Il Natale non è una dolce fiaba, ma un colpo di maglio alla morte

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La gioia del Natale è che in Cristo, la morte non è per sempre.

di Antonio Calicchio

E’ trascorso già qualche giorno dall’inizio del nuovo anno 2020. E – sempre – nei giorni precedenti ad ogni capodanno, una frenesia rapisce molti, sebbene inconsciamente: la spesa da portare a casa, per le cene di famiglia, gli ultimi regali, il traffico delle città, aggressivo e caotico, gli ipermercati traboccanti di cibo. Ovunque, echi di motivi musicali, propri del periodo di festa, Babbo Natale, luci ad illuminare le notti del solstizio di inverno; ovunque, segni di festa.

Ma se la sera, all’ora dell’uscita dagli uffici, si guardano i volti dei passeggeri sul metrò, tali volti appaiono stanchi, affannati e non lieti, come esigerebbe questo periodo. Come se sapessero tutto, a memoria, di questo tempo, appunto, che, ogni anno, torna uguale, e si adeguassero, per rispetto, alla tradizione, dei nonni, per rendere felici i bambini; come se rispondessero “auguri”, perché così fanno tutti. A camminare nelle nostre città, in questi giorni, viene fatto di pensare che questo periodo natalizio gonfio, pieno di cose, fastoso, abbia, da tempo, smarrito il suo baricentro, in una corale smemoratezza. O – forse – quasi in una vergogna: perché affermare che quel bambino in una grotta, duemila anni or sono, costituisce il cuore e il centro del mondo, sembra una fiaba. E gli adulti, sono restii ad ammettere di credere alle fiabe.

Ma occorre fermarsi a pensare: ai propri cari, ai genitori perduti, alle persone lontane o a quelle che sono scomparse, il cui ricordo, in alcune famiglie, rende strazianti questi giorni di festa; si pensi ai ragazzi, in quell’età in cui tutto è ancora promessa. E’ intollerabile l’idea che con la morte tutto finisca! Eppure, quotidianamente, la società “insegna” che ciascuno è – solamente – materia, chimica, trama di geni, che è semplicemente una “splendida” macchina, però, ordinata a finire. E’ il destino cui, in un film di Ridley Scott, Blade Runne, un replicante, vale a dire un clone dotato di una vita a termine, si ribella. Ma chi ha promesso la vita eterna?

La più grande, la più indicibile delle domande di senso si poggia su Cristo; e senza quel bambino, che venne al mondo a Betlemme, ogni speranza andrebbe perduta. Senza Cristo, si nascerebbe soltanto per morire. Ogni persona sarebbe incenerita nel nulla, come povera materia, che ritorna al suo muto destino. Pensiero insopportabile! Ma il cuore di queste festività natalizie rappresenta il principio della più grande rivoluzione. La gioia del Natale è questa, e cioè che in Cristo, la morte non è per sempre. L’evento del Natale non è una dolce fiaba: è, viceversa, un colpo di maglio alla morte, una linea secante che irrompe nello spazio e nel tempo, trasformandoli. Questa è la vera gioia del Natale, ovverosia la vittoria sulla morte: bisogna ricordarla, dirla, tramandarla, altrimenti ogni “augurio”, diviene un augurio vano ed inutile.

Poi, si è affacciato il nuovo anno, dinanzi al quale, molti esprimono la loro sfiducia, a causa del degrado della esistenza sociale, politica, economica, giuridica, religiosa della nostra epoca, specie sotto forma di disprezzo della vita, di mercificazione del tutto, di esasperato edonismo, di volgarità, di becera massificazione, di imperante prepotenza, di maleducazione, di cattivo gusto. Ma cosa occorre fare di fronte a tutto ciò? Come sosteneva Terzani, bisogna testimoniare i valori in cui si crede, ossia “prendere le decisioni che ci riguardano e quelle che riguardano gli altri, sulla base della moralità e non dell’interesse; facendo quello che è giusto, più che quello che ci conviene; educando i giovani ad essere onesti, anziché furbi”.

E divenire maggiormente selettivi nelle scelte dei giornali, dei libri, delle trasmissioni televisive. E’ necessario “sorvegliare” il nostro linguaggio, le nostre conversazioni, contro la volgarità, il rumore inutile di numerose parole vuote; affinare il gusto, coltivare l’intelligenza, che pure è una categoria morale, apprezzare l’approfondimento, la riflessione; recuperare la qualità delle relazioni umane e sociali, contro la superficialità di molti rapporti fondati sull’interesse e sull’opportunismo. Così da incrementare le risorse etiche, ed anche estetiche, come la bellezza, l’arte, la musica, la letteratura, la poesia e il silenzio nell’assordante assedio, che ci involge ed avvolge, cercando costantemente, in ogni età, un progetto da realizzare ed un obiettivo da raggiungere: solo in tal modo, la vita sarà sempre viva e palpitante!