“Ecco come riportai il vaso di Eufronio in Italia”

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di Giovanni Zucconi

Vi siete mai chiesti come il “nostro” cratere di Eufronio sia tornato a Cerveteri?

Tutti sappiamo che era esposto, dal 1972, al Metropolitan Museum of Art di New York, e che ci sono state delle “trattative” per farcelo restituire. Ma cosa sapete di queste trattative terminate con successo nel 2006? Conoscete gli uomini che le hanno condotte? Anche io ne sapevo poco o niente, fino a sabato scorso, quando, con una telefonata, mi chiedono se mi interessava conoscere l’avvocato Maurizio Fiorilli. Maurizio Fiorilli? E chi è? “Fai una ricerca su Internet”, è stata la risposta. Dopo aver digitato il suo nome su Google mi è preso un accidente. Era proprio lui l’uomo che aveva condotto le trattative con i musei di mezzo mondo per farci restituire tutto quello che era stato trafugato illegalmente dal nostro Paese. Era proprio lui l’uomo più temuto e rispettato da tutti i direttori dei musei del mondo, e che il The Telegraph ha definito “Scourge of the Tomb Raiders”, ovvero il “Flagello dei predatori di tombe”. Questo straordinario personaggio, di un’umanità e di una semplicità che non ti aspetti, è venuto in visita privata a Cerveteri, accompagnato dal suo braccio destro Stefano Alessandrini, per vedere di persona come erano esposti i capolavori che lui aveva fatto rientrare in Italia. Perché, tanto per essere precisi, lui non ha portato a termine solo le trattative per il vaso di Eufronio, ma anche quelle per molte altre centinaia di straordinarie opere. Alcune di queste sono ancora esposte nella mostra “Il Patrimonio ritrovato a Cerveteri: le storie del recupero”, a Case Grifoni. Un personaggio al quale noi tutti dovremmo essere immensamente grati, ma su cui è invece sceso un ingrato velo di oblio. Ricordate l’inaugurazione della mostra che abbiamo appena citato? Erano presente molte autorità in rappresentanza delle Stato. Ma lui, il principale protagonista, non c’era. Anche questa, purtroppo, è l’Italia. Come ho accennato prima, l’avvocato Fiorilli è un personaggio di un’umanità e di una disponibilità rara, e ha accettato volentieri di rispondere alle nostre domande. Sono state più di due ore passate insieme, tra Case Grifoni e il Museo di Cerveteri. Un pomeriggio indimenticabile. Per ogni oggetto esposto, Fiorilli ci ha raccontato la storia del suo recupero. Ma ci ha parlato anche del terzo sarcofago degli sposi, del terzo bronzo di Riace, dei limiti del “Sistema Italia” per quanto riguarda i Beni Culturali e di molto altro ancora. Avete letto bene: esiste un terzo bronzo di Riace da qualche parte del mondo, e che stiamo cercando di recuperare… Una quantità di informazioni e di racconti che, per mancanza di spazio, sarà difficile riportare tutte sulla nostra rivista. Ci saranno sicuramente molte interessanti puntate. Oggi parleremo del recupero del nostro Cratere di Eufronio.

Avvocato Fiorilli, ci può raccontare come è riuscito a riportare in Italia il Cratere di Eufronio?

“Ricordo perfettamente le battute finali di quella trattativa. Avevamo organizzato, a Roma, una riunione con i dirigenti del Metropolitan Museum. Abbiamo discusso tutta la mattina di problemi etici. Dopo di che, ad un certo punto il direttore del Metropolitan, Philippe de Montebello, ha chiesto di parlare con il Ministro. Io l’ho accompagnato dal Ministro, che in quel momento era Rocco Buttiglione, che gli ha detto: “Guardi, lei mi può dire tutto quello che vuole, ma questo è l’avvocato Fiorilli, ed è un rappresentate della Repubblica Italiana. Quello che fa lui, per me va tutto bene.”

Le ha assegnato una bella responsabilità

“Siamo usciti dallo studio del Ministro per tornare nella biblioteca dove si stava svolgendo la riunione. Siamo passati davanti una transenna che limitava l’accesso ai numerosi giornalisti che erano presenti quel giorno. Mi sono fermato proprio lì davanti e ho detto a Montebello: “Lei sa che all’ingresso del Metropolitan c’è un bancone dove si fanno le donazioni per le attività del museo. Io ho dato 10 dollari. Ma non ho dato questi 10 dollari al suo museo perché lei venga a rubare a casa mia”. A questo punto il direttore, turbato, mi ha detto: “Avvocato, le restituisco il Cratere di Eufronio”. Questa è la vera storia…”

Immagino che queste sono state solo le battute finali di una battaglia sicuramente cruenta. Dall’altra parte non c’erano certo persone disposte a mollare facilmente dei capolavori universali. Quali sono le armi che lei ha usato per convincere i direttori dei musei e i grandi collezionisti?

“Al di là di quello che le possono aver detto e raccontato, nessuno, da solo, sarebbe stato in grado di recuperare nulla. Non ci sarebbero riusciti i Carabinieri, né la Soprintendenza, né la Magistratura, né l’Avvocatura dello Stato. Ciascuno di noi ha portato qualcosa, una sua competenza. Io ho avuto l’unico pregio di aver saputo creare, tra tutte queste persone, un feeling e un comportamento univoco, che ci permetteva di lavorare tutti insieme per un unico obiettivo.”

Un gruppo coeso è sicuramente necessario. Ma non credo che possa bastare. Dall’altra parte della barricata non c’erano sicuramente delle persone disposte a mollare facilmente dei capolavori universali.

“Certo. Il gruppo da solo non sarebbe bastato. Io ho dovuto studiare molto. Mi sono studiato tutto il diritto italiano e tutto il diritto americano, quando mi sono occupato del Cratere di Eufronio. Mi sono dovuto interessare delle più piccole norme che si potevano nascondere nelle pieghe delle legislazioni internazionali. Non ho dovuto solo creare un gruppo coeso, ma anche dotarlo della cultura giuridica necessaria.”

Come si è presentato di fronte ai dirigenti del Metropolitan Museum of Art di New York?

“Io ho presentato alla controparte un dossier. In questo dossier c’erano le fotografie prese dagli archivi che avevamo trovato nei locali dei vari intermediari, e la documentazione con la quale spiegavamo tutta la storia. Poi ho discusso con loro di questo dossier. Ho quindi domandato loro quale documentazione potevano fornire per dimostrare il loro legittimo acquisto del Cratere di Eufronio. “Noi l’abbiamo importato legalmente”, mi hanno risposto, e mi hanno mostrato una bolla d’ingresso negli Stati Uniti dove veniva indicato, come luogo di provenienza storica, la Grecia.”

Una bolla fasulla, naturalmente

“Naturalmente. Gli ho fatto notare che la loro posizione non era sostenibile, considerando che potevamo produrre la foto Polaroid che testimoniava che era stato scavato a Cerveteri. Io non ho mai dato loro la patente di ladri, e nemmeno ho mancato mai loro di rispetto. Però ho preteso rispetto. Io dissi quindi al direttore: Io non vengo qui con il cappello in mano, io vengo per tutelare gli interessi della mia comunità. Questa è senza dubbio una testimonianza della mia comunità. Quindi dovrete restituircelo.”

La sua è stata una “diplomazia culturale”?

“La possiamo anche chiamare “diplomazia culturale”, ma in realtà è la semplice applicazione delle convenzioni internazionali, E’ applicazione della Sapienza umana. Lei quando apre un negoziato per recuperare un bene, non può inventarsi nulla. Non è che può semplicemente dire: “Ho una Polaroid che dimostra che è stato scavato a Cerveteri”, Lei deve conoscere e fare applicare la legge italiana e la legge americana, per esempio. Ma non solo.”

Ha dovuto studiare anche altre legislazioni internazionali per effettuare i recuperi?

“Certamente. Le faccio un altro esempio. In questi giorni, a Pesaro, abbiamo un processo che riguarda una statua attribuita a Lisippo. Questa statua è stata pescata da un battello battente bandiera italiana, in acque che non sappiamo se fossero territoriali o internazionali. Questa statua non è stata denunciata dai pescatori in ingresso al porto di Fano, facendo un reato doganale, oltre al reato di non averlo denunciato alla Soprintendenza. In seguito questa statua viene portata in Brasile illecitamente. Dov’è la bolla d’ingresso? Poi è stato venduto dal Brasile all’Inghilterra. Quindi abbiamo dovuto studiare il diritto brasiliano e il diritto inglese. Poi è stato esportato in Germania per esigenze di restauro, e quindi abbiamo dovuto studiare il diritto di quel Paese. Poi, alla fine, è stato esportato negli Stati Uniti. Questa è quello che lei ha chiamato “diplomazia culturale.”

Quindi dall’altra parte lei non ha mai trovato delle persone disposte a cedere facilmente. Dei gentleman, diciamo. Sono stati semplicemente battuti dall’intelligenza e dalla conoscenza delle leggi

“E’ così. Sono stati tutti battuti sul piano normativo e tecnico. Anche il direttore del Metropolitan Museum of Art di New York, nel caso del Cratere di Eufronio. Il mio collaboratore Stefano Alessandrini preparava le scede tecniche e poi noi agivamo sul piano giuridico.”

Oltre al Cratere di Eufronio, quale altro reperto trafugato a Cerveteri ha recuperato?

Mi risponde Stefano Alessandrini, che tra l’altro è un Socio GAR da sempre: “Tutto quello che vedi nella mostra a Case Grifoni. Tutte le trattative per quei reperti le ha condotte lui.”