DOPO UN ANNO NULLA É CAMBIATO.
Chiude l’agricoltura, che cosa mangiamo?
Riparte la protesta degli agricoltori in presidio a Torrimpietra e una nuova richiesta di intervento al governo affinché vengano predisposte misure urgenti e concrete a tutela delle loro aziende. La protesta degli operatori della terra ha fatto tappa a Civitavecchia con un corteo di oltre venti trattori e un camion che hanno attraversato la città.
“Siamo arrivati anche a Orbetello e Roma. Siamo tornati in strada perché il governo, le associazioni non ci ascoltano”. Presidio di Torrimpietra, il coordinatore Marco Lovato.
Chiude l’agricoltura, che cosa mangiamo? Con questo grido lo scorso anno gli agricoltori portavano l’attenzione di cittadini e istituzioni verso i sempre più numerosi disagi nello svolgere il loro lavoro con dignità. Era giusto il mese di febbraio quando lungo la via Aurelia spuntavano i primi trattori, con un presidio fisso gli agricoltori e gli allevatori del litorale nord si univano al resto d’Italia e di Europa nell’intento di tutelare l’intero settore. Anche il consumatore. Perché se crolla l’agricoltura rimangono solo i prodotti industriali. Una riflessione seria è d’obbligo oggi più di allora. “Perché manifestiamo? Perché non vogliamo essere strumentalizzati dalle multinazionali e chiediamo il giusto prezzo per i nostri prodotti” dichiaravano allora. A un anno di distanza, nulla è cambiato.
Quanto prodotto e immesso sul mercato viene pagato alle aziende agricole, al di sotto del costo di produzione, mentre si riscontrano prezzi elevati per il consumatore finale: un meccanismo dove solo le grandi multinazionali guadagnano.
Prosegue Lovato: “Quest’anno il grano lo stanno pagando 28 euro al quintale, quando il consumatore paga il pane 3,20/3,50 al chilogrammo”.
Bloccare la concorrenza sleale e snellire la burocrazia che appesantisce le aziende al fine di tutelare prodotti agricoli e territorio. Sono gli interventi più urgenti richiesti da una categoria troppo spesso ignorata, anche dal consumatore che non sempre distingue il prodotto locale da quello estero, venduto a prezzi più bassi.