“LA LOCOMOTIVA”, LA PARABOLA DELLA SINISTRA ITALIANA

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la locomotiva

Il recente “manifesto” a favore del ministro Roberto Speranza non meriterebbe grande attenzione, di per sé. Ma merita qualche considerazione per il fatto che lo hanno firmato molti membri della sinistra storica italiana, incluso Francesco Guccini.

La locomotivaGuccini… un eroe della sinistra che io e tanti altri ci ricordiamo soprattutto per la sua canzone “La Locomotiva” del 1972. E, ripensandoci sopra, come per tante cose che una volta ci sembravano belle e intelligenti, ahimé, si vede quanto sono terribilmente invecchiate. “La Locomotiva,” la storia di un anarchico, un eroe che Guccini si immagina “giovane e bello.” Uno che si impadronisce di una locomotiva e si lancia “a bomba contro l’ingiustizia” contro un “treno pieno di signori” perché “trionfi la giustizia proletaria.” Risentita oggi, questa canzone di Guccini non è veramente gran cosa dal punto di vista musicale. Ma il successo che ha avuto negli anni ha delle ragioni. La canzone ha una sua forza che sta soprattutto nell’immagine della vera protagonista, la locomotiva, descritta come “una cosa viva”.

Sentendo la canzone ci sentiamo a bordo della creatura che “divora la pianura”, “un giovane puledro” che “morde la rotaia con muscoli d’acciaio.” E poi, la storia dell’eroe si intreccia perfettamente con la furia crescente della locomotiva che va sempre più veloce verso il suo destino, finche, nella scena finale, il mostro si autodistrugge con “un grido di animale,” “eruttando lapilli e lava”. Dell’eroe, sappiamo che “lo raccolsero che ancora respirava.”
Si capisce perché la canzone ha avuto tanto successo. C’era dentro tutta l’idealismo della sinistra italiana del tempo delle rivolte giovanili del ’68.

La libertà, la giustizia, il sacrificio personale, la voglia di cambiare la società. Tutte cose che affascinavano quelli che hanno vissuto quei giorni, quando sembrava davvero che si potesse cambiare qualcosa per andare verso un mondo più giusto. Purtroppo, l’idealismo è sempre a un passo di distanza dal fanatismo e, in fondo, la canzone della locomotiva di Guccini ci racconta la storia della sinistra italiana in modo curiosamente profetico. Proprio come la locomotiva, la sinistra era partita in una folle corsa alla ricerca della “giustizia proletaria” non importa in che modo e non importa con che mezzi. Il risultato è stato un periodo di vera violenza, gli “anni di piombo.” Certamente non tutto quello che è successo in quegli anni era da attribuire alla sinistra, e forse nemmeno la maggior parte di quei tragici eventi. Ma tutto era adombrato già nel messaggio della canzone, con l’eroe che voleva compiere una strage ammazzando persone che lui definiva “signori,” ma che, ammesso che lo fossero, includevano i macchinisti e il personale del treno contro il quale si era lanciato, necessariamente suoi fratelli proletari.

Oggi, quelli che si comportano in questo modo li chiamiamo giustamente terroristi. Il termine è abusato, certo, ma indica bene quelli che ammazzano la gente per imporre la loro ideologia, o religione, o che altro di bacato che hanno in testa. E’ la base del totalitarismo, una cosa che non implica necessariamente la violenza, ma che è tipica della sinistra: l’incapacità di accettare il dissenso (non solo della sinistra, ovviamente). Alla fine, in ogni caso, l’ondata della sinistra italiana si è esaurita senza gridi animaleschi, e senza eruttare lapilli e lava incandescente, ma sicuramente lungo un binario morto. La sinistra è invecchiata alla ricerca della sicurezza economica, del posto statale garantito, della pensione tranquilla, della “sicurezza,” senza ricordarsi che era stato detto che “un popolo che rinuncia alla sua libertà in nome della sicurezza perde entrambe le cose”. E si è visto bene come è invecchiata la sinistra con questo “manifesto” in favore di un burocrate politicizzato, Roberto Speranza, che ha fatto a pezzi la Costituzione in nome della sicurezza, distruggendo attività economiche che davano da vivere a tante persone. Perlomeno, l’eroe della canzone di Guccini metteva la propria vita in gioco, ma questo non è certo il caso di Speranza.
Tutto invecchia, sia le idee che le persone. Non è detto che si debba per forza invecchiare male, ma peggio di così mi sembra difficile.
Ugo Bardi