Come morì la Gioconda di Leonardo?

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Monna Lisa Gherardini, immortalata dal genio di Vinci, fu colpita da  iperlipidemia familiare e aterosclerosi precoce

di Arnaldo Gioacchini

Non vi è notizia che riguardi l’operato e quanto d’altro concernente Leonardo da Vinci (fra l’altro nato ad Anchiano a pochi chilometri da Vinci ma non a Vinci stessa) che non susciti molto interesse o non faccia un certo “rumore” per tutta una sommatoria di motivi che non sto qui ad elencare. Il prossimo anno, come è o dovrebbe essere noto, decorrono 500 anni dalla morte del Genio dei Geni e per quanto mi concerne studiando questo straordinario Personaggio (figlio illegittimo del notaro Ser Piero e di una sua domestica/schiava mediorientale  facente di nome Caterina ) la sua vita (letta e riletta ad iniziare dai  fondamentali scritti sia dell’Anonimo Gaddiano che del Vasari), i suoi luoghi (ipervisitati nei più riposti dettagli) e le sue opere, i suoi disegni ed i suoi codici ( il tutto visto e rivisto con una ammirazione smisurata – “purtroppo” solo per quanto esposto al pubblico) ed i musei (più o meno validi, a Lui dedicati, tutti molto assiduamente frequentati) con grande umiltà considerandone l’immensa statura culturale del Genio (solo parzialmente espressa da quanto da Lui realizzato). Sono ormai ben oltre 50 anni che incamero notizie sull’Uomo (che mi affascinò subitaneamente) e su quanto da Lui effettuato, per cui penso di scriverne ( solo quando è  necessario) con un minimo di cognizione di causa e con la massima umiltà possibile. Anche perché, in un’epoca nella quale le notizie “volano” fin troppo? (che bel dibattito, in proposito, è in corso a livello mondiale), sull’immenso Leonardo circolano un buon numero di  “facezie” vere o presunte che si possono schivare solo tenendo le “antenne” ben diritte in materia al fine di ben parametrarle con i propri livelli cognitivi in proposito, sedimentatisi in più di mezzo secolo di personali studi leonardeschi, sì da prendere in considerazione, ai fini valutativi, almeno quelle che hanno delle buone fondamenta e delle valide origini scientifiche. Andiamo al dunque della notizia del titolo: Dato (per assunto) che il ritratto della Gioconda è quello della nobildonna fiorentina Monna Lisa Gherardini (dal che la Monna Lisa) ecco ciò che in proposito, in questi giorni, ci giunge da oltre oceano esattamente dagli Stati Uniti d’America ove il prof. Mandeep R. Mehra direttore medico del prestigioso Heart & Vascular Center del Brigham and Women’s Hospital in una lettera al direttore pubblicata sulla rivista Mayo Clinic Proceedings sostiene che il personaggio (straordinariamente enigmatico come universalmente riconosciuto) ritratto nella Gioconda appunto la nobile Monna Lisa aveva qualche, non trascurabile, problema di salute; scrive, fra l’altro, il prof. Mehra: “Capelli estremamente sottili, un colorito tendente al giallastro e un possibile accenno di gozzo come appare nel dipinto della nobildonna che soffriva probabilmente di ipotiroidismo “affetta dopo la gravidanza” cioè scarso funzionamento della ghiandola tiroidea”. Ma sullo stato affatto buono di salute del personaggio formidabilmente ritratto (con dentro tutta la misteriologia pittorica leonardesca possibile ed immaginabile) dal Genio dei Geni, in proposito mi viene ben da ricordare come, già nel 2004, reumatologi ed endocrinologi dissero che lesioni cutanee e gonfiori della mano visibili nel ritratto potrebbero essere indicativi di un disturbo lipidico e di una malattia cardiaca. Nello specifico l’iperlipidemia famigliare e l’aterosclerosi precoce che potrebbero aver causato la morte della donna. Ed a proposito di Leonardo viene voglia di citare un breve passo estrapolato da quanto scrisse su di Lui l’Anonimo Gaddiano (che poi tanto anonimo non fu in quanto quasi certamente riconoscibile in Bernardo Vecchietti  influente e dotto politico della corte di Cosimo I dei Medici – “gaddiano” in quanto i suoi scritti facevano parte della pregiatissima collezione della famiglia Gaddi): Fu tanto raro e universale, che dalla natura per suo miracolo esser produtto dire si puote: la“quale non solo della bellezza del corpo, che molto bene gli concedette, volse dotarlo, ma di molte rare virtù volse anchora farlo maestro. Assai valse in matematica et in prospettiva non meno, et operò di scultura, et in disegno passò di gran lunga tutti li altri. Hebbe bellissime inventioni, ma non colorì molte cose, perché si dice mai a sé medesimo avere satisfatto, et però sono tante rare le opere sue. Fu nel parlare eloquentissimo et raro sonatore di lira et fu valentissimo in tirari et in edifizi d’acque, et altri ghiribizzi, né mai co l’animo suo si quietava, ma sempre con l’ingegno fabricava cose nuove.” Quasi, in un certo senso, in un fil rouge dell’alto pensiero suddetto, scrive Giorgio Vasari (fra l’altro, come è noto, ottimo pittore lui stesso oltre ad essere un formidabile “cronista” del Rinascimento) in un passaggio della Vita di Leonardo: “Grandissimi doni si veggono piovere dagli influssi celesti ne’ corpi umani molte volte naturalmente, e sopra naturali, talvolta, strabocchevolmente accozzarsi in un corpo solo bellezza, grazia e virtù, in una maniera, che dovunque si volge quel tale, ciascuna sua azzione è tanto divina, che lasciandosi dietro tutti gl’altri uomini, manifestamente si fa conoscere per cosa (come ella è) largita da Dio e non acquistata per arte umana. Questo lo videro gli uomini in Lionardo da Vinci, nel quale oltra la bellezza del corpo, non lodata mai a bastanza, era la grazia più che infinita in qualunque sua azzione; e tanta e sì fatta poi la virtù, che dovunque l’animo volse nelle cose difficili, con facilità le rendeva assolute. La forza in lui fu molta e congiunta con la destrezza, l’animo e ‘l valore, sempre regio e magnanimo. E la fama del suo nome tanto s’allargò, che non solo nel suo tempo fu tenuto in pregio, ma pervenne ancora molto più ne’ posteri dopo la morte sua”. A pensare che il primo  forte “innamoramento” per Leonardo da Vinci me lo ispirò mio nonno Arnaldo ( uomo semplice e colto nello stesso tempo) che, all’epoca di ciò che segue, aveva più di 60 anni, ed io bambino ne avevo, più o meno, sette, il quale stirando completamente, senza molto sforzo apparente, le “famose” cinque molle di acciaio (nella nostra zona di Trastevere a Roma c’era solo un giovanotto detto (non a caso) “il Toro” che lo faceva oltre a mio nonno) mi disse che in fondo ciò non era un gran che perché un grandissimo Ingegno del passato che si chiamava Leonardo da Vinci piegava completamente una spessa sbarra di ferro anche lui con la sola forza delle braccia. Mi ricordo ancora oggi che nonno Arnaldo mi disse “Arnaldì tu lo sai vero chi è stato Leonardo da Vinci?” risposta: “No nonno non lo so, ma me lo hai detto tu ora che era un grande forzuto più forte di te”. Al che mio nonno mi fece sedere, accanto a lui, sulla sedia della sua latteria e mi raccontò,con la giusta affettuosa semplicità,tutto quello che sapeva sul grande Genio aggiungendo subito alla fine, vedendomi presissimo ed affascinato da quanto mi aveva appena narrato: “Se poi vuoi saperne molto, ma molto di più, c’è un amico di nonno, il prof. Mario che insegna al liceo,dove spero un giorno tu andrai, che ti parlerà di questo Genio toscano”. Pochi giorni dopo il prof. (di Lettere classiche) amico di mio nonno era seduto intorno al tavolino della latteria, fra me e lui, a raccontarci, mentre degustava una buonissima granita di limone (preparata da mia madre), dell’immenso Leonardo da Vinci; eravamo tutti (d’estate nel mattino di una bella e pulita mattinata di mezzo  luglio) sotto un bel platano di Viale Glorioso rinfrescati da una leggera brezza di ponentino che all’epoca ancora entrava in Roma non essendo stati ancora costruiti i “blocchi murari” dei palazzoni fatti poi successivamente. Dimenticavo di dire che poco dopo, sorbendo il suo solito caffè freddo, si unì al nostro trio, ad ascoltare, anche lui con grande attenzione, il prof. Mario, un altro importante amico di famiglia l’avv.Vincenzo Leone (in arte teatrale e cinematografica conosciuto con lo pseudonimo di Roberto Roberti) il padre del più grande, sensibile, generoso, stupendo Amico che la mia famiglia ed io abbiamo mai avuto, il formidabile Sergio Leone del quale, fra l’altro, l’anno prossimo ricorreranno i trenta anni dalla sua troppo immatura scomparsa.