Morte all’ombra dei Fori: a Roma cade la Torre dei Conti, muore un operaio

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Roma — Lunedì 3 novembre 2025 alle 11:20 circa, una parte della storica Torre dei Conti, imponente struttura medievale nel cuore di Roma, in Largo Corrado Ricci (nei pressi dei Fori Imperiali), si è parzialmente sgretolata.

Di Francesco Sarcinella

La Torre dei Conti, uno dei simboli dei Fori Imperiali a Roma, è stata protagonista, pochi giorni fa, di un crollo parziale che ha interessato una parte della facciata. L’edificio era da poco oggetto di lavori di restauro, un intervento atteso da anni e finanziato con 6,9 milioni di euro provenienti dal PNRR: il secondo per entità economica nell’ambito del programma Caput Mundi. Un progetto importante, ma che probabilmente è stato avviato con troppo ritardo.

Se le condizioni del monumento lo permetteranno il progetto andrà avanti, con la probabile aggiunta di risorse per la messa in sicurezza delle strutture, anche se ad oggi nessuno è ancora in grado di sbilanciarsi sul futuro. La torre aveva problemi strutturali già noti e i crolli di oggi rischiano di comprometterne ancora di più la situazione. Ma andrà salvata ad ogni costo.

Il crollo improvviso ha coinvolto gli operai al lavoro: uno di loro, il sessantaseienne romeno Octay Stroici, è stato estratto vivo dopo ben 11 ore sotto macerie e detriti. Trasportato in gravissime condizioni al Policlinico Umberto I, è deceduto poco dopo la mezzanotte.

Tra i soccorsi impegnati, i vigili del fuoco hanno lavorato con circa 140 operatori per estrarre Stroici dalle macerie: la sua posizione era particolarmente complessa, resa ancor più critica dal secondo cedimento intervenuto durante le operazioni di salvataggio.

Questa tragedia è l’ennesimo campanello d’allarme che richiama all’attenzione sulla sicurezza sul lavoro, un tema che spesso e volentieri si preferisce nascondere sotto lo zerbino piuttosto che mettere al centro dell’agenda politica.

In Italia salute e sicurezza vengono considerate da sempre un costo, una spesa o un problema e la conseguente superficialità con la quale questo argomento viene toccato è all’origine delle 593 mila denunce di infortunio sul lavoro, delle quali più di mille si traducono in morte, con una tragica media di 3 morti sul lavoro al giorno in Italia.

In Italia si risparmia sulla prevenzione, sulla formazione dei dipendenti o sulla manutenzione dei macchinari, senza considerare che un lavoratore formato ed informato ha sicuramente meno possibilità di infortunarsi rispetto ad un collega che non ha ricevuto un’adeguata formazione e che un macchinario che non rientra negli standard di sicurezza o senza manutenzione può nuocere gravemente alla salute dei lavoratori.

La normativa italiana — a partire dal Decreto Legislativo 81/2008 (“Testo unico sulla sicurezza”) — norma l’obbligo di valutazione dei rischi, la formazione, la sorveglianza e l’organizzazione del lavoro. Ma il crollo della Torre dei Conti suggerisce che la distanza tra il dettato normativo e la realtà operativa dell’impresa può essere molto ampia.

Tra gli elementi che emergono con forza:

  • L’edificio era in ristrutturazione, configurazione che presenta rischi elevati: lavori in quota, manipolazione di materiali, possibili cedimenti, ambienti complessi da presidiare.
  • Il fatto che il secondo cedimento si sia verificato durante le operazioni di soccorso segnala una criticità nella gestione del cantiere e nella gestione dell’emergenza: il rischio residuo non era stato adeguatamente contenuto.
  • L’età dell’operaio — 66 anni — pone interrogativi circa la vulnerabilità del lavoratore, la sua idoneità e la correttezza delle condizioni preventive.
  • La responsabilità della sicurezza non può ricadere solo sul “caso”: occorrono procedure chiare, verifica strutturale, sorveglianza costante e cultura del rischio effettiva.

La Procura di Roma ha aperto un’inchiesta per disastro colposo e omicidio colposo nei confronti di chi era titolare della direzione dei lavori, della sicurezza e degli appalti. Le forze dell’ordine stanno acquisendo documentazione, planimetrie del cantiere, report di sicurezza, contratti d’appalto e verifiche preventive strutturali.

Il settore dell’edilizia, e in particolare quello relativo ai restauri di beni storici, è tra i più esposti agli incidenti sul lavoro. Ogni investimento per opere complesse richiede una rigida attenzione alla prevenzione, alla qualificazione del personale, al coordinamento tra committente, direttore lavori, impresa esecutrice, posatori, operai.

Il caso Stroici insegna che non basta essere autorizzati o finanziati: occorre che tutti i soggetti coinvolti — compresi subappaltatori e lavoratori a contratto — siano integrati nel sistema della sicurezza, con formazione specifica, sorveglianza sanitaria, piani operativi di sicurezza aggiornati, monitoraggi reali della stabilità e dell’organizzazione del cantiere.

Le istituzioni, le imprese, i sindacati devono cogliere questa tragica circostanza per avviare una riflessione concreta. Non si può continuare a parlare di cultura della sicurezza come concetto astratto: deve concretizzarsi in verifiche effettive, in monitoraggio continuo, in risorse e investimenti sulla prevenzione e non solo sugli interventi dopo l’incidente.

L’operaio Stroici non è morto “solo” perché la torre è crollata; è morto perché la catena che avrebbe dovuto proteggerlo — formazione, sorveglianza, procedure, sicurezza attiva — ha avuto una falla. Che non deve più ripetersi.

E così, mentre Roma e l’Italia intera piangono una vita spezzata, si impone una domanda: quanta sicurezza siamo disposti a garantire per i lavoratori che ogni giorno rischiano in cantieri, in restauri, in ambienti che dovrebbero essere in tutela? Il patrimonio può attendere, la vita no.