Palo Laziale fu l’ultimo approdo di Caravaggio

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Feluca di fronte al Castello di Palo. Autore anonimo. Ca. 1710

Dalle lettere custodite nell’Archivio segreto del Vaticano troviamo la conferma della teoria sostenuta dal compianto professor Pacelli

di Crescenzo Paliotta

Ritratto di Michelangelo Merisi detto Caravaggio

È stato proiettato nelle sale cinematografiche nei giorni scorsi il film “Caravaggio, l’anima e il sangue”: più che un film è una docu-fiction, con la sceneggiatura della storica dell’Arte Laura Allievi e la regia di Garces Lambert. Un film simile, per la modalità di affrontare il tema, a quello su Van Gog (“Loving Vincent”), realizzato da autori britannici e polacchi nel 2017. La docu-fiction su Caravaggio (che arriverà presto su Sky) è sicuramente un’opera di notevole livello, realizzata puntando soprattutto sull’analisi delle sue opere per arrivare a ripercorrere la vita di quello che viene ormai considerato uno dei più grandi artisti nella storia della pittura, ed insieme il più tormentato, alla continua ricerca della realtà, del punto di congiunzione tra il divino e l’umano.

La storia della sua vita, anche se oggetto di ricerche, libri e studi approfonditi, rimane ancora piena di misteri e di vuoti che i critici stanno faticosamente tentando di riempire.

Ma se alcune vicende del pittore rimangono ancora da chiarire, su altre non ci sono dubbi, in base ai documenti già noti. Per questo ha destato clamore, tra i critici d’arte e gli appassionati di pittura, il fatto che nella docu-fiction ci siano una clamorosa omissione e un altrettanto clamoroso errore.

S. Giovannino disteso Caravaggio, 1610, Monaco di Baviera.
Era una delle tre tele che Caravaggio aveva quando sbarcò a Palo

L’omissione è la non menzione, tra le tappe della vita dell’artista, della sosta a Messina dove Caravaggio arrivò nel 1608 da Siracusa. Da lì Michelangelo Merisi partì per Napoli nell’anno successivo, dopo aver dipinto due notevoli tele: la “Resurrezione di Lazzaro” su commissione di Giovan Battista De Lazzeri (manu Fra Michelangelo Caravagio militis Gerosolimitanus c’è scritto nel contratto), e l’“Adorazione dei pastori”, commissionata dal Senato di Messina.

Probabilmente a Messina Caravaggio dipinse anche altre tele (“Salomè con la testa di Battista” e una “Annunciazione”), ma di tutto questo nel film non si fa menzione.  Ritroviamo Caravaggio direttamente a Napoli, dove arrivò nella seconda metà del 1609 e da dove partì a bordo di una feluca nel luglio 1610.

Ed è proprio sul viaggio da Napoli verso Roma, dove Caravaggio sperava di aver ottenuto finalmente la grazia papale dopo essere stato condannato al bando capitale (la pena di morte di allora, il taglio della testa), che inspiegabilmente la docu-fiction contiene un errore. L’errore lo fa nel suo intervento addirittura il prof. Claudio Strinati, famoso critico d’arte e supervisore di tutta la docu-fiction. “Caravaggio parte da Napoli e approda a Porto Ercole” racconta Strinati.

Maddalena in estasi, Caravaggio, 1606, collezione privata.
Questa tela, quelle del S. Giovannino disteso e del S. Giovanni Battista della Galleria Borghese, erano i dipinti che Caravaggio portava con sé quando sbarcò a Palo
nel luglio del 1610

Se ancora molto dubbio è il luogo della morte di Caravaggio, ormai è sicuro che il pittore sbarcò nel luglio del 1610 nel piccolo molo allora esistente sotto la fortezza del Castello di Palo, in quel periodo di proprietà degli Orsini e presidiato da soldati spagnoli.

Quello che accadde a Caravaggio una volta lasciata per mare Napoli, è rimasto in gran parte segreto per almeno tre secoli, fino a che sono venute alla luce alcune missive partite da Napoli e da Roma in quel lontano luglio. Lo storico napoletano Vincenzo Pacelli nel 1988 ha trovato negli Archivi segreti vaticani alcune lettere di quel periodo ed ha rimesso in discussione tutto il racconto che fino ad allora voleva Caravaggio arrivato e morto a Porto Ercole.

L’ultimo Caravaggio. Il giallo della morte: un omicidio di Stato è il titolo di uno dei saggi del prof Pacelli. Si riportano nel libro alcune lettere: tra queste quella di Deodato Gentile, nunzio apostolico di Napoli, che IL 29 luglio risponde al potente Cardinal Scipione Borghese: “… poiché essendo capitato con la feluca, con la quale andava a Palo, ivi da quel capitano fu carcerato, e la feluca a quel rumore tiratasi in alto mare se ne andò. Il Caravaggio, restato in prigione si liberò con uno sborso grosso di denari … la feluca ritornata riportò le robbe restatevi in casa della signora marchesa Sforza Colonna, che abita a Chiaia e di dove si era partito il Caravaggio …”.

C’è poi lo scritto di Giovan Pietro Bellori del 1672: “… ond’egli (Caravaggio) quanto prima gli fu possibile, montato sopra una feluca, pieno d’acerbissimo dolore s’inviò a Roma, avendo già con intercessione del cardinal Gonzaga, ottenuto dal Papa la sua liberazione, pervenuto alla spiaggia di Palo la guardia spagnola che attendeva un altro Cavaliere l’arrestò in cambio e lo ritenne prigioniero. E sebbene fu egli tosto rilasciato in libertà, non però rividde più la sua feluca che con le robbe sue lo conduceva …”.

Feluca di fronte al Castello di Palo. Autore anonimo. Ca. 1710

Dopo aver elencato una serie di incongruenze rispetto alla versione quasi eroica di un Caravaggio che percorre a piedi per giorni e giorni la spiaggia in cerca delle sue tele e poi muore per febbre altissima, il prof. Pacelli conclude: “Scenario dell’epilogo è Palo, porto piccolo e desolato ove approda una feluca forse già alleggerita del suo ingombrante passeggero gettato nel mare. Oppure uno dei più grandi pittori di tutti i tempi viene ghermito dalla mano della morte in un’oscura cella della prigione laziale, cadendo sotto la lama di aguzzini prezzolati, prima di essere ingoiato dal buio: in fondo, un prigioniero scomparso non fa notizia, ora come allora”.

Ad analoghe conclusioni arriva lo studioso scrittore australiano Peter Robb nel suo “L’enigma Caravaggio”: “Perché nel viaggio di ritorno a Roma Caravaggio fu portato nella remota Palo? E’ questo il fatto più palesemente sinistro, dato che egli dopo quell’approdo non venne più visto. Chi sapeva che stava andando lì? E’ presto detto. Né Scipione Borghese né il Viceré spagnolo, le due personalità che si presumeva sapessero e decidessero tutto e che in realtà nelle loro lettere fanno capire di essere all’oscuro dei fatti. Ma Carafa sapeva: l’Ordine di San Giovanni seppe cosa era successo prima di chiunque altro. Il nemico che Michelangelo Merisi si era fatto a Malta l’aveva infine raggiunto”.

Ma se per più di 300 anni le versioni sul luogo e sulle modalità della morte di Caravaggio si uniformarono tutte ad un’unica verità, nel 1630 e quindi a soli venti anni di distanza dall’avvenimento, non aveva dubbi su un’altra verità Francesco Bel Vito nella “Notizia della casa dei Santi Apostoli di Napoli”: “… il famoso pittore Michel’Angelo Caravaggio hebbe cento scudi per farci la pittura che havea promesso: ma perché fu ammazzato si perdé la pittura con i denari …”.

Evidentemente la verità autentica si poteva ancora dire: Caravaggio fu ucciso dopo essere stato inseguito per anni dalla condanna al bando capitale e soprattutto dalla volontà di vendetta dei Cavalieri di Malta, che non avevano ancora perdonato una grave offesa (altro mistero nella vita del Caravaggio) fatta ad alcuni membri del potentissimo Ordine.

Le inferriate di quello che era probabilmente
il locale adibito a prigione nella Fortezza di Palo

Non ci sono quindi certezze su come Caravaggio abbia terminato la sua vita e su dove sia stato nascosto il suo corpo, considerato che non è mai stata trovata la sua tomba. Ma è certo dai documenti che la feluca che lo trasportava verso Roma approdò a Palo: Caravaggio scese per primo e fu arrestato, mentre la feluca si allontanò rapidamente. Le tre tele che stava portando al Papa e al Cardinal Borghese rimasero sull’imbarcazione e tornarono a Napoli.

Da quel momento tutti i potenti dell’epoca (il Cardinal Borghese, la Marchesa Sforza Colonna e Vincenzo Carafa, a capo dell’Ordine di San Giovanni di Malta) si preoccuparono solo di recuperare le tele: se più indizi fanno una prova, allora è chiaro. Se nessuno si chiede dove sia il corpo di quello che era in quel momento il più grande pittore europeo, significa che toccare l’argomento era molto rischioso.

Nel 1610 era già in vigore l’obbligo per i sacerdoti di trascrivere il nome e la causa della morte nel territorio di competenza della propria Parrocchia. Nel registro di Porto Ercole tutto questo non c’è e poco credito ha avuto presso i critici il ritrovamento negli scorsi anni di un foglietto volante che fa menzione della morte del Merisi a Porto Ercole.

Continua quindi ad esserci il mistero su dove sia stato seppellito, ammesso che abbia avuto una sepoltura, il corpo di Caravaggio. Ma ormai c’è una certezza: Palo è l’ultimo approdo dell’artista. Il Castello Orsini-Odescalchi era l’approdo più vicino a Roma ed era, insieme al Castello di Santa Severa, l’unica fortezza presidiata e difendibile tra Roma e Civitavecchia.

Ci sono stati già eventi, anche nell’Aula consiliare di Ladispoli, che hanno ripercorso gli ultimi momenti della vita di Caravaggio fino al suo arrivo a Palo: grazie al Maestro Guido Venanzoni si è potuta avere anche la presenza del prof. Pacelli. Ma, come accade nelle vicende della storia dell’arte, ci vorrà ancora molto impegno per modificare credenze ed opinioni che sono andate avanti per inerzia per molti secoli.