L’ASTENIA

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L’Astenia. Sentirsi stanco senza un perché.
Qual’è, secondo me, il ruolo del medico?

A cura del Dottor Professor Aldo Ercoli

Dottor Professor
Aldo Ercoli

Quando un individuo si sente stanco? L’astenia è una sensazione soggettiva che si manifesta dopo aver svolto un intenso lavoro muscolare o mentale. “Ma varia entro ampi limiti il momento in cui si raggiunge questa soglia” (Y. Brod; A.S. Knell. La diagnosi in medicina interna 1987).

Un conto è la persona sana e ben allenata fisicamente, un altro è il soggetto con cattivo stile di vita (non ha mai camminato a piedi qualche centinaio di metri né raggiunto un piano più alto senza servirsi dell’ascensore).

Nell’interrogatorio anamnestico, oltre al regime di vita, sono importanti le abitudini (fumo, alcool, abuso di farmaci). Vi è sempre la possibilità di una malattia endocrina o di un disturbo diselettrolitico (Na, K, Mg). Tuttavia in assenza di un’anamnesi significativa (e di una forma psicogena) sono del parere che una Ves normale, una radiografia del torace negativa, un esame elettrocardiografico nella norma (cosi come non patologiche risultano le più comuni analisi ematiche) riducono al minimo che ci si trovi di fronte ad una severa patologia organica.

La diagnosi differenziale dell’astenia riguarda tante malattie, più o meno gravi, che influiscono su processi metabolici e contrattili del lavoro muscolare. Una miriade di stati morbosi differenti che vanno dalla patologie neurologiche, psichiatriche psicoemozionali alle neoplasie; dalle malattie infettive alla grave anemia; dalla intossicazioni (alcolismo; acidosi, eccesso nel fumo, uremia etc) alle disidratazioni con perdita di potassio.

Di alcune malattie metaboliche ed endocrine (morbo di Cushing, iper o ipotiroidismo, diabete mellito, morbo di Addison etc) ho già fatto cenno in precedenza. Le cause psicogene con senso di prostrazione riguardano più spesso i giovani con somatizzazione ansiosa (dispnea, cardiopalmo, dolori al colon etc). Se la ves è elevata e si accompagna a profonda stanchezza il sospetto di una neoplasia deve portare il medico ad eseguire opportuni accertamenti diagnostici sia ematologici che clinici (esplorazione rettale, esame ginecologico, rx torace etc).

Per escludere un’insufficienza renale cronica (uremia) è necessario eseguire la creatinina clearance delle urine delle 24 h. Per il diabete basta la glicemia a digiuno, quella dopo due ore dal pasto e l’emoglobina glicata. Una fibrillazione atriale ad alta frequenza oppure una tachicardia non su base psichica mi deve sempre far pensare ad un’ipertiroidismo. Viceversa un’ipersensibilità al freddo con rallentamento della parola e del pensiero, magari associata a pelle ispessita, perdita di capelli e voce roca sono tutti chiari segnali di mixedema (ipotiroidismo grave).

Vorrei però precisare che grazie alle analisi ematiche (ft3, ft4, tsh) sono diverse i decenni che non vedo più quadri patologici del genere. Nelle donne affette da edema (ritenzione di liquidi) idiopatico (di natura sconosciuta) o convinte di essere grasse un abuso di lassativi o di diuretici porta ad una ipopotassiemia con astenia. Alla stessa stregua si può dire di altre affezioni croniche quali il vomito prodotto (autoindotto o stenosi del piloro), la diarrea cronica, malassorbimento intestinale. Vale a dire ogni patologia che porti a disidratazione. Quello che è in sintesi più importante ogni qualvolta un paziente si rechi dal medico asserendo di sentirsi stanco è certamente l’anamnesi.

Se questa risulta muta, come già detto, la ves, l’esame ematologico, la radiografia del torace, un ecg, le analisi di routine (comprese, se necessario, quelle tiroidee) sono sufficienti a farci fare diagnosi. Se tutto è negativo occorre, per aiutare il paziente, applicare quello che era la terza regola della famosa Scuola Salernitana: un bel sorriso sulla bocca accompagnato da poche efficaci parole: “vai pure non hai niente”. Tutto ciò non va confuso con il “buonismo” del medico. Il rassicurare il paziente senza aver fatto il proprio dovere (anamnesi, semeiotica, diagnosi differenziale, visita clinica) rappresenta un serio pericolo per il paziente.

Meglio aver “timore-rispetto del medico” (che però non deve mettere paura a nessuno), piuttosto che consideralo un amico che “alla buona”. Non ti visita. Meglio perderli i pazienti che non si fanno visitare e interrogare. Io ho sempre fatto così. Certo “posso aver fallato”, come diceva Renzo Tramaglino (nei Promessi Sposi) a Don Abbondio ma quando visito “non guardo in faccia nessuno” … ho di fronte alla mia coscienza solo un possibile malato. Poi mi auguro che tutto vada per il meglio.