PINUS MONTANA

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Pinus montana

IL GEMMOTERAPICO LEADER NELLE PATOLOGIE OSTEOCARTILAGINEE.

di Aldo Ercoli

Il Pinus montana (pinus mugo) è una piccola conifera, alta solo 1-5 metri, dalla forma “a piramide”. In Italia la troviamo nelle zone alpine e appenniniche fino all’Abruzzo. Preferisce i posti aridi e selvaggi, cresce persino tra le rocce. Come tutte le conifere non emettendo polloni (germogli che nascono da un fusto sotterraneo di radici”) una volta tagliata non può rinascere da se stessa ma si autofeconda: tutta la sua vitalità sembra concentrata nel frutto che disperde i suoi semi al vento, semi contenuti nelle squame della pigna.

Non andrebbe mai tagliato questo piccolo ma robusto e coraggioso albero perché è assai utile nel consolidare terreni franosi, nel resistere bene al peso della neve, nell’osteolare le valanghe.

Il “pino montanaro” (Pinus montana) rigenera terreni sterili e degradati. Non ama però la presenza di altre specie vegetali che vengono rese sterili dalla caduta dei suoi aghi acidi. E’ proprio paragonabile a quelle gente di montagna che riconosce solo i suoi simili, si isola e non vede di buon occhio gli estranei.

Nella terapia empirica tradizionale le proprietà terapeutiche del Pinus montana (infusi, estratti, olio essenziale) riguardano l’albero respiratorio perché balsamiche, antinfiammatorie, espettorati, sedative della tosse, fluidificanti le secrezioni bronchiali, disinfettanti. L’olio essenziale o Mugolio è stato impiegato da tempo nelle infiammazioni laringo – tracheo – bronchiali.

La moderna Medicina Naturale ha scoperto quanto siano preziose le sue gemme, ricche di vitamina C, di mentenolo P ( un alcol terapeutico secondario, monociclico); esteri del bormeolo.

La gemmoterapia ha un peculiare organo tropismo: l’apparato osteoarticolare. Le gemme del Pinus montana sono in grado di stimolare, se assunte a lungo , il tessuto osseo e soprattutto la cartilagine articolare.

Quando, con il trascorrere degli anni, l’artrosi avanza, qualunque sia la sua localizzazione (colonna vertebrale, anche, ginocchia) … quando fa capolino l’osteoporosi senile e postmenopausale … quando le fratture ossee stentano nel generare un valido callo osseo ripartivo … quando il gioco si fa duro, ecco che questa tenace pianta montanara dice la sua rigenerando il tessuto osseo cartilagineo. Sindrome biologica sperimentale; (Piterà F. Comprendo di Gemmoterapia – Genova 2004).

Posologia: Pinus montana gemme M.G. 1 DH 70 gtt la mattina una volta al giorno se associato ad altri gemmoterapici oppure 50 gtt x 3 volte al giorno, 15 min. prima dei pasti se utilizzato da solo. Per quanto concerne le associazioni terapeutiche nell’artrosi generalizzate (artrosi degenerativa cronica) è bene associarlo al gemmoterapico Ribes nigrum in quanto contrasta i processi infiammatori – degenerativi sia generalizzati che locali; al Rubus fructicosus (rovo) e alla Sequoia gigantea (sequoia) nell’osteoporosi, specie nella senescienza con calo della vitalità e facile affaticamento; all’Abies pectinata (abete bianco) e alla medesima Sequoia gigantea nel consolidamento delle fratture ossee.

In quest’ultima affezione la formulazione gemmo terapica è la seguente: Abies pectinata M.G. 1 DH 50 gtt prima di colazione, Sequoia gigantea M.G. 1 DH 50 gtt prima di pranzo,Pinus montana MG 1 DH 50 gtt prima di cena.

La cura va protratta per ameno due mesi. Nella lombagine da artrosi vertebrale (senza protrusioni discali, ossia ernie del disco alla RM lombo – sacrale) ho trovato utile associare il Pinus montana (M.G. 1 DH 70 gtt la mattina) alla Vitis vinifera (vite M.G. 1 DH) 50 gtt prima di pranzo e cena, per almeno due mesi di terapia. Intendiamoci mi riferisco ad una terapia di fondo, a lungo respiro, al fine di migliorare le condizioni del tessuto osseo vertebrale e relativa cartilagine, non certamente adatta a lenire i dolori emergenziali osteoarticolari alla stregua di un Fans o cortisonici.

L’azione sull’osteocartilaginea evita le ricadute dolorifiche. Infine termino con l’aspetto simbolico della pianta. La pigna per i popoli antichi era un simbolo fallico (penieno) in erezione. Nella mitologia greca venne identificato nella casta vergine Piti che, riuscita a sfuggire alle brame erotiche di Pan, fu trasformata in Pino. Un simbolismo tipico delle metamorfosi tra mondo umano e vegetale (Ovidio), di tipo funereo ma perenne.

In effetti, come sappiamo, il pino una volta tagliato non ricresce più. Solo l’uccello mitologico, che va sotto il nome di Fenice, rinasce, dopo 500 anni di vita, dalle sue ceneri. Il pino, come rileva F.Piterà (opera citata) resta un simbolo stabile di forza, capace di sopravvivere in condizioni estreme. Un messaggio, il suo e delle proprie gemme, di vigoria e di tenace sopravvivenza, nelle patologie osteocartilaginee.

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