DOPO L’INFARTO CARDIACO: PREVENZIONE SECONDARIA

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Quali sono questi fattori di rischio?

Alzheimer
rubrica-Aldo-Ercoli

Nel post-infarto del miocardio, i pazienti sopravvissuti ad uno Stemi (infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST) sono tutti ad alto rischio di andare incontro a nuovi eventi ischemici: entro un anno dalla dimissione ospedaliera – universitaria l’infarto ricompare in circa il 10% dei casi. La responsabilità del medico di medicina generale è quella di un’attenta sorveglianza clinica in stretta collaborazione con il cardiologo.

Nel trattamento terapeutico a lungo termine è necessario valutare i fattori di rischio coronarico, tenendo ben presente che << la maggior parte dei casi di Stemi è provocato dall’ostruzione di un’arteria coronarica principale e la riduzione del flusso sanguigno sono generalmente dovuta alla rottura di una placca aterosclerotica>> (ESC Guidelines. European Heart Jourual 2009).

Quali sono questi fattori di rischio? Fra tutti gli interventi di prevenzione secondaria la misura più efficace è l’abolizione del fumo. Chi smette di fumare ha una riduzione di almeno un terzo di mortalità rispetto a coloro che continuavano a fumare. Quest’ ultimi, i fumatori nel postinfarto, presentano una probabilità due volte sue priore di sviluppare un nuovo Stemi. Altro fattore essenziale è la dieta e la riduzione del peso corporeo. Si basa sul ridotto introito di sale e grassi saturi, sul modico consumo di alcolici a bassa gradazione. L’attività fisica, per i pazienti non ad alto rischio, deve essere di tipo aerobico di lieve – moderata intensità per almeno cinque giorni alla settimana. Ciò vale anche per i soggetti anziani.

Il controllo della pressione arteriosa, modificando lo stile di vita ed assumendo i necessari farmaci antipertensivi, deve ottenere valori pressori inferiori a 130 max e 80 mmHg min. Per quanto concerne la dislipidemia è essenziale soprattutto il controllo dell’ipercolesterolemia: livelli del colesterolo LDL (quello “cattivo”n.d.r.) devono essere inferiori a 100 mg/die.

La terapia antipiastrinica ed anticoagulante? Nel 2002 metanalisi di studi randomizzati con terapia antipiastrinica (dosaggi di aspirina compresi tra i 75 e 325 mg/die) avevano evidenziato una riduzione di nuovi infarti, ictus e decessi nel 25% dei pazienti postinfartuati. Nei pazienti con STEMI ad alto rischio (es. fibrillazione atriale, valvola meccanica, presenza di trombo nel ventricolo sinistro, età superiore ai 75 anni) l’associazione aspirina (farmaco antiaggregante) e terapia anticoagulante orale ha permessi di prevenire i tre eventi avversi maggiori, con un solo episodio di sanguinamento importante , in maniera efficace in 1000 pazienti trattati rispetto all’impiego orale della sola aspirina (F.Androtti e altri. EVR Heart J. 2007).

Un’eccellente alternativa in questi pazienti con rischio maggiore è l’associazione degli anticoagulante orali con un breve ciclo di clopidogrel. Va evitato l’impianto di STENT medicati nei soggetti che necessitano di anticoagulazione orale. Gli inibitori dell’enzima di conversione (Ace inibitori) hanno dimostrato una chiara riduzione della mortalità nei pazienti postinfartuati con disfunzione ventricolare sinistra inferiore al 40% (Pleffer M.A. e altri. N.Engl. J. Med. 1992).I betabloccanti determinano una riduzione della mortalità e delle recidive del 20-25% nei pazienti sopravvissuti a infarto.

Vanno pertanto somministrati indefinitivamente in tutti i pazienti sopravvissuti ad uno STEMI che non presentano controindicazioni (es. asma bronchiale). In questi casi è bene ricorrere ai calcioantagonisti (es. diltiazem 300 mg/die). I nitrati, sia per via orale che trans dermica, non migliorano la prognosi.

Per quanto concerne infine i farmaci antialdosteronici l’inibizione dell’aldosterone può essere utile nei pazienti post STEMI (infarto del miocardio con sopraslivellamento del tratto ST). con F.E. (frazione di eiezione) inferiore al 40% e scompenso cardiaco, o diabete ed in presenza di valori di cretininemia inferiore a 2,5 mg/dl negli uomini e 2,0 mg/dl nelle donne, con una potassiemia inferiore a 5 mg/l (Esc linee guida 2009).

A tutto ciò, nella profilassi secondaria dello STEMI va aggiunta il controllo della pressione arteriosa (inferiore a 130 max/80mmHg min),il trattamento dell’eventuale diabete (emoglobina glicata inferiore 6.5%) e della dislipidemia (colesterolo tot 176 mg/die, LDL 100 mg/die).