Arriva al cinema la vita della figlia prediletta del noto economista tedesco: “Miss Marx”. Per Susanna Nicchiarelli, che l’ha scritto e diretto, è stata la prima volta in concorso ufficiale a Venezia. Il film è prodotto da Vivo con RAI Cinema e il contributo del MiBAC.
di Barbara Civinini
Niente racconta di più di una persona del modo in cui muore, scriveva García Márquez ne L’amore ai tempi del colera e questa certamente è la chiave di lettura per l’ultimo film di Susanna Nicchiarelli: Miss Marx. Tussy, la figlia piccola e prediletta dell’ingombrate padre Karl, l’autore de Il Capitale, si uccide con l’acido prussico dopo aver appreso l’ultimo tradimento del suo amatissimo Edward Aveling (Patrick Kennedy).
Lo aveva conosciuto alla Social Democratic Federation, dove era stata eletta nei quadri dirigenziali, non ancora trentenne. Un amore militante che alla lunga le si rivelò, sorprendentemente, fatale. Eleanor, classe 1855 – interpretata da una brava Romola Garai – non solo era una donna politicamente impegnata, ma amava la letteratura, soprattutto Shakespeare, che citava a memoria, e il teatro. Il suo sogno segreto era fare l’attrice. Sembra che avesse messo in scena una versione di Casa di bambola di Ibsen, in cui lei interpretava Nora e il suo Edward Torvald, con Georg Bernard Shaw – suo amico d’infanzia – nei panni di Krogstad. Trovava tempo anche per le traduzioni: si dedicò ad alcune opere di Flaubert e alla prima versione in inglese di Madame Bovary.
Presentata alla Biennale di Venezia – la prima volta in concorso per Susanna Nicchiarelli, che l’ha scritta e diretta – la storia di Eleanor con la sua apparente incongruenza tra dimensione pubblica e privata, dice la regista, apre un abisso sulla complessità dell’animo umano, sulla fragilità delle illusioni e sulla tossicità di certe relazioni sentimentali. In un momento in cui la questione dell’emancipazione è più che mai centrale, la vicenda di Eleanor ne delinea tutte le difficoltà e le contraddizioni, prosegue. È per via dell’attualità di questa storia che ho cercato di allontanarmi dai film di tradizionale ambientazione ottocentesca. La mia idea, spiega, era di affrontare il genere del film storico e in costume lavorando su questi cliché fino a capovolgerli. La Nicchiarelli, insomma, ha voluto raccontare soprattutto una storia fatta di relazioni, ispirandosi, come dice apertamente, ad Adèle H, rappresentando un XIX secolo diverso, a cominciare dall’immagine stereotipata del “povero” ottocentesco, sempre un po’ fasulla e rassicurante.
Dunque, una storia di personaggi e non di folle, ben lontana dalle scene di massa del movimento operaio. Il film vuole dare un’immagine diversa di quell’epoca, con la fotografia di Crystel Fournier e la scenografia di Alessandro Vannucci, guardando alla pittura di quegli anni, per esempio agli impressionisti, che sono stati una fonte inesauribile per il racconto della quotidianità. Le musiche sono del gruppo punk rock americano Downtown Boys, che hanno arrangiato anche una loro versione de L’Internazionale, mentre per le scene sentimentali sono stati scelti dei brani di Chopin e Liszt, rifatti dai Gatto Ciliegia Contro il Grande Freddo. Il film è prodotto da Vivo con RAI Cinema, con il contributo dei Beni Culturali.