MAMMA MARINA: «DETENUTA MODELLO? ANCORA NON CI HA CHIESTO SCUSA»
Martina Ciontoli fuori dal carcere, per 7 ore al giorno, dal lunedì al venerdì.
Una sorta di “premio” lavorativo per aver scontato un terzo della pena ed essere considerata detenuta modello.
Si trova da maggio 2021 nel carcere di Rebibbia dopo la storica sentenza della Cassazione bis sull’uccisione di Marco Vannini, 20enne cerveterano.
La vittima era in casa dei genitori della sua ex quando venne raggiunto da un colpo di pistola e poi morì dopo un’agonia lunga oltre 3 ore.
Di quello sparo si è attribuito la responsabilità Antonio Ciontoli, sottufficiale della Marina e dei servizi segreti, ma in casa erano presenti anche la moglie, Maria Pezzillo, e i figli, Martina e Federico con la fidanzata di quest’ultimo, Viola Giorgini.
Per concorso in omicidio volontario con dolo eventuale è stato condannato a 14 anni di carcere Antonio Ciontoli e a 9 anni e 4 mesi per lo stesso reato il resto della famiglia.
Da quel giorno sono tutti in galera i Ciontoli e ora Martina ha ottenuto dal Tribunale di sorveglianza la possibilità di lavorare al bancone di un bar del Ministero della Giustizia dal lunedì al venerdì dalle 7.30 alle 14.30.
Non sono mancate le reazioni.
In primis di Marina Conte, la mamma di Marco. «Detenuta modello? – commenta – Intanto ci domandiamo con mio marito Valerio come possa essere considerata tale proprio lei che non ci ha mai cercato, nemmeno per dirci che le dispiaceva per quanto accaduto.
Non siamo contrari al reinserimento dei detenuti, anzi del resto lo prevede la legge e l’articolo 21 dell’ordinamento penitenziario.
Però non ha mai avuto un segno di pentimento, nemmeno in questi tre anni e mezzo.
Visto che ora ha ricevuto questa sorta di premio, diventando in cella un modello da seguire, avrà una coscienza per dirci esattamente quello che è avvenuto in quella casa la sera in cui è morto nostro figlio».
Martina Ciontoli potrebbe aver ottenuto il beneficio per aver convinto la magistratura di essere consapevole del reato commesso ed assolutamente pentita? «Il nostro sistema giudiziario – interviene Celestino Gnazi, avvocato dei Vannini – prevede la possibilità, a determinate condizioni, che i detenuti vengano assegnati al lavoro esterno.
Debbo aggiungere, però, che se la concessione del beneficio è basata essenzialmente sul pentimento della detenuta, allora le perplessità sono gravissime: rifacendomi soltanto all’ultima sentenza della Cassazione, è doveroso rammentare che Martina Ciontoli è stata condannata per omicidio volontario in concorso pieno, non anomalo, con il padre e gli altri familiari e che, in tale circostanza nulla ha fatto per evitare la morte di Marco, avvenuta dopo un lunghissimo tempo di sofferenze atroci».
Il legale rincara la dose: «Di questo e non di una semplice, superficiale, distrazione doveva dimostrarsi consapevole e pentita. Ma non mi risulta che lo abbia mai fatto. Se è questo il motivo per cui le è stato concesso il beneficio, si tratta di una ulteriore schiaffo in faccia ai genitori».