Il nome comune Cicoria (Cichorium intybus) è anche chiamata in Italia Radicchio (la rossa di Lombardia).
E’ una pianta selvaggia (Chicorée sauvage in francese; Wild chicory in inglese). Pianta che può essere annuale, biennale o perenne che nasce spontanea nei campi e nei terreni sabbiosi.
Un vegetale dai fiori azzurri e foglie per lo più frastagliate. Citata nel papiro di Eberes, ritenuta un digestivo efficace da Santa Ildegarda e prima ancora da Discoride, fu definita amica del fegato da Galeno, perché colagoga e coleretica.
Prescritta da Leclerc, come diuretica e consigliata come tonico generale da Decaux, solo più recentemente fu presa in considerazione da Baelden e dall’italiano Arullani come antidiabetica.
Quel fiore azzurro cielo estivo, senza nubi, è forse un segnale? Ci sta ad indicare che c’è qualcosa di buono da mangiare e da utilizzare in fitoterapia? Chissà.
Certo è che tradizionalmente, le figlie e le radici della pianta, vennero da sempre impiegate nei disturbi epatici, come sintomatici nelle turbe digestive (meteorismi, digestione difficoltosa); anche come depurativi e diuretici (Leclerc) per la presenza dell’acido dicaffeiltartarico.
Quel sapore amarognolo e le proprietà eupeptiche sono invece dovute a lattoni sesquiterpenici (lattucina e lattucopicrina).
La Cicoria ha una azione, modesta ma dolce, lassativa. E’ indicata, oltre che nelle dispepsie e nelle stipsi, anche quale “drenaggio” epato – renale.
In quest’ ultimo caso mi sembra un’esagerazione: ben più potente è l’azione del Tarassaco officinalis e, specie a livello delle cellule epatiche, dal Cardo mariano. Quel fiore è sempre azzurro cielo, le foglie oltre che verdi possono essere anche bianche e rosse.
Quel fiore, quel celeste segnale, può starci a segnalare un’altra importante, già citata, azione antidiabetica, utile nell’iperglicemia (diabete tipo II). Non è la sola in fitoterapia: Bardana (Arctium lappi); Galena (attività incostante); Olivo (Olea europea); Fagiolo (Phasealus vugaris); Pimpunella spinosa (Potentium spinosum); Syzygium cumini; Mirtillo nero (Vaccininum myrtillus).
Si tratta però, in tutti questi casi di un’azione coadiuvante nella terapia del diabete mellito di tipo II.
Credo che Cychorium intybus, la Cicoria, abbia qualche cosa in più delle altre, pur senza tuttavia sostituire gli ipoglicemizzanti orali ne, assolutamente, la terapia insulinica.
Negli anni trenta (dal 1937 al 1939) insistette molto in Italia C. Arullani (Problema alim.) sulle proprietà ipoglicemizzanti della pianta.
Dopo un pasto a base di 200 – 300 gr di Cicoria ricavò tutta una serie di curve glicemiche che dimostravano, sia con l’ingestione della Cicoria, che della sua acqua di cottura, un costante abbassamento della glicemia. (E. Campanini. Dizionario di fitoterapia e piante medicinali. 1998).
Maliziosamente sono del parere che non si sia insistito su queste ricerche perché ritenute poco convenienti economicamente in terapia. Purtuttavia un bel piatto di Cicoria dopo pranzo e dopo cena, come suggerito dall’Arullani, sia assai benefico specie nelle forme di iperglicemia con valori non troppo elevati e comunque, anche solo come coadiuvante, in tutti i diabetici.
In un certo numero di casi ho constatato personalmente che la Cicoria è in grado di contenere, entro certi limiti, l’aumento della glicemia dopo un pasto a base di carboidrati.
Riepilogando la Cicoria selvaggia possiede un’attività amaro – tonica, depurativa, diuretica, dolcemente lassativa, coleretica – cologoga. Aggiungiamoci quella antidiabetica. E’ salutare e … costa poco.