanno risolto ll rebus, pubblicando i nuovi dati acquisiti sull’Astrophysical Journal, grazie all’Osservatorio di Monte Porzio, guidato dal team di Michele Fabrizio e all’analisi dei valori forniti dal satellite italiano Gaia, seguito da Roma dal professor Giuseppe Bono.

In sintesi, a rimettere le cose a posto quanto alle discordanti pulsazioni delle RR Lyrae è stato da un lato un cospicuo aumento dei campioni disponibili che ha fornito agli studiosi la possibilità di stilare un più ampio catalogo di stelle di classe RR (circa I50mila) da poter confrontare, quanto a luminosità e periodi di oscillazione, e dall’altro un’imprevista novità emersa sul fronte della composizione chimica di tali antiche stelle e al loro grado di metallicità.

Anche qui è necessario soffermarsi un istante. I metalli, dal ferro fino all’oro, dall’argento al platino, nascono difatti proprio nel ventre delle stelle. Le riserve metallifere della Terra sono originate da quel deposito spaziale di materiali pesanti e rocciosi, frammisti a ghiaccio, polveri e gas del Sistema Solare primordiale da cui si sono poi formati i pianeti solidi interni, cioè Mercurio, Venere, noi e quindi Marte. Cosicchè tutti i metalli pesanti e soprattutto preziosi che troviamo scavando miniere o setacciando i fondali del mare o dei fiumi sono arrivati sin qui dallo spazio, e precisamente dalla deflagrazione ancestrale di una o più Supernovae che hanno disseminato in giro i loro resti, successivamente aggregati da catalizzatori gravitazionali che hanno dato origine al Sole e ai pianeti. Per l’esattezza, infatti, una stella durante la sua cosidetta Sequenza Principale converte essenzialmente Idrogeno in Elio per via di fusioni termonucleari, e passa per fasi successive, in funzione della sua massa e per aumenti vertiginosi di temperatura e pressione sul nucleo, alla generazione di Ossigeno, di Magnesio, di Carbonio, poi di Zolfo ed infine di Ferro e altri metalli. Quando una stella giunge alla trasformazione nucleare dello Zolfo in Ferro, la sua vita è ormai alla fine, dato che non esiste alcun elemento più pesante che possa alimentare ulteriori fasi di Sequenza, e a quel punto se è sufficientemente massiccia – massa pari ad almeno I0 volte il Sole – esplode. Detto questo, le RR Lyrae non sono candidate alla sorte di Supernovae, poichè hanno massa insufficiente, ma vivono la loro fase terminale di Giganti Rosse, come un giorno accadrà al Sole. Ebbene dai riscontri sul grado di metallicità, eseguiti a tiro incrociato dal Telescopio Inaf dei Castelli Romani e dal Satellite Gaia, la questione aperta 80 anni fa trova finalmente una risposta coerente. Le misure spettroscopiche sul grado di metallicità, eseguite su un campione di 3000 stelle, hanno permesso di mostrare l’esistenza di una linearità fra il periodo di pulsazione della variabili RR e la loro quota parte ferrosa, il che indica una continuità nella distribuzione dei due periodi. In sostanza, il rebus della Dicotomia di Oosterhoff può dirsi risolto.