JULIAN ASSANGE E L’IPOCRISIA DELL’OCCIDENTE

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I giannizzeri della propaganda ultra-atlantista che accusano Putin di essere un tiranno non sono meno patetici del proverbiale bue che dice cornuto all’asino. Non perché questa accusa non sia in parte veritiera, ma per l’intento manipolatorio di chi la lancia, al fine di costruire una Dimensione Parallela che, come in un video game, divide il mondo in “buoni e cattivi”. In cui ovviamente i buoni siamo noi e Vlad Il Pazzo è il cattivo di turno che si oppone all’Impero del Bene. Poco importa che il tiranno goda di ampio consenso presso la sua popolazione e da essa abbia ricevuto mandato con elezioni democratiche.

Per il mainstream il capo di una nazione che non piace “alla gente che piace”, ma piace al suo popolo, altro non è che un volgare “populista”, non come Draghi, Macron e von der Leyen che piacciono alla crème de la crème della plutocrazia internazionale. Insomma la superiorità morale dell’Occidente non si discute così come non la discutevano i “conquistadores” europei delle due Americhe, i mercanti di schiavi o i colonialisti dell’Africa. Non nutro alcun dubbio sul fatto che la Russia non sia un paradiso di libertà, ma la cosa non riguarda l’Europa. Ciò che invece riguarda tutti noi è lo stato comatoso in cui versa la nostra democrazia e in particolar modo la nostra libertà di opinione e informazione.

A sostegno dell’imposizione arbitraria di misure illogiche e antiscientifiche, della cessazione dello Stato di Diritto e istituzione di uno Stato Permanente d’Eccezione, della privazione e poi trasformazione dei diritti costituzionalmente garantiti in concessioni, della limitazione di libertà individuali essenziali e infine della guerra per per procura della NATO contro la Russia, si è attivata una campagna di stampo squadristico caratterizzata da:

1. sistematica ridicolizzazione, censura e talora punizione del dissenso (radiazioni, licenziamento etc) al fine di silenziare ed emarginare quanti osino esprimere pareri diversi.

2. diffusione di notizie false (una fra tutte, la mappa dell’acciaieria bunker Azovstal presa da un gioco da tavolo) anche da parte delle più alte Cariche dello Stato, (si pensi alla conferenza stampa del 22 luglio 2021 in cui Draghi dichiarò che il Green pass ci dà “la garanzia di ritrovarsi tra persone non contagiose”);

3. manipolazione dell’informazione sia in ambito epidemiologico sia in quello militare;

4. istigazione all’odio verso un nemico (i no vax come nemico interno e i Russi come nemico esterno);

5. glorificazione nelle tv di stato delle milizie neonaziste che da 8 anni sono denunciate da Onu, OCSE e Amnesty international per crimini ai danni di civili russofoni;

6. negazione e minimizzazione di verità storiche.

Se durante la pandemia la repressione dei non conformi non è sfociata in forme di violenza fisica, ora questo rischio esiste. Mentre nei paesi occidentali perbenisti si moltiplicano atti intimidatori nei confronti dei russi e dei presunti filorussi, il governo ucraino ha attivato una lista di proscrizione ufficiale, Myrotvoretz, che chiunque può consultare.

Qui sono pubblicati nomi, cognomi, indirizzi di giornalisti considerati “ostili”. Andrea Rocchelli, giornalista italiano assassinato nel 2014 nel Donbass è segnalato come “liquidato”. Nella lista appaiono anche Nicola Rangeloni e Giorgio Bianchi che dal 2014 stanno lavorando nel Donbass.

“Ovviamente istituzioni e media occidentali, non hanno nulla da eccepire rispetto a questa barbarie. – ha commentato Bianchi – Provate per un attimo ad immaginare cosa si sarebbe detto, se fosse esistito qualcosa di simile, stilato però da Mosca. Con i media russi silenziati, con i pochissimi giornalisti controcorrente schedati e intimiditi, quando non addirittura torturati e sottoposti a processi farsa come Assange, con un’opinione pubblica che accetta in silenzio compiacente tutto questo, c’è ancora qualcuno che ha il coraggio di dire che siamo in democrazia”.

Il colossale scandalo del caso Assange è il simbolo del grande castello di carte della cosiddetta democrazia occidentale che si regge su una montagna di ipocrisia. La Suprema Corte Inglese ha dato il via libera per l’estradizione negli Stati Uniti, dove Julian Assange rischia una condanna fino a 175 anni per aver fatto il lavoro di giornalista investigativo, diffondendo notizie sui crimini perpetrati dall’Impero del Bene, in Afghanistan e Iraq, quelle “di cui il governo statunitense ha detto che non bisognava parlare e sui quali la Corte Penale Internazionale non deve indagare”(cit Stella Morris). Dal 2012 Assange è privo della sua libertà e dal 2019 è rinchiuso in un carcere di massima sicurezza, dove subisce le torture denunciate dal relatore ONU Nils Melzer. “Se Julian non sarà liberato, neanche voi sarete liberi. – ha detto Stella Morris, moglie di Assange, rivolgendosi ai giornalisti – Se domani voi venite in possesso di informazioni che rivelano crimini di guerra commessi da un paese della NATO, ricordando Julian vi sentirete costretti a cestinare quelle informazioni [..] vi sentirete costretti ad una vita di complicità. E’ dunque anche per la VOSTRA libertà che vi chiediamo di intervenire a favore della liberazione di Julian Assange”.

Il caso Assange ha smascherato la natura ipocrita della libertà di informazione e di opinione del mondo occidentale, palesando che, per l’Occidente, raccontare le atrocità commesse dai paesi “non amici” è eroico, mentre rivelare quelle degli Stati Uniti è criminale, mettendo davanti ai nostri occhi la ferocia di un Potere che sotto la maschera della democrazia, rivela la sua intima essenza tirannica.

Concludo citando uno dei più begli articoli della nostra Costituzione, il 21: “Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”

Miriam Alborghetti