Per non dimenticare

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Terremoto
Pezzi rotti di cementi

Tra le macerie del sisma abbiamo raccolto ansia,
dolore e speranze delle vittime del dramma
dal nostro inviato Emiliano Foglia

Da bambino sognavo sempre la nuova estate sotto i monti che mi hanno visto crescere. Lunghi inverni romani ad aspettare agosto, perché la spensieratezza e la libertà era sempre lì a portata di mano, in quell’ angolo di paradiso a due ore da Roma. Quel paradiso che la natura ha deciso di riprendersi, scalzando via tutto: cultura, tradizioni e colpendo negli affetti più cari la gente che viveva per rendere ancor più bella quella terra. Sono le ore 3:36 di mercoledì 24 agosto ed il centro Italia all’improvviso trema tutto, la catastrofe e poi il dramma. Da li a poco, i telegiornali in edizione straordinaria iniziano ad informare ogni angolo del nostro paese, svegliato brutalmente nella notte. Si cerca di capire dove sia l’epicentro, prima Norcia e poi si conferma che è la zona è quella di Accumoli. Ma la vera distruzione è a pochi chilometri da Accumoli. Ne dà il triste annuncio il sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi, intervenendo in diretta a “Rai News 24” e dice: “Amatrice non esiste più”. Il gelo mi avvolge, non posso crederci, la mia terra è distrutta, il luogo dei miei dolci ricordi violentato in un attimo. Proprio quest’anno le mie vacanze le avevo concluse qualche giorno prima del sisma e la sensazione di non essere li ad aiutare la mia gente accendeva in me un profondo senso di colpa. A Roma fermo così non posso stare, le notizie, i giornali e gli appelli invitano tutti alla mobilitazione generale: bisogna aiutarli! Gli italiani si conoscono sono un grande popolo dai buoni sentimenti, invidiati spesso e sappiamo quanto, anche oltralpe. Devo fare qualcosa e l’occasione di andare li a rendermi utile si presenta grazie all’azienda per cui lavoro (non voglio fare pubblicità, perché i miei capi hanno detto che l’azienda non la cerca). Mi dicono che per tre settimane saremo nelle comunità colpite dal terremoto con una nostra postazione tecnica e porteremo con noi ciò che alla gente serve, ma soprattutto ci sono tanti bambini che aspettano sorrisi, coccole e regali. Si perché i sorrisi, le coccole e regali non hanno limiti, per loro sono infiniti. La mia squadra parte subito, per tre giorni mi vedranno impegnato in prima fila, a fianco degli “angeli” giunti da ogni parte d’ Italia: Esercito, Vigili del Fuoco, Protezione Civile e le associazioni più disparate di volontari. Si parte, sveglia ore 5.30 del mattino, preparo al volo le mie cose e raggiungo alle ore 7 l’appuntamento con i miei colleghi, anzi i miei fratelli. La via Salaria non è percorribile nel tratto finale che porta ad Amatrice ci dicono, cambiamo percorso. Prendiamo l’autostrada A 24 direzione Roma – L’Aquila e saliamo su per Amatrice passando per il lago di Campotosto ai piedi del Gran Sasso, con circa 50 km di curve. Scorgendo il paesaggio e la natura a pochi minuti da Amatrice non riesco ad immaginare uno scenario apocalittico ad attendermi. Arriviamo al Campo 1 della località di Sant’ Angelo di Amatrice. Davanti a me, molti sono i tendoni azzurri della Protezione Civile ed un via vai confuso di addetti ai lavori, è la prima tendopoli che vedo dal vivo in vita mia. Il campo si presenta sorprendentemente in silenzio, riesco a scorgere solo pochi civili al suo interno. Chiedo al capo villaggio come mai ci sia poco movimento, lui mi risponde che le persone sono tutte nelle tende. Escono solo quando vengono serviti i pasti. Predisponiamo la nostra postazione ed il materiale tecnico che mettiamo subito a disposizione della comunità. Dopo circa un’ora il capo cuoco annuncia che il pranzo è servito e piano piano in rigoroso ordine circa 150 persone si dispongono in fila per mangiare. Ne approfitto e mi presento chiedendo di incontrare i bimbi del campo, ci sono tanti giochi che abbiamo portato per loro. Subito i bambini ci circondano, sono bellissimi, puri e felici. Dopo il pranzo la gente è più incuriosita, si avvicina e ci chiede cosa facciamo. In tanti ci dicono che nessuno stava facendo qualcosa del genere e ci dicono addirittura “grazie”. Nei tre giorni di permanenza ad Amatrice, questa scena si ripete in continuazione, ci ringraziano spesso. Qualcuno di loro vorrebbe raccontarci tutto, di quello che è successo e dei loro drammi personali, forse evitano e forse apprezzano che siamo venuti con il cuore aperto. Le loro parole ed il nostro pianto interno e d’esterno ma non visibile ai loro occhi. L’inverno tra qualche settimana arriverà come ogni anno e non concederà sconti o posticiperà freddo e neve. La Regione Lazio in sintonia con il sindaco di Amatrice ha progettato per la ricostruzione della cittadina una soluzione denominata “Amatrice Ponte”, con degli chalet che saranno messi a disposizione nell’ arco di poche settimane fuori Amatrice, in modo da rendere sicura e veloce la fase della ricostruzione.
Vorrei raccontare tante altre cose ma preferisco tenermele dentro, tranne una. Un uomo di cui non ricordo il nome, all’interno del campo riusciva a far tutto e conosceva ogni angolo di terra di quelle zone colpite, fin da subito scelto come figura di riferimento dei volontari che giungono ogni giorno da Nord a Sud dell’Italia. Questo uomo ha perso i suoi due figli di 21 e 24 anni e mi ha detto che la sua vita ha ormai un solo obiettivo, aiutare gli altri. Il resto di questo reportage lo documentano le preziose immagini di momenti, frammenti e flash di vita che rinasce.
Concludo, invitando chi se la sente ad andare in quei posti perché servono tanti sorrisi da regalare alla gente. Personalmente ringrazio chi mi ha permesso di vivere questa esperienza e ve ne sarò sempre grato: ora mi sento un uomo migliore.