La relazione sado-masochistica

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1969

Dottor Riccardo Coco – Psicologo – Psicoterapeuta
1° parte

Dottor Riccardo Coco
Psicologo – Psicoterapeuta

Recentemente ho letto un articolo in cui si parlava di un libro nel quale si narra che James Dean e Marlon Brando avrebbero avuto una relazione sado-masochistica, nella quale Brando seviziava sessualmente ed umiliava psicologicamente Dean.

Amici di Dean racconterebbero che più Brando lo maltrattava più Dean si legava a lui, e più Dean si sottometteva e più Brando diventava sadico nell’esercizio del potere psicologico su di lui.

Quando gli amici di Dean tentarono di aiutarlo a sottrarsi da questa relazione perversa, portando Dean alla polizia per denunciare le sevizie sessuali subite, egli dichiarò di essersi procurato da solo le bruciature di sigaretta ed i lividi che aveva sul corpo.

La loro storia sado-masochistica, ammesso che sia vera, è comunque realistica, nel senso che è solo solo una tra molte di questo tipo, in cui c’è una vittima ed un carnefice-persecutore legati da una relazione psicologica e sessuale solida come poche (ma anche distruttiva). Possiamo tranquillamente definirle relazioni “patologiche” e “perverse”, in quanto sono intrise di odio e distruttività, rabbia ed invidia.

Ben inteso: il sesso con venature sado-masochistiche non è una perversione in sé e non è “sesso malato” o “patologico” in sé. Lo diventa solo se e quando il partener viene oggettivato (o si fa oggettivare), cioè considerato un oggetto senz’anima da distruggere e su cui sfogare la propria inconscia violenza ed il proprio odio per l’altro.

Se invece tra la coppia c’è un legame fatto di amore, rispetto, empatia, tenerezza, etc. allora il sesso può diventare un gioco in cui ogni fantasia erotica, per quanto “bizzarra” ed “estrema” possa essere, è un’espressione d’amore. Fatta questa doverosa distinzione, vediamo di rispondere alla domanda: “Perché si cercano e si mantengono relazioni in cui si è umiliati e maltrattati, da difenderle a “spada tratta”, in modo adesivo, contro tutto e tutti?” e di converso: “Da dove viene il piacere sadico di umiliare ed abusare un altro essere umano?”

La psicologia ha provato a dare alcune risposte: accennai nei precedenti articoli “La rimessa in atto del trauma” e “L’abusante abusato” (consultabili sul mio sito www.riccardococo.net nella sezione articoli) che c’è, alla base di queste relazioni perverse, un trauma psicologico, spesso ripetuto nel tempo; il quale, irrisolto e non superato, porta l’individuo che lo subì a ricercare e ripetere nel presente l’esperienza del trauma originario; sia nel ruolo di vittima che in quello di abusante.

L’obiettivo di questo rimettere in scena nel qui ed ora il trauma originario (infantile o successivo), sarebbe per la psiche inconscia quello di cercare “di risolvere” oggi ciò che accadde ieri e che ancora tormenta l’individuo continuando a “vivergli vivo dentro”. La speranza della mente inconscia è che nella riattulizzazione possa arrivare finalmente una soluzione ed un superamento del dolore e dell’angoscia legate all’evento passato. È insomma un modo per padroneggiare l’angoscia che si ha dentro.

Può sembrare assurdo e insensato tutto ciò, ed in effetti non-sensato lo è in quanto espone l’individuo a nuovi traumi che aggravano ancor più la sua sofferenza psicologica, ma assurdo non lo è se si conoscono i modi in cui funziona la psiche umana. Nella seconda parte la continuazione di questo discorso…

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