“VI TOGLIAMO LA PATRIA POTESTÀ”.
di Miriam Alborghetti
“Vi togliamo la patria potestà”. Questa, in sintesi, la risposta che si sono sentiti dare un padre e una madre quando hanno osato chiedere all’ospedale dei buoni il permesso che la propria figlia, Lisa, potesse ricevere le cure in regime di day hospital invece che restare parcheggiata in un letto di ospedale in attesa di trasfusioni di piastrine con cadenza settimanale.
Questa minaccia è emblematica di una sanità sempre più inumana e arrogante. Ora Lisa non c’è più. La sua vita è stata stroncata in quel disgraziato autunno 2020, a soli 17 anni, a seguito di errori sanitari, tra cui, il più eclatante, quello dell’infusione di una quantità intollerabile di globuli rossi non compatibili che ha determinato la compromissione irreversibile di tutti gli organi e 12 ore continuate di sofferenze atroci, urla e svenimenti. Lisa aveva una patologia benigna, citopenia refrattaria dell’adolescente.
Al momento del ricovero Lisa era una ragazza vitale, ballava, andava in monopattino e faceva filmati che pubblicava sui social registrandoli persino dal bagno dell’ospedale. Quattro mesi dopo è morta. Perché fu scelta la strada terapeutica più rischiosa, quella del trapianto midollare preceduto da chemio standard, quando esistono trattamenti di prima linea poco invasivi? E perché poi, di fronte ad una donazione inadeguata, insufficiente e con una quantità di globuli rossi 15 volte il massimo tollerabile in caso di incompatibilità AB0 – che poi ha scatenato una drammatica emolisi passiva, come preannunciato dal laboratorio tecnico dello stesso ospedale – quel “treno” non è stato fermato? Perché nessun medico si è opposto? Perché l’ospedale non si è dotato di una donazione di riserva come da raccomandazioni degli organi di controllo dell’emergenza pandemica?
Sanità inumana
“Non è stato un malaugurato incidente, ma un gigantesco errore di sistema” afferma il padre. Una incredibile assenza di cautela! “Avviata su un binario senza sapere dove arrivasse, e poi spinta nel vuoto quando hanno visto il precipizio. Consapevolmente. Non perdono tempo a limitare i rischi, dopo aver scelto la terapia che ne presentava di più. Ingiustificabili, inumani” è il commento della madre. “Inumani”: è questo il dramma al di là degli aspetti di rilevanza penale che sono di competenza della magistratura.
Nelle strutture sanitarie sempre più spesso viene erta una barriera invalicabile che rende arduo il dialogo medico/paziente, impossibile verificare la correttezza dell’operato del personale dei medici, persino per chi, come il padre di Lisa, è uno scienziato biologo di caratura internazionale. Figuriamoci per i poveri cristi! “Che sei medico tu?”, è la risposta usuale per ammutolire chi ha l’ardire di porre dubbi.
Le linee guida, i protocolli, la burocrazia, i tagli al personale ingabbiano la scienza e la coscienza dei medici ma questo non è un alibi sufficiente per comportamenti tracotanti e/o inumani e non lo è neppure l’emergenza sanitaria con la quale si vorrebbero cancellare con un colpo di spugna errori, omissioni e depistaggi del triennio pandemico. Un sistema sanitario inumano ha, tra i molti risvolti diabolici, quello di umiliare il paziente ed i suoi familiari, quello di fiaccare la loro volontà e la loro autodeterminazione. In sostanza di minare alle fondamenta il libero arbitrio.
I genitori di Lisa, Margherita Eichberg, Soprintendente di Roma, Viterbo ed Etruria Meridionale e Federico Maurizio, Dirigente di ricerca presso l’ISS, raccontano la drammatica vicenda con cartelle cliniche alla mano. Non cercano vendetta. Vogliono che la verità sia conosciuta e vogliono che mai più accada quello che è successo a Lisa. Ma la gente ha fame di giustizia, ha bisogno che la legge sia uguale per tutti soprattutto se ad essere chiamati in causa sono una struttura sanitaria di proprietà di uno Stato nello Stato italiano e un primario potente portato in palma di mano da altri potenti come Draghi e Speranza.
La gente ha bisogno di una sanità umana, in cui sia rispettata la dignità della persona e la libertà di cura, in cui i pazienti non siano ridotti a meri numeri, soldi e cartelle cliniche. E non c’è dignità né libertà senza adeguata informazione e senza trasparenza. Una firma su un foglio scritto in corpo illeggibile lo chiamano “consenso informato”.
Sanità inumana: la storia di Lisa
Ora Il governo vuole pure lo scudo penale per i medici così da deresponsabilizzarli rispetto a protocolli calati dall’alto. Medici robot, ibridi uomo macchina, burocrati che “eseguono” terapie standardizzate di massa, magari obbligatorie, come si fa coi polli d’allevamento, questo è l’obiettivo su cui si punta nell’era della Quarta Rivoluzione Industriale: trasformare la Medicina in una sorta di zootecnia. Coi fondi del PNRR si stanno introducendo i robot umanoidi nei reparti pediatrici, che si rapportano con i pazienti e i loro familiari, danno abbracci e sostegno psicologico. “Aphel for Kids è parte integrante del team nel reparto di Pediatria e Oncoematologia pediatrica dell’ospedale Santissima Annunziata di Taranto” si legge in un comunicato stampa. Aphel sarebbe “un valido supporto per aiutare i bambini ad affrontare l’ansia da procedura nel caso di prelievi, biopsie, gastroscopie” e per gli stessi familiari per “gestire le loro emozioni, quali ansia e preoccupazioni”.
Parola di psiconcologa! Visto l’andazzo, è presumibile che i robot riescano ad essere più umani di taluni medici. Forse la disumanizzazione della sanità oramai in atto da tempo porterà al risultato atteso: quello di rendere auspicabile l’ingresso nei reparti di medici transumani. Forse il medico-transumano, data l’indicazione dal robot di laboratorio che l’infusione di una certa quantità di globuli rossi incompatibili è ad altissimo rischio, bloccherebbe automaticamente la procedura. Oppure no, nel caso probabile che sia “programmato” in base agli interessi economici dell’azienda ospedaliera. Sabato scorso, il 13 gennaio, nell’aula consiliare del Granarone a Cerveteri, tante persone, tra cui politici e personalità del mondo sanitario, hanno partecipato all’incontro dedicato a Lisa e alla presentazione del libro, Le tre vite di Lisa, scritto dai suoi genitori, che hanno fondato una associazione che porta il nome della figlia e avviato una campagna volta a sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica. È stato un piacere constatare tanto interesse rispetto ad una vicenda che chiama in causa responsabilità politiche e istituzionali. Ma non basta. Occorre giustizia per Lisa perché non c’è pace sociale, senza giustizia. Il principio ippocratico primum non nocere è stato tradito.
Tradita Lisa. Traditi i suoi genitori. Traditi tutti noi.