LA “COMMEDIA ALL’ITALIANA” IN QUATTRO PUNTATE

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commedia italiana

LO STORICO DEL CINEMA MICHELE CASTIELLO ANALIZZA UNO DEI GENERI CARATTERISTICI DELLA CINEMATOGRAFIA ITALIANA. LE ORIGINI, IL PERCHÉ NASCE, LE MOTIVAZIONI ARTISTICO-SOCIALI, I FONDATORI, LE SITUAZIONI E UN PO’ DI STORIA.

Il cinema costituisce una chiave di lettura della società, un’arte nella quale ci si può riconoscere, una espressione artistica dalle mille implicazioni. Malgrado le nuove forme di comunicazione questa d’arte è ormai parte di noi ed è importante approfondirne gli aspetti storico-culturali con il contributo di addetti ai lavori quali Michele Castiello, docente Upter, con il quale L’Ortica del Venerdì ha avviato una nuova collaborazione.  Un racconto articolato in quattro “puntate” per analizzare uno dei generi cinematografici più amati come la Commedia all’italiana.

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Per spiegare come e perché la commedia all’italiana sia nata e si sia sviluppata, occorrerà ricordare brevemente alcuni fatti storici avvenuti in Italia tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli egli anni Sessanta: il primo calo elettorale della Democrazia Cristiana (1961) e la conseguente formazione di un lungo governo di centrosinistra, la morte (1958) di Papa Pio XII, quello che era giunto a scomunicare i comunisti, e l’elezione di un Papa da tempi nuovi, Giovanni XXIII, il cosiddetto “boom” economico, con i suoi lati più appariscenti (raddoppio del reddito nazionale nel decennio 1952-1962, generale incremento di redditi e consumi) e con quelli meno evidenti (gli scarsi progressi dell’occupazione, i salari che restano i più bassi dell’Europa Occidentale, l’immigrazione selvaggia nelle città del Nord, le speculazioni edilizie, le grandi evasioni fiscali, la distribuzione sempre più ingiusta della ricchezza, il crescente divario Nord-Sud, la mancanza di un adeguato reinvestimento), la comparsa di nuovi mass-media (la televisione soprattutto, che inizia le trasmissioni su scala nazionale nel 1957 ma anche le radioline portatili, i maxi-cartelloni, i juke-box) che spianano la strada al consumismo, la conseguente diffusione di nuovi status symbol (l’automobile, il televisore, gli elettrodomestici, il superattico, la seconda casa, le vacanze al mare) , il tramonto, in questa Italia che vorrebbe essere sempre più internazionale, delle forme culturali più ingenue e spontanee, come l’avanspettacolo, i giornali umoristici, la poesia dialettale, la canzone melodica. Una penisola, la nostra, circondata dal Mare Nostrum che comunqueresta sempre più provinciale rispetto all’Europa. Anche a livello più specificamente cinematografico, l’attenuarsi, perlomeno parziale, della censura (dal 1958); il rilancio del cinema italiano nel mondo, in virtù anche della nomination all’Oscar per I soliti ignoti e La grande guerra (di Mario Monicelli) e del Leone d’Oro ricevuto a Venezia per quest’ultimo (sia pure ex aequo con Il generale Della Rovere); la definitiva maturazione di alcuni sceneggiatori e registi (Age & Scarpelli, Comencini, Germi, Risi, Scola); e più che altro quella di quattro grandi attori (Gassman, Manfredi, Sordi, Tognazzi) che già da alcuni anni stavano crescendo a vista d’occhio ed ora approdano finalmente a ruoli più completi e complessi. Tutte queste cose messe in fila e insieme spiegano la fioritura del nuovo genere e anche certe sue caratteristiche, ormai ben note: la vocazione contemporanea e cittadina, i toni drammatici inconsueti per il cinema comico, la scomparsa del lieto fine tradizionale, l’opposizione fra l’individuo-simbolo (che rappresenta nei pregi e nei difetti l’italiano medio) e la società dei consumi, l’evoluzione dello stile cinematografico, il nuovo uso di certi elementi narrativi (la spiaggia, l’automobile, i balli, le canzonette) che già erano diffusi nei film precedenti ma adesso cambiano completamente di segno.

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A sua volta, poi, questo genere, che in fondo è un insieme di generi,( o meglio sottogeneri) si può ulteriormente suddividere in tre fasi:
1) la commedia del boom (1958-1964), che dura più o meno quanto il miracolo economico e ne racconta splendori e miserie,fallimenti e (poche) esaltazioni;
2) la commedia del dopo-boom (1964-1971),che descrive gli effetti della congiuntura e ripiega sul privato, anteponendo i temi civili a quelli sociali;
3) la commedia del (cosiddetto) ripensamento (1971-1980), che nell’attraversare gli anni più grigi della storia italiana recente riflette su se stessa, si giudica, si scrive il proprio epitaffio e infine si auto seppellisce.

Il NEOREALISMO (impegno civile e denuncia sociale) – IL COMICO e IL GROTTESCO – Miti e miraggi- Dimensione tragica della vita

Il genere che si impone nel cinema italiano a partire dalla fine degli anni ’50 e che prospera nel successivo decennio col nome di Commedia all’italiana succede ad un genere cinematografico che si era sviluppato a partire della fine della seconda guerra mondiale e per gran parte del decennio successivo, che prende il nome di Neorealismo. Fondato sull’impegno civile e la denuncia sociale, il cinema neorealista tendeva ad una rappresentazione essenziale ed “oggettiva”della realtà storica, rifiutando l’impiego di diverse convenzioni del cinema tradizionale: l’eroe stereotipato, gli attori professionisti, i soggetti convenzionali, il montaggio, l’accompagnamento musicale.

Alla fine degli anni ’50, alle soglie di quello che poi sarà definito il boom economico, l’industria cinematografica è attraversata da nuove esigenze. L’allargamento del pubblico implicava un allargamento delle tematiche fino a farle coincidere con la rappresentazione delle masse distribuite nelle città e nelle campagne. Questo richiedeva la revisione delle situazioni, degli ambienti e dei personaggi del cinema neorealista, per adattare un patrimonio di denuncia sociale e di temi popolari alle situazioni più morbide della commedia, soddisfacendo allo stesso tempo industria e società, incassi e immaginazione di massa. Il comico , la caricatura e il grottesco e lo humor alle porte, svolgevano la funzione di “rappresentare” da vicino e dal basso e rivelavano una tendenza a comunicare con il pubblico al di qua dell’affresco storico e immersi nella realtà minuta del quotidiano. L’immagine proposta era quella di un uomo continuamente teso verso i miti e i miraggi dell’ambiente in cui si trova; un ambiente profondamente diverso da quello “naturale” in cui il cinema neorealista era solito rintracciare e far vivere i personaggi. La tonalità dell’opera neorealista era fondamentalmente tragica. Rispetto al comico, il tragico è un modo contrapposto e complementare di rappresentare la società ed i rapporti fra l’individuo e l’ambiente naturale e sociale.