“SE NU LE SAI, SALLE!”

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fotomontaggio_natalainoDizionario dei fatti, degli uomini e delle cose.
di Angelo Alfani

Il peso del passato impedisce ai più di vedere come si è andato riducendo il nostro Paese.

Ma proteggerne la poca residua bellezza non significa opporsi con ogni mezzo alla modernizzazione e neanche, accettarne, supinamente, l’antichizzazione, come se voltarsi sempre indietro fosse più utile che guardare avanti. Sicuramente più rassicurante; ma la rassicurazione non guarisce dalla febbre. Non si tratta certamente di sbarazzarsi del passato, di rompere con la sua imponente grandezza, bensì di instaurarci una nuova relazione con questo passato, ingombrante ed indispensabile.

Un grande poeta del vicino Oriente, racconta che lui, assieme ad altri ragazzini babilonesi del ventunesimo secolo, stavano a cavacecio sugli immensi leoni di rossa pietra, custodi di antichi palazzi imperiali. Un tempo, non lontano, avveniva la medesima relazione tra i ragazzini cervetrani e le tombe. Poi…l’istituzionalizzazione creò il diaframma, la distanza.

Ritenendo necessario aprire Cerveteri così come si apre una melagranata, spiluccando seme per seme, ho deciso di raccogliere in una sorta di dizionario personale i fatti, gli uomini e le cose prima che l’oblio le cancelli del tutto.

Le nostre memorie sono sature di immagini, di riferimenti, gomitoli fatti su con diversi e multicolorati fili di lana: da sciogliere e raggomitolare. Andare a ritrovare il senso etimologico delle parole che indicano i nostri luoghi togliendo di mezzo quanto è stato alterato dal tempo e dalle vicende umane è già di per se opera ardua.

Sarà un lavoro irto di problemi, ma è un regalo che desidero farmi ed estendere ai lettori, per l’anno in arrivo, che tiene un numero che già da solo spaventa.

Come i narratori della classicità avevano bisogno di una Guida nei loro viaggi, a maggior ragione la mia innegabile modestia me lo rende ancor più indispensabile.

Negli Atti della Pontificia accademia delle scienze, relativi all’anno 1886, viene riportato quanto segue: Della tromba di Cerveteri abbiamo un testimonio di vista in una domestica dei Signori Calabresi, abitante nel palazzo di Cerveteri, che al bujo della notte la riconobbe da un interno splendore rassomigliato a fienile infuocato…”.

Una tromba di fuoco che attraversò il territorio cervetrano dal mare ai monti, rendendo stupiti e tremanti animali ed alberi. Querce, ancora in piedi, ma rese imbrunite e pini, nel loro tronco fasciato da ruggine, decadute a terra.

Nella parte conosciuta come villa parrocchiale, su verso i Vignali, da sotto una grande zolla rivulticata di un maestoso noce, si materializzò, agli occhi di un pecoraro, una statua in puro marmo. All’abbagliante stupore iniziale sopraggiunse la pacata scaltrezza e quasi immediatamente la statua, legata a due somari, venne trascinata e nascosta da fascine nel fondo di una grotta di tufo, utilizzata come stalla per gli armenti.

Del ritrovamento di questa statua si favoleggiò per anni, così come della sua relativa recente trasmigrazione oltre oceano.

Una certezza granitica è che questo vecchio pastore seppe diffondere, durante la sua esistenza, perle di saggezza a chiunque, con cuore sincero, si recasse nel suo ovile a chiedere consiglio.

Si racconta che il pastore stesso, accucciato accanto al fuoco, girando il mestolo in un annerito pentolone, si trasformasse e che parlasse per conto di un essere dallo spirito superiore.

Questa incredibile storia lasciò i vecchi paesani convinti che la statua ritrovata fosse quella di un filosofo caeretanus, appartenente ad una famiglia di magistrati, e che il pastore diffondesse semplicemente il suo verbo.

Così come l’esortazione conosci te stesso, la massima religiosa greco antica iscritta nel tempio di Apollo a Delfi, è da considerasi patrimonio della sapienza del pensiero occidentale, così la frase: Se nu le sai salle! Attribuita al filosofo caeretanus è alla base della sua intera dottrina. Una filosofia che invita a ricercare a non fidarsi se non del proprio pensiero.

Tranne questa frase, trovata impressa nel culaccio di un bucchero, niente altro di scritto ci è pervenuto, così come per altri grandi pensatori dell’antichità.

Un breve testo poetico, con il quale il pastore usava terminare i suoi incontri, può comunque attribuirsi al filosofo:

Dovremo lasciare la nostra terra, la casa,

l’amata sposa: degli alberi che coltivi,

nessuno, fuorché l’inviso cipresso,

seguirà te, effimero padrone.