Perchè la mimosa come simbolo?

0
1515

L’idea fu proposta da tre politiche italiane: Teresa Noce, Rita Montagnani e Teresa Mattei.

di Pamela Stracci

La nascita della Giornata Internazionale della Donna affonda le radici oltre 100 anni fa. Era il 1909 quando il Partito Socialista Americano lanciò l’idea di una giornata per ricordate l’importanza della donna, il “Woman’s day”, celebrando il 28 febbraio il ricordo dello sciopero di migliaia di camiciaie newyorkesi che l’anno prima avevano rivendicato maggiori diritti. Nel 1910, durante la seconda Conferenza Internazionale delle Donne Socialiste tenutasi in Danimarca, questa proposta trovò nuovo impulso grazie ad attiviste, come Clara Zetkin, che chiedevano maggiori diritti promuovendo una forte campagna in favore del suffragio universale e quindi della estensione del diritto di voto anche alle donne.

Nel 1911 la Danimarca, l’Austria, la Germania e la Svizzera furono le prime nazioni a celebrare in Europa questa ricorrenza. Ma come la storia ci insegna, sono spesso e purtroppo le tragedie che funzionano da catalizzatore per scuotere le coscienze anche più assopite. Due gli eventi che hanno giocato un ruolo importante in questo senso. Nel 1911, il 25 marzo morirono più di 140 operaie nella fabbrica di Triangle a New York. L’8 marzo del 1917 molte operaie si schierarono invece contro lo Zar di Russia durante la così detta Rivoluzione russa di febbraio, nel corso della prima Guerra Mondiale, rivendicando la fine della guerra al motto di “pane e pace” per loro e i loro figli. Con lo scorrere di un clima così disastroso, si sentì la necessità di estendere universalmente questa riflessione sul ruolo della donna nella società e così nel 1921 a Mosca, nel corso della Seconda Conferenza Internazionale delle Donne Comuniste, si fissò la data della “Giornata Internazionale dell’operaia” proprio l’8 marzo per ricordare queste donne, madri, vedove, lavoratrici con le loro lotte sociali, politiche ed economiche, una data che poi ha unificato questa ricorrenza nel resto del mondo. In Italia questo evento fu festeggiata per la prima volta il 12 marzo del 1922, la domenica successiva all’8 marzo appunto, per iniziativa del Partito Comunista Italiano.

Ma era l’Italia del 1945, dilaniata dalla seconda guerra mondiale, quell’Italia appena liberata, che si preparava a dare un volto nuovo, pacifico, alle lotte sociali delle donne. Siamo a Roma nel 1946 quando venne l’idea ad alcune attiviste di mettere un fiore nell’occhiello che potesse rappresentare e caratterizzare visibilmente l’adesione alla Giornata Internazionale della Donna, come si faceva con il garofano rosso nella Giornata dei Lavoratori del 1 maggio. L’idea di scegliere la mimosa fu proposta da tre politiche italiane: Teresa Noce, Rita Montagnani e Teresa Mattei. Una pianta, questa acacia, comune ed economica ma non solo: ci voleva un fiore reperibile agli inizi di marzo poiché in quell’epoca le serre erano poche e i fiori non arrivavano in aereo ci dice Maria Rodano una delle protagoniste di quel tempo e prosegue “a noi giovani romane vennero in mente gli alberi coperti di fiori gialli, quando ancora le altre piante erano spoglie, che crescevano rigogliosi in tanti giardini di Roma e dei Castelli”. Naturalmente era la mimosa con quel coinvolgente profumo e quell’abbagliante colore giallo che rappresenta la gioia e la forza vitale, il passaggio dalla morte alla vita, dall’inverno alla primavera, la luce di una metafora incredibile per ricordare le lotte fatte per la rinascita delle donne. Prima di una lunga tappa di leggi a tutela della donna e della maternità nel nostro Paese, è quella del 24 marzo 1947, 73 anni fa, quando l’assemblea costituente approva l’art. 3 della nostra costituzione per gridare l’uguaglianza delle persone di fronte alla legge senza distinzione di sesso. Se oggi la mimosa ci sembra un dono tropo inflazionato, così come la festa che rappresenta, in realtà è quindi l’opposto: è il risultato di una volontà resiliente e di un dono che le donne che ci hanno precedute hanno lasciato a tutta la società ma è anche il testimone di una staffetta che non è ancora conclusa.