Sono narrazioni pittoriche votate al movimento e all’intensità del principio espressivo quelle di Ivano Petrucci.
di Alessia Latini
La figura femminile, che emerge con forza nella produzione dell’artista è l’attuale motore, costante, che delinea il divenire di una definizione universale ed emotiva che non trova fine. Originario di Roma, da diversi anni residente a Manziana, dove ci accoglie immerso tra i colori delle sue tele, tavolozze e bozzetti per nuovi progetti, Petrucci è pittore, performer, scrittore, insegnante.
Diplomatosi al liceo artistico e poi laureatosi all’Accademia delle Belle Arti, il suo inizio, spiega, è quello di una naturale predisposizione adolescenziale che ha trovato nell’arte “un rifugio esponenzialmente magico e nello stesso tempo abbastanza complesso”.
Quello stesso rifugio, quel naturale istinto alla ricerca di un oltre – oltre il visibile, oltre il tangibile – che lo ha portato lo scorso anno alla pubblicazione della sua seconda opera narrativa.
Dallo studio alle mostre e le opere, presenti in collezioni private e pubbliche in Italia e all’estero, quello di Petrucci è un cammino pittorico che non si è mai fermato.
Che guarda a quel dinamismo che la sua ricerca, attenta nella consapevolezza della sua istintività, elabora, espone attraverso sinuose armonie cromatiche che trovano ancora la loro potenza nelle evidenti contrapposizioni di cui l’autore intesse ogni dipinto.
Le serie che l’artista realizza, ponendoci di fronte a un teatro dal palcoscenico movibile, svelano l’avanzare incessante di una pellicola che lascia emergere figure dai contorni non sempre e non solo definiti che si muovono in scenari di forme che hanno abbandonato la mera dimensione descrittiva per affacciarsi e guidarci nella loro più libera espressività.
Sognano, osservano, sorridono le donne nelle opere di Petrucci. E i loro sguardi, laddove lasciati scoperti dal pittore oppure nascosti dalle vivaci cromie – come nella serie delle “maschere” – sempre ci mostrano con forza la loro emotiva unicità.
Con le tecniche miste, dall’acquerello alla china, dall’olio all’acrilico su tela o su carta quello che si va affermando è un linguaggio che l’artista definisce nella sua risolutezza che non prevede staticità: “Questa commistione tra figurativo e astratto” commenta “va a studiare delle cromie movimentate anche attraverso la gestualità”.
Ecco il movimento, l’immediatezza, il gesto pittorico nella sua diretta comunicatività: Petrucci, performer, conferma e rafforza un percorso che già in principio affermava la sua dinamicità: “C’era anche stata precedentemente, cercando di dare alla figura o comunque all’elemento astratto, espressionista, un movimento, una gestualità”.
Lo lasciamo al lavoro sulla prossima serie, a un prossimo ciclo di “racconti”, con l’attesa di quella incipiente rivelazione, della possibilità di scoprire un nuovo viaggio, tra le trame dei colori, tra le strade di una nuova, unica, espressività.