Il segreto delle dipendenze

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A cura della Dottoressa Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta

Dottoressa
Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta

La dipendenza viene definita come un’“alterazione di un comportamento che diviene man mano una abitudine patologica, sulla quale il soggetto perde ogni possibilità di controllo”.

Il DSM-V distingue le dipendenze da sostanze (cannabis, eroina, cocaina, alcool, ecc) e le dipendenze comportamentali (gioco, pornografia/sesso, internet, cibo, affettiva)

Al di là delle classificazioni, le caratteristiche che legano tutte le dipendenze sono:

1- la perdita di controllo sulla sostanza o sul comportamento associata a vari tentativi falliti di smettere, un pensiero costante per procurarsi l’oggetto della dipendenza e un desiderio intenso ed irresistibile verso l’oggetto della dipendenza;

2- la compromissione e/o abbandono del contesto sociale in cui la persona è inserita (lavorativo, famigliare, scolastico);

3- il rischio (trovarsi spesso situazioni pericolose, la consapevolezza di avere problemi fisici, psicologici e nel mantenere la distanza);

4- l’assuefazione agli effetti della sostanza o del comportamento. Recenti studi hanno evidenziato che le diverse dipendenze modificano lo stesso circuito neurologico fatto di delicati meccanismi di neurotrasmettitori e di equilibri emotivi e cognitivi che si influenzano a vicenda. Il nostro cervello è programmato per leggere la realtà mantenendo un equilibrio tra le polarità piacere e dolore, che sono emozioni innate. La predominanza di una polarità porta uno “squilibrio” neurofisiologico.

Il “futuro dipendente” presenta una quadro di personalità caratterizzato da una bassa autostima, un grande senso di vuoto, uno stile di interpretazione della realtà in senso negativo e difficoltà nell’attuare soluzioni e risorse costruttive davanti alle incertezze. Considerando l’influenza che le caratteristiche di personalità hanno sulla biologia del SNC (Sistema Nervoso Centrale) del “futuro dipendente”, un elemento cruciale è “l’effetto WAW” che la sostanza o l’esperienza di gioco o di sesso danno la prima volta o le prime volte.

Questa sensazione non è necessariamente piacevole (pensiamo, infatti, allo “sballo”, all’assunzione di crack…non portano sensazioni fisiche e psicologiche piacevoli) ma è un’“esperienza anomala” che attira l’attenzione di una persona perché la fa uscire dal suo stato di disistima e noia. Non è, quindi, la ricerca del piacere il punto fondamentale della dipendenza. Il “futuro dipendente”, quindi, cerca di riprovare la stessa “sensazione WAW” che ha provato (il cervello) la prima volta. Si entra così in un “circolo vizioso” che si autoalimenta.

Mi spiego meglio. Il “futuro dipendente” prova per la prima volta una “sensazione WAW” che cerca di ri-provare; in questo modo inizia una lenta ma progressiva modificazione del SNC che col tempo e con le ripetizioni, diventerà cronica. Il risultato, alla fine, non sarà più “l’effetto WAW” ma una sensazione problematica, di estremo malessere fisico e psicologico, soprattutto fuori controllo. La persona non può più fare a meno della sostanza o della situazione a meno che non cerchi di “riprogrammare” il vissuto delle proprie esperienze di vita e trovare nuove soluzioni ad eventi problematici. In questo modo anche il SNC attraverserà un periodo di “riprogrammazione” che lo riporterà ad un nuovo equilibrio.

masin1970@gmail.com