Le basi scientifiche riguardo al consumo della frutta nei soggetti non diabetici e diabetici

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Le basi scientifiche riguardo al consumo della frutta nei soggetti non diabetici e diabetici

A cura del Dottor Professor Aldo Ercoli

Dottor Professor Aldo Ercoli
Dottor Professor
Aldo Ercoli

È un argomento di chimica biologica. Sarà un po’ indigesto rispetto a quelli di clinica e semeiotica medica? Ci serve però a capire che vi è una bella differenza tra fruttosio e glucosio con considerazioni scientifiche inerenti la dieta da seguire nei soggetti con normale glicemia e nei diabetici. Il fruttosio si differenzia chimicamente dal glucosio per la presenza nella sua molecola di un gruppo chetonico (è un chetoesoso) invece di quello aldeidico come avviene nel glucosio (è un aldoesoso).

Inoltre il fruttosio per la sua attività ottica levogira è anche chiamato “levogiro”. Tutti questi “paroloni scientifici” stanno a significare che si tratta di due molecole simili ma non affatto eguali basti pensare che l’insulina non interviene affatto quando si consuma frutta (il fruttosio è presente in abbondanza nei vegetali e soprattutto nella frutta). Nel soggetto con glicemia normale (non diabetico) l’insulina non porta ad alcun aumento dell’utilizzazione del fruttosio. Viceversa l’insulina interviene (viene messa in circolo) quando si consuma zucchero (glucosio).

Che conseguenze comporta nell’organismo questa sostanziale differenza? Nulla nel soggetto con glicemia normale. Nel paziente diabetico che mangia frutta (più o meno zuccherina) accade che il fruttosio in essa contenuto è sì normalmente metabolizzato ma la sua rapida conversione in glucosio a livello epatico porta ad un aumento della glicemia (e anche della glicosuria, ossia del glucosio nelle urine).

Le vie metaboliche dell’utilizzazione del fruttosio solo in parte sono comuni con il metabolismo dei glucidi, in altrettante parti non lo sono affatto perché sono esclusive, vale a dire legate alla fosforilazione. Questa trasformazione metabolica del fruttosio avviene a livello cellulare soprattutto con la trasformazione a fruttosio 1 fosfato (F-1-P) e in misura di gran lunga inferiore a fruttosio 6 fosfato (F-6-P).

Questo anche perché la fosforilazione del fruttosio a F-6-P è praticamente inibita in presenza di zucchero nel sangue. Dobbiamo anche considerare che la fosforilazione del fruttosio a fruttosio 1 fosfato (F-1-P), ossia la via maestra avviene nel fegato (è necessario un fegato non particolarmente steatosico-grasso, né affetto da altre patologie), nella mucosa del piccolo intestino e nell’epitelio dei tubuli renali.

Froesch, riguardo ai prodotti intermedi del metabolismo del fruttosio, ha citato il glicerolo, il glicerolofosfato e il fosfoglicerato seguendo la via F-6-P.

La via secondaria, meno importante, del F-1-P, porta alla formazione prima del glucosio e poi del glicogeno (questo avviene nei soggetti diabetici). Da ciò si evince che nell’individuo normale (non diabetico) il carico orale di fruttosio (frutta e altri vegetali) è ben utilizzato: la fruttosemia non supera i 25 mg/100 ml. Ciò è dovuto al rapido incremento della glicolisi nelle varie cellule dell’organismo, con maggior impegno di fosforo (P) per la più intensa fosforilazione dei substrati e aumento della produzione di acido piruvico e lattico. Ricapitolando, la prima trasformazione della molecola di fruttosio nell’organismo è la sua fosforilazione nelle cellule grazie alla fruttochinasi enzima che permette tutto ciò nelle cellule in presenza di ATP e fruttosio 1-fosfato (F-1-P).

Il rapido incremento della glicolisi nelle varie cellule dell’organismo comporta un maggior impiego di fosforo (P) per la fosforilazione dei substrati.  Il fosforo (P) dal greco dal gr. phōsphóros “portatore di luce” é un metallo essenziale per gli esseri viventi, sia animali che vegetali (nelle ossa è presente come fosfato tricalcico). Il corpo umano ne contiene circa 700 mg, in individuo di 70 Kg e necessita di una sua quota giornaliera pari a un grammo, un grammo e mezzo. Contrariamente a quanto si pensa comunemente questo elemento non è particolarmente presente nell’encefalo di animali e mammiferi quanto nella carne, uova, latte e formaggi. Il senso figurato del termine fosforo equivale all’intelligenza, ingegno, prontezza intellettuale. Va comunque detto che una carenza di questo metallo provoca disturbi nelle ossa, nei muscoli, nel sangue e… anche nel cervello. Il fosforo, il “portatore di luce”, è necessario per “accendere la lampadina cerebrale” (eureka!) ma in quantità minima. E’ questo un ulteriore segnale della natura di quanto la qualità sia superiore alla quantità. Purtroppo in questo nostro mondo materialista e masochista questa “spia luminosa” non riusciamo a vederla.