Si discute spesso su quale sostanza nella dieta sia la più dannosa, ma in queste discussioni si perde facilmente il quadro generale. Ci si concentra su un singolo nemico, zucchero, grassi, sale, e si dimentica il contesto.
E qui entra in gioco un concetto chiave: “la dose fa il veleno”. La dottoressa Patrizia Coffaro afferma che “È un principio usato spesso in ambito alimentare. In sostanza, spiega la differenza tra una sostanza che rappresenta un rischio e una che rappresenta un pericolo. Il pericolo è qualcosa che può causare danno. Il rischio dipende da quanto, da come e da quanto spesso entriamo in contatto con quella sostanza.”
Gli studi epidemiologici ci mostrano come certi pericoli possano aumentare il rischio di malattie come il cancro, o causare danni agli organi principali, fegato, reni, polmoni, o effetti neurotossici, ma il concetto va approfondito.
Prendiamo l’alimentazione: se mangiamo un gelato ogni tanto, non stiamo distruggendo il nostro corpo. Se un giorno ci concediamo un pasto fritto, non accade nulla di grave. Se qualche volta al bar mangiamo un cornetto non moriremo.
Il problema sorge quando ogni singolo giorno mangiamo così: due cucchiaini di zucchero nel caffè, una barretta ripiena, più di un bicchiere di vino ai pasti, lattine energizzanti per tirarci su, panino e patatine al fast food, …giorno dopo giorno. È così che si creano le condizioni ideali per mettere in crisi il “sistema corpo”.
Ma attenzione, la dose fa il veleno non riguarda solo ciò che mangiamo.
Pensiamo alla nostra routine quotidiana. Ci alziamo e ci laviamo i denti con un dentifricio magari economico (prima esposizione chimica). Facciamo la doccia con un bagnoschiuma qualsiasi (seconda esposizione). Mettiamo il deodorante super profumato sponsorizzato dalle infIuencer (terza esposizione). Nel caso delle donne, applichiamo il trucco per correggere le imperfezioni (quarta esposizione). Poi, due spruzzate di profumo non le vogliamo mettere? (quinta esposizione). Ci vestiamo: maglietta e jeans lavati con detersivi e ammorbidenti che lasciano residui chimici tra le fibre (sesta esposizione). Colazione al bar: brioches piene di grassi idrogenati, zuccheri raffinati, aromi artificiali e cappuccino (settima esposizione). E siamo solo a colazione.
Quante esposizioni chimiche dovrà gestire il nostro fegato prima di arrivare a sera?
E quanto gli stiamo chiedendo di lavorare extra ogni singolo giorno?
Quando Paracelso, medico e alchimista del XVI secolo, affermò “Cosa non è veleno? Tutte le cose sono veleno e nulla è senza veleno. Solo la dose determina che una cosa non è veIeno”, il mondo era molto diverso. Ai suoi tempi non esisteva l’inquinamento chimico quotidiano che affrontiamo oggi. Qualsiasi sostanza, anche un nutriente essenziale o un farmaco salvavita, può diventare veleno, dipende tutto dalla dose e dalla frequenza d’esposizione. Il problema è il cocktail a cui siamo sottoposti dalla mattina alla sera.
Prendiamo l’esempio dell’aspartame: di per sé tossico, a determinate dosi è considerato sicuro. Il fatto è che lo troviamo nei dolcificanti, nelle bibite, nelle caramelle, nei biscotti ecc. Quindi da piccola dose si passa a grande dose. Senza comportarsi da “talebani dell’alimentazione” possiamo concederci qualche eccezione, ma che siano tali.
La nostra “normalità” dovrebbe essere priva di veleni: dagli additivi chimici (coloranti, conservanti, aromi ecc.) dei prodotti confezionati ai pesticidi presenti su frutta e verdura, dai tensioattivi chimici nei prodotti cosmetici agli ingredienti tossici presenti nei detersivi, dalle microplastiche rilasciate dagli imballaggi dalle bottiglie di plastica all’abbigliamento.
I veleni sono nascosti dappertutto. A noi la scelta. Per noi e per l’ambiente.

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di Alfonso Lustrino