Computer quantistico: dal sogno alla realtà

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computer quantistico
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di Giuseppe Vatinno

Spesso si sente parlare di computer quantistici e subito l’immaginazione va ad Einstein ed a astruse teorie scientifiche. In effetti, la meccanica quantistica (m.q.) è una parte della Fisica molto complessa che ancora pone degli interrogativi agli scienziati. Prima di parlare dei computer quantistici dobbiamo parlare di lei. Il fenomeno base della m.q. è il cosiddetto “entanglement quantistico”. Con questo termine intendiamo il fatto che due particelle che si sono incontrate almeno una volta rimangono, come dire, “aggrovigliate” insieme per sempre e cioè se cambia lo stato di una allora cambia immediatamente anche lo stato dell’altra, non importa quanto essa sia lontana nello spazio. Ad esempio, una proprietà delle particelle è quella di ruotare intorno al proprio asse in un verso oppure nell’altro, orario e anti – orario. Questa proprietà si chiama “spin”. Orbene, grazie all’entanglement, se si modifica lo stato di spin di una, immediatamente si modifica anche lo stato di spin dell’altra (lo spin totale deve rimanere uguale), come se le due in qualche maniera comunicassero istantaneamente. Questo fatto è conseguenza di un altro fenomeno caratteristico della m.q. e cioè che una particella, come ad esempio un elettrone, può essere considerato contemporaneamente sia particella che onda e in un qualche senso si può trovare nello stesso tempo in due posti diversi, ma se lo si osserva è costretto a “collassare” in uno solo. Questa è la proprietà utilizzata dai computer quantistici per accelerare enormemente i calcoli. Vediamo perché. Un computer, di base, funziona su una sequenza di stati “acceso”, “spento” ovvero, matematicamente “1” e “0”. Tali valori di base si chiamano in informatica classica bit. Questi stati sono segnati da elettroni che formano la corrente elettrica. Grazie al fenomeno dell’entanglement questi elettroni si possono invece trovare contemporaneamente in più “posti” o stati elettrici e quindi possono essere utilizzati non solo per segnare, classicamente, lo zero e l’uno, ma anche tutti i valori intermedi, virtualmente infiniti Questi valori di base si chiamano in informatica quantistica qbit da “quantum bit”. Si capisce quindi che un computer quantistico è in grado di sfruttare molti più stati elettrici contemporaneamente e quindi può svolgere calcoli in parallelo che i computer normali non sarebbero in grado di compiere se non in tempi grandissimi.

I computer quantistici non sono elucubrazioni, ma già esistono. Il primo è stato prodotto dalla IBM nel 2001 ed era a 7 qbit. Nel 2019 Google ha prodotto il più potente computer quantistico al mondo a 54 qbit. Questo modello ha realizzato il sogno della cosiddetta “supremazia quantistica”, cioè è in grado di risolvere in pochi secondi calcoli che i più grandi computer tradizionali farebbero in migliaia di anni. Tale possibilità apre la strada a tantissime applicazioni pratiche che esigono una grande quantità di calcoli, come ad esempio simulazioni di problemi scientifici complessi, alle progettazioni di grandi infrastrutture e, soprattutto utile in questi tempi, la possibilità di simulare nei minimi dettagli l’azione di molecole farmacologiche.