“La morte di Daniele Nica non è stata una tragica fatalità”

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Le perizie commissionate dalla famiglia gettano una luce nuova sulla morte del sedicenne di Ladispoli

 

Quattro mesi fa ci lasciava Daniele Nica. Il sedicenne di Ladispoli travolto ed ucciso davanti ad una discoteca della via Aurelia. Una tragica vicenda che, dopo il dolore e le lacrime per una giovane vita recisa, ha da tempo intrapreso la strada di una lunga e complicata guerra a colpi di carte bollate, perizie e future udienze di tribunale. Perché la famiglia Nica non si rassegna a pensare di aver perduto il figlio per una fatalità, sin dai primi momenti ha chiesto che fosse fatta chiarezza sulla dinamica di un incidente su cui si è detto e scritto tutto ed il contrario di tutto. Comprese le idiozie di qualche stolto che sui social ha scritto tutto ed il contrario di tutto, infischiandosene anche del rispetto per un povero ragazzo che ha smesso di vivere nel fiore degli anni. Con la morte nel cuore, così come aveva annunciato sulle nostre pagine poco tempo fa, papà Marco e mamma Katia hanno messo in moto il meccanismo per ricostruire la sequenza degli avvenimenti di quella maledetta notte di luglio. Ad iniziare dalle perizie effettuate da esperti che hanno analizzato tutti i fatti, i resoconti, le testimonianze e le carte del mortale sinistro, gettando secondo la famiglia Nica una luce nuova su questo drammatico episodio.

“Ogni giorno che passa – afferma Marco Nica – emergono novità che ci convincono come la morte di nostro figlio non è da attribuire ad una semplice e tragica fatalità. E non sono parole di una famiglia distrutta, ma i primi riscontri delle perizie di parte che sono state disposte dai legali che abbiamo ingaggiato per accertare eventuali responsabilità da parte dell’uomo che guidava l’auto che ha colpito a morte Daniele, tamponando anche il veicolo con cui era arrivato davanti alla discoteca. Era impossibile non vedere la Panda dove era Daniele, crediamo fermamente che il conducente avesse avuto tutto il tempo per evitare di uccidere nostro figlio”.

Nelle fasi della ricostruzione della dinamica dei fatti, intanto, emergono nuovi particolari che fotografano alla perfezione la confusione, l’incertezza, forse la superficialità, in comportamenti ed atteggiamenti subito dopo l’investimento dello sventurato Daniele. Ed anche in questo caso le parole di papà Marco sono come pugni allo stomaco.

“Siamo stati avvisati dell’incidente solo un’ora dopo, mentre la madre dell’investitore era sul posto pochi minuti dopo lo scontro. Chi era con Daniele avrebbe dovuto chiamarci tempestivamente su quanto era accaduto. Le perizie – prosegue Marco Nica – stanno mostrando che le cose non stanno come si vuole far credere. Testimoni riferiscono inoltre che sul posto, durante i soccorsi, si parlava di una distrazione dovuta all’uso del cellulare. Il fatto sembra poi non essere stato confermato alle forze dell’ordine sopraggiunte. Inoltre, da un altro accertamento disposto dalla nostra famiglia, sembrerebbe che la velocità a cui transitava l’auto che ha investito Daniele fosse di circa 100 km orari, ovvero ben più alta del limite di 70 km orari permesso su quel rettilineo dove ci sono anche gli autovelox. Addirittura, sembrerebbe che il veicolo transitasse proprio al limite della carreggiata, un fatto pericoloso anche alla luce dell’alta velocità. Daniele era infatti accucciato nella Panda rossa parcheggiata proprio al limite della striscia bianca quando è stata invasa dall’auto che sopraggiungeva. Non riusciamo ad accettare che per l’irresponsabilità di diverse persone la vita di mio figlio sia stata spezzata e con la sua quella di una intera famiglia che non vivrà mai più un giorno felice. L’unica cosa che ci resta è il rispetto per nostro Daniele, quel rispetto che non hanno avuto i responsabili di questa vicenda. Nessuno ha avuto il coraggio di farsi vivo se non tramite una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno inviata 25 giorni dopo la morte di Daniele. Spero che la giustizia attesti tutte le responsabilità, a partire da chi lo ha affidato incautamente per il ritorno a Ladispoli senza averci avvisato, a chi lo ha condotto in quel locale, fino a chi lo ha investito. Ci auguriamo che Daniele possa avere giustizia. Perché mio figlio è morto, i responsabili stanno nelle loro case, c’è qualcosa che non va. Chi perde la vita per mano di altri deve avere rispetto e mio figlio fino ad oggi non ne ha avuto”.

Intanto anche le indagini della magistratura procedono a tutto campo, vedremo quando saranno convocate le prime udienze in tribunale dove, facile da prevedere, sarà battaglia vera a colpi di perizie di parte. Nella speranza che Daniele possa avere giustizia.