Nella pratica clinica capita molto spesso che al di sotto di sintomi quali abbassamento del tono dell’umore, ansia generalizzata o attacchi di panico, ci sia un funzionamento di personalità molto particolare e che si inserisce nella “sindrome del* brav* bambin*”. Ho messo gli asterischi perché questo funzionamento è tipico sia del mondo femminile che del mondo maschile. Come si comportano queste persone e qual è la loro visione del mondo interno ed esterno? Tendenzialmente queste persone hanno un comportamento accomodante nei confronti degli altri, talvolta sacrificandosi; tendono a soffocare la rabbia (che sappiamo essere un’emozione primaria importante); tendono a provare molta ansia nei confronti della critica ed, infine, tendono a darsi la colpa e/o la responsabilità di ciò che va male e dare il merito agli altri o a fattori esterni (per esempio il caso o la fortuna) quando le cose vanno bene (locus of control esterno). Il tutto accompagnato da grande autosvalutazione. Questo funzionamento, quando si indaga più approfonditamente, è storico ossia è stato adottato fin da bambini. Mi spiego meglio. Un bambino già ad un anno, attraverso un’osservazione spontanea, sa in modo spontaneo quando, come, perché e a chi fare delle richieste. Tutto ciò non perché un bambino di un anno sia un genio, ma perché in modo spontaneo ha capito che, per esempio, “quando la mamma è in una stanza (cucina) e dopo viene la pappa risponde in un modo che non mi piace e io provo una sensazione strana. Quindi io (bambino) ho imparato che in quel momento gioco da solo. Quando, invece, la mamma è sul “divano” lei spesso gioca con me”. Questi sono degli esempi di come i bambini piccoli riescono ad avere delle intuizione su ciò che succede attorno a loro. I bambini di quell’età, inoltre, non hanno ancora delle sovrastrutture per cui percepiscono in modo assolutamente genuino le loro e le altrui emozioni. Infine, a quell’età, riescono a capire molto bene ciò che li fa star bene o star male. Con la crescita, il mondo esterno, prima famigliare poi quello scolastico e sociale in generale, mette delle sovrastrutture sul bambino che da una parte canalizzano le emozioni e il suo comportamento, dall’altra, però e soprattutto se viene imposto in modo dogmatico, limitano la loro espressione fino a portare all’eliminazione di alcune risposte emotive o comportamentali. Immaginiamo, per esempio, che ad un bambino venga ripetuto “non va bene arrabbiarsi”, oppure “i bambini non piangono, se piangi sei una femminuccia” accompagnato da una mimica facciale particolare (sguardo, postura del corpo, ecc.) e con una tonalità di voce estremamente severa o canzonatoria. Quel bambino imparerà a non arrabbiarsi oppure a non piangere anche se ciò gli provoca un grande dolore o lo fa con grande sforzo. Oppure è un bambino adultizzato che ha dovuto capire “cose da grandi” nel momento sbagliato. Ecco, questi sono i pilastri della “sindrome del* brav* bambin*”. Potrei citare tantissimi altri esempi. Questi bambini hanno iniziato presto a capire ciò che dovevano fare e ciò che non dovevano fare, sacrificando e mettendo in un angolo i loro bisogni e le loro emozioni. Gli stessi anatemi sono stati, ovviamente, riproposti in modo ripetitivo e schematico, implicitamente o esplicitamente, anche durante la crescita. Così si forma l’adulto che tende ad essere accomodante, a non arrabbiarsi nei confronti dell’altro, partner o collega/datore di lavoro che sia. Così l’adulto cercherà e troverà relazioni che abbiano questa impostazione, perché a questo è stato abituato.

Psicologa – Psicoterapeuta
Dottoressa Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta Psicologa Giuridico-Forense
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