PRODUZIONE DEL LATTE IN CRISI,TAGLIO PER GLI ALLEVATORI DEL LAZIO

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PROTESTE A CERVETERI E FIUMICINO. LA CONFEDERAZIONE ITALIANA AGRICOLTORI PRONTA SCENDERE IN CAMPO.

La crisi del latte si è aperta all’improvviso. Ed è certificata da una lettera spedita a tutti i produttori. «Dal primo novembre scatteranno i nuovi adeguamenti». Il conto è servito, e non è di certo piacevole quello che le grandi aziende del latte hanno inviato agli allevatori del litorale a nord di Roma. Grandissimo problema per le centinaia di realtà del territorio da Fiumicino fino a Civitavecchia, passando per Bracciano, Cerveteri e Ladispoli. Insomma, il loro lavoro viene valutato sempre meno. Al giorno d’oggi produrre un litro di latte ad un allevatore non si aggira più sul prezzo di 43 centesimi, ma ora è sceso a 39.

La lettera recapitata a domicilio è un colpo basso per tutti. «È una crisi economica i cui effetti si sono decuplicati per la pandemia – si legge in questa lettera non di certo accolta nel migliore dei modi – e non accennano ad allentare la propria morsa. Ci ritroviamo in un contesto di grandi tensioni che caratterizza tutti i mercati, e tra essi anche quello Agro Alimentare, in particolare quelle attività, come la nostra, che si sono fortemente legate al territorio e alla trasformazione del buon latte locale». Poi si arriva al dunque: «Sono aumentati i nostri costi industriali ed entreranno così in vigore le nuove imposte sull’utilizzo di materiali plastici. Ci scusiamo fin d’ora con voi ma siamo certi che riusciremo a limitare i danni di questo difficile momento». Cosa significa tutto ciò in termini pratici lo spiega il presidente della cooperativa “Latte Aurelia” a Testa di Lepre, sede ritrovo per l’intera categoria pronta a promuovere manifestazioni di protesta.

«Il momento è tragico – sostiene Italo Pulcini – quello che si prospetta è un rincaro del 40% per chi gestisce una stalla. Aumentando le materie prime, aumenterà tutto: il mangime, l’elettricità, il gasolio, il confezionamento. L’alimentazione delle mucche inoltre non può subire delle variazioni altrimenti dovremmo mandarle al macello. Nel Lazio ci sono circa 600 aziende, solo il 70% è di questo territorio. Ci siamo messi già intorno ad un tavolo, non resteremo con le braccia incrociate».

I sindacati lanciano il grido di allarme. «È ormai improponibile – critica Riccardo Milozzi, presidente provinciale della Confederazione Italiana Agricoltori – pagare il latte alle stalle a 39 centesimi e trovarlo invece sugli scaffali dei supermercati a 1 euro e 79 centesimi. È necessario ridurre il gap di questa speculazione e valorizzare di più la produzione del latte fresco». Durante il primo lockdown alle aziende zootecniche era stato chiesto persino un sacrificio pari al 15%. Una sorta di sconto giornaliero quantificato in oltre 2mila euro al mese, poi per fortuna tutto era stato congelato dopo la battaglia sindacale.

Nel Lazio si producono 3mila e 500 quintali di latte al giorno. «Chiederemo alla Regione – prosegue Milozzi – di aumentare i contributi sul benessere degli animali e prevedere dei bandi a fondo perduto per le imprese locali per un piano di sviluppo rurale più imponente». Ma c’è anche chi ormai da tanti anni ha gettato la spugna, almeno un centinaio i rispettivi proprietari sempre secondo quanto detto dalla Cia. Una testimonianza arriva proprio da Ladispoli. «Il liberalismo sfrenato – insorge Valentina Vidor, ex allevatrice di Ladispoli e attuale presidente del comitato “Castellaccio Monteroni” – ha provocato tutto questo. Le piccole realtà vengono mangiate da questo tipo di economia speculatoria. Tanti altri qui hanno chiuso bottega. Il grande mangia il piccolo, come si può pensare di andare avanti in questo modo?». Sempre per il Lazio si fa sentire David Granieri, presidente regionale della Coldiretti che ha proposto all’assessora alle Politiche agricole Enrica Onorati di anticipare le risorse regionali comunque destinate al settore. Si tratta della misura denominata “pagamento per il benessere animale” di cui Coldiretti chiede sia anticipato l’80% di quanto previsto per la prima annualità «al fine di aiutare le aziende zootecniche a superare questo momento di profonda difficoltà economico-finanziaria». Difficoltà che, soprattutto nel comparto zootecnico legato alla produzione del latte fresco, sono state particolarmente gravose. Altre associazioni del settore hanno denunciato il rischio di fallimento per molte aziende, come evidenziato proprio dalla Cia, ridotte allo stremo.

«I continui rincari dei prezzi delle materie prime, a partire da febbraio, si stanno ripercuotendo in maniera pesantemente negativa sul bilancio degli allevamenti, che ora più che mai si trovano a dover produrre latte al di sotto del costo di produzione», ha detto anche Francesco Verrascina, presidente della Copagri.