Il problema in Italia è la libertà del cittadino?

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Quanto durerà questa “temporanea” reclusione? Il Ministero della Salute non si esprime, i medici e gli scienziati non lo sanno. Chi tenta delle ipotesi viene bannato. Eppure le più improbabili sembrano essere le più fondate. 

Sono pochi i cittadini indignati con le istituzioni per averci ridotto in questa condizione, stiamo pagando con la nostra libertà i tagli alla sanità pubblica, possiamo ammalarci a scaglioni dato i pochi posti letto disponibili. Questo è un fatto, non un’opinione. Un fatto che abbiamo potuto solo accettare e, da buoni italiani, “rimboccarci le maniche”. Però ora, nel sentire che il peso di tutto ciò ricada sulle spalle dei cittadini che lottano per mantenere la libertà di correre, camminare e vivere è troppo! Ricordiamo che in un paese civile questo non sarebbe avvenuto, il nostro è solo un paese dove si pagano le tasse anche sull’aria che si respira, e al cittadino in un momento d’emergenza sanitaria torna indietro: “Dobbiamo scegliere chi salvare”

Ricordiamo che le restrizioni sono nate per non intasare le strutture, non per proteggere e garantire la nostra salute. Poi il messaggio è cambiato: restate a casa perché così siete in salvo, restate a casa perché così non siete un pericolo per gli altri, restate a casa perchè così si torna prima alla normalità. Come sia possibile però non lo spiegano, forse non si può spiegare come un virus si combatte con la perdita della libertà. Attualmente è l’unico strumento che è stato adottato. Si sente altro? No. Nessuna istituzione, nessun medico, nessun sindaco spiega al popolo chiuso in casa cosa sia veramente questo virus, da dove arriva, come si combatte. Forse non lo sanno. Arriva solo ogni giorno alle 18 il bollettino dei decessi e dei nuovi contagi, all’imbrunire, per aiutare a coricarsi meglio, per tranquillizzare o inasprire gli animi? Con chi prendersela se non con il vicino spiato alla finestra?

E chi (il video da ascoltare le parole di Rosario Marcianò) ha provato a dire che i numeri non tornano, che i morti denunciati non sono tutti a causa del corona virus, passa inosservato o non viene creduto. Uno scienziato spiega come sia possibile che contemporaneamente in più parti del mondo si sia diffuso il virus e che il contagio non avviene tra un umano e l’altro (chi lo ha ascoltato? Qui è possibile)

Nessun politico, nessun capo di governo, nessuno dei tanti, che si arrogano il diritto di colpevolizzare il singolo cittadino per la  pandemia attuale ha fatto autocritica, chiesto scusa per le scelte scellerate fatte finora in merito alla sanità in Italia. Pochi di loro hanno donato qualche euro alla causa. Ma questo non è il punto.

Fondamentale è restare lucidi e riflettere sul fatto che siamo le vittime no gli untori, e restare uniti in quanto parte più debole che, unita forse diventerebbe la più forte. Uniti nel porre le domande giuste, e nel chiedere risposte chiare. Invocare i militari, le punizioni, l’oscurità? C’è necessità di credere che togliere dignità a noi stessi e agli altri mette fine all’incubo. Nel mare delle incertezze, un fatto certo è che non è colpevole il cittadino che vuole correre libero lungomare del punto in cui siamo, neanche il cittadino che tutti i giorni vuole comprare il pane fresco.

Ci viene detto che restare in casa è una situazione temporanea, che vuol dire, quanto durerà? Posticipano le date, aumentano le restrizioni a tappe e tutti noi subiamo senza avere il diritto di sapere chi, come, quando e perché. Viene chiesto un atto di fede, ma la storia parla e racconta che non sempre è stato saggio riporre fiducia, che proprio confidando sulla cieca stima è stato possibile mettere in atto le atrocità vissute. La paura di morire non deve annientare la personalità, il diritto di sapere e non deve mettere gli uni contro gli altri.

Se gli scienziati e i medici considerati tra i più autorevoli non hanno certezze sul “nuovo” virus che ci minaccia, perché scandalizzarsi se ad avere dubbi siamo noi commercianti, operai, elettricisti, impiegati o agricoltori? Chi osa esprimere perplessità oppure opinioni differenti dalla nenia diffusa viene tacciato di follia, insultato, additato, denunciato. É normale farsi domande: il cervello non è in quarantena.

Perché dobbiamo vergognarci nel mettere in dubbio questa escalation di repressione della libertà? A chiederselo è una giornalista in “Non arrendiamoci a ‘tacere e obbedire”, articolo  di Huffingtsonpost in cui si legge «Ma vi è anche un risvolto etico in questa politica della minaccia: non possiamo come cittadini accettare di portare sulle nostre spalle tutto il peso dei limiti del sistema sanitario – del resto deleghiamo le funzioni di governo, non governiamo noi». Invito alla lettura