Mi capita molto spesso durante il percorso di psicoterapia, di parlare del bambino interiore. Noi siamo quelli che siamo perché siamo stati. La nostra personalità, il nostro modo di rapportarsi agli eventi della vita quotidiana risentono di ciò che noi abbiamo vissuto nella nostra famiglia d’origine e nel contesto sociale dove eravamo inseriti che ci possono aver favorito o limitato nello sviluppo psicologico.
Dentro di noi portiamo noi stessi nelle varie età della vita. Come le Matrioska, la bambolina più grande contiene quelle più piccole: se si aprono si vedono le più piccole, se non si aprono si vede solo la più grande ma, al suo interno, ci sono le altre.
Tutte queste “me” nelle diverse età sono in connessione, se il bambino non ha subito esperienze traumatiche; in caso contrario è come se fossero separate e possono attivarsi in modo autonomo provocando vari disturbi/sintomi/disagi psicologici.
Mi spiego meglio: se durante l’infanzia un bambino è diventato un bambino adultizzato poiché, per esempio, uno dei genitori era ammalato e ha dovuto accudirlo e accudire i fratellini poiché l’altro genitore era assente, avrà imparato in modo molto veloce che i suoi bisogni e le sue emozioni devono essere messe da parte per affrontare la vita. Q
uesto non è un trauma con la “T maiuscola” (tipo un incidente stradale) ma è un trauma (accudimento inverso) reiterato e continuo che per il bambino era la “normalità” e che ha gli insegnato che prima vengono gli altri e poi, se capita, lui. Da adulto si può manifestare con attacchi di panico, disturbi dell’umore, dipendenza affettiva ma anche un’ottima capacità di risolvere i problemi in modo concreto ed efficientissimo.
In questo caso è come se il bambino fosse stato catapultato da un momento all’altro nel mondo dell’adulto, in un’età precoce e senza averne le risorse e le strumentazioni adeguate. Nell’adulto, questo bambino si fa sentire attraverso il sintomo.
Riprendendo l’esempio delle Matrioska, è come se ci fossero le bamboline più piccole e, poi, quella adulta; mancano le altre che rappresentano i diversi passaggi evolutivi. È come se avessimo una collana formata da 5 perle anziché 15: è sempre una collana ma incompleta. In queste situazioni, qual è l’obiettivo della psicoterapia?
Ovviamente è la riduzione e/o la scomparsa della sintomatologia presentata attraverso la connessione con il bambino interiore e con tutte le altre età. Il percorso è estremamente ricco di emozioni, di dolore, di ricordi, di connessioni e di rivalutazioni dei ricordi. Molto spesso emergono le difese che, in modo legittimo, tentano di proteggere la persona dalla sofferenza. Paradossalmente, però, queste difese proteggono apparentemente l’adulto ma in realtà proteggono il bambino interiore che è rimasto indifeso e sofferente.
La connessione dell’adulto con il bambino interiore si raggiunge in modo graduale e con delicatezza; alla fine l’adulto (vero) si prende cura idealmente del bambino interiore in modo tale da consolarlo, da non farlo sentire solo ma con una guida adulta.
Sembra una bella favola ma è ciò che succede nella realtà degli studi di psicoterapia e si raggiunge attraverso l’attivazione dei neuroni a specchio e la progressiva comunicazione tra corteccia cerebrale e sistema limbico. Quando si instaura questa connessione, la sintomatologia si riduce drasticamente ed è come aggiungere le perle mancanti alla collana. L’adulto diventa un adulto integrato.

Psicologa – Psicoterapeuta
Dottoressa Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta Psicologa Giuridico-Forense
Cell. 338/3440405
www.psicoterapeutamasin.it
Cerveteri Via Delle Mura Castellane, 60


































































