DALLA SARS DEL 2003 AL COVID-19 DI OGGI

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piano pandemico
Dottor Professor Aldo Ercoli
Dottor Professor
Aldo Ercoli

Era il 2003 quando, quale broncopneumologo e medico di famiglia massimalista, andai a Firenze per frequentare un corso sulla Sars che allora imperversava e faceva vittime in Estremo Oriente. Qui mi ritrovai con altri colleghi specialisti giunti da ogni parte del nostro paese.
Mi fu rilasciata una specie di attestato, un “patentino”, che mi consentiva di tenere conferenze nel nostro litorale ai medici di base per informali sui rischi dell’affezione virale e su come avremo dovuto affrontarla qualora l’epidemia fosse diventata pandemia e arrivasse anche qui da noi.
Invece la Sars, dovuta sempre ad un coronavirus, non ci colpì, si fermo in Oriente. Già allora c’era una bozza di piano pandemico poi elaborato meglio tre anni dopo, nel 2006, finalizzato a contrastare nuove epidemie che si prevedeva avrebbero potuto raggiungerci.

Arrivò, sempre da quel lontano territorio, la Mers che si fermò nei Paesi Arabi. Fummo graziati. Fummo cosi risparmiati per la seconda volta. Quando nel settembre 2019 partì sempre dalla Cina, a Huan, l’epidemia Sars2 – Covid-19 non ci preoccupammo quando nel paese asiatico, a Gennaio e Febbraio, ci fu un epidemia devastante. Confidammo nello “stellone” italiano, tutti (o la quasi totalità dei cosiddetti esperti) disse che non sarebbe mai arrivato da noi. Inviammo mascherine ed altro materiale sanitario a quella popolazione. Una sciagurato ottimismo ci portò a ritenere che si trattava di una banale forma influenzale e che, comunque, nel peggior dei casi eravamo prontissimi ed attrezzati per sconfiggerla. Peccato che le cose non stavano cosi.
Quel piano pandemico dal 2006, rilevato da Report su Rai3 e confermato dal cordinatore della sede veneziana degli uffici dell’OMS, non era stato aggiornato, era rimasto tale. Pensate invece se ci fossimo veramente preparati alla pandemia che poi ci avrebbe ferocemente colpito, per primi in Europa, nei mesi di marzo-aprile, proprio nel cuore nordico delle nostre zone più produttive e con forti legami economici con la Cina. Il resto dell’Europa pensò scioccamente che fosse solo un problema italiano invece la pandemia non risparmiò nessuno (eccetto l’Africa subsahariana), travalicò facilmente l’Atlantico per devastare tutto il continente americano.
Non possiamo consolarci, di fronte al grande numero di vittime da Covid19, di non essere stati i soli a sottovalutare il pericolo. Se quel piano pandemico del 2006 fosse stato aggiornato fino ai nostri giorni ci sarebbero stati dei nuovi corsi informativi per la medicina territoriale, ci saremmo veramente forniti di mascherine, guanti, tute, visiere “da astronauti”; avremmo ampliato le nostre terapie intensive e assunto più medici. Avendo purtroppo tagliato esageratamente i fondi alla Sanità negli ultimi 12 anni non avevamo più risorse economiche. Non si fece nulla di veramente efficace per difenderci.

Nei miei ricordi, tra le altre conferenze, mi ricordo un importante convegno sulla Sars tenutasi nel 2003 all’Hotel Midas Palace di Roma, vicino alla statale Aurelia. I relatori erano due colleghi pneumologi dell’Ospedale Villa San Pietro (vicino dove ero nato e vissuto fino a 8 anni) ed io ero nella veste di “cheremen”; di moderatore, una gradino un po’ più alto. Moderavo il dibattito dando la parola ora ai medici di base (circa un centinaio) ora ai relatori. Il mio rammarico e di non aver potuto fare nulla, nel mio piccolo, almeno nel territorio dove vivo, per prevenire con mezzi idonei l’affezione virale. Ho potuto solo combatterla, senza le dovute protezioni. Sono stato colpito anche io ma poi sono completamente guarito (13 novembre) e ho ripreso subito il mio lavoro, senza un giorno di convalescenza. Più di 240 colleghi che combattevano in prima linea (sia in Ospedale che sul territorio) non ce l’hanno fatta. Il tributo che abbiamo pagato assieme agli infermieri e addetti sanitari è stato alto.