
Psicologo – Psicoterapeuta
I meccanismi psicologici di difesa sono comunemente usati da tutti noi, ne sono stati delineati una ventina ed agiscono a livello inconscio. Essi sono una strategia che la psiche utilizza per proteggerci dal prendere consapevolezza di desideri, bisogni, pulsioni, contenuti e rappresentazioni mentali potenzialmente angoscianti, disturbanti o in qualche modo fonte di sofferenza e che in noi si sono attivati, generandoci ansia.
Fu Freud il primo a descriverli e a capirne la funzione per l’equilibrio mentale e poi la figlia Anna, anche lei psicoanalista, continuò il lavoro del padre ampliandone la classificazione. Da allora per gli psicoterapeuti che lavorano seguendo un orientamento psicoanalitico o psicodinamico i meccanismi di difesa sono un elemento centrale del lavoro con il paziente, nel senso che uno degli obiettivi del lavoro terapeutico è quello di aiutare il paziente a capire in quali modi – cioè attraverso l’utilizzo di quali meccanismi di difesa – egli gestisce l’angoscia.
Ulteriore passo del lavoro con il paziente è poi quello di capire assieme a lui che cos’è che gli fa provare un senso d’angoscia: quali contenuti mentali, conflitti, pulsioni, emozioni, etc. Tra i meccanismi psicologici di difesa troviamo “La proiezione”: in base ad essa qualcosa di proprio, di interno, viene disconosciuto, considerato proveniente dall’esterno ed attribuito a qualcun altro.
Ma facciamo un semplice esempio, dato che la proiezione è uno dei meccanismi di difesa più utilizzati un po’ da tutti noi in certi momenti della vita: se una persona giocando a pallone tira e sbaglia facilmente il gol e si arrabbia non con se stesso, ma con il compagno che gli ha passato il pallone, a suo dire male, allora sta usando la proiezione. Questa però, è bene sottolinearlo – il che vale per tutti i meccanismi di difesa – sarebbe in azione se tale persona attribuisse la responsabilità di un suo errore al compagno di squadra senza rendersene pienamente conto, ovvero ad un livello inconscio.
Se invece egli dovesse sapere di attribuire la responsabilità ad altri per “salvarsi la faccia” davanti alla ragazza o al mister che lo stanno guardando, etc. allora – poiché lo farebbe con consapevolezza – non starebbe usando un meccanismo di difesa (la proiezione, in questo caso), ma starebbe più banalmente mentendo.
A che serve allora la proiezione in questo caso? Beh, per evitare al nostro calciatore il senso di colpa per l’errore fatto, la frustrazione e la rabbia contro se stesso, tensioni e malessere che impiegherebbe forse molto tempo per “smaltire”…
Ma se la psiche interviene automaticamente ed inconsciamente per convincerlo che “è l’altro” quello che ha sbagliato ed è in errore, ecco che potrebbe evitarsi tanti dispiaceri … Se poi in aggiunta il nostro protagonista calciatore, è una persona ipercritica e severa con se stessa, estremamente competitiva, che ritiene che l’errore sia una colpa, allora potrebbe rimuginare sul proprio errore per molto tempo prima di potersi perdonare e ritrovare la serenità. Se la proiezione viene usata massicciamente da una persona, quasi come unico meccanismo di difesa di cui disporre per affrontare qualunque possibile angoscia, essa diventa altamente disfunzionale ed infatti questo è il caso delle personalità paranoidi, che vedono minacce ovunque, disconoscendo intere parti della propria personalità: sono sempre “gli altri” che …
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Dottor Riccardo Coco
Psicologo – Psicoterapeuta Psicoterapie individuali, di coppia e familiari.