CERVETERI, UN CENTRO SENZA CENTRO

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1961
centro storico
© A. A.

Le botteghe e le piccole attività artigianali chiudono mentre gli spazi di socialità si restringono in un inesorabile processo di periferizzazione.

di Angelo Alfani

Sarà che Novembre è il mese delle scadenze, il mese in cui si tirano le fila dell’anno oramai
di lì a terminare, il tempo che ci costringe ad interrogarci sullo stato presente e quello futuro. Ritorna anche, nei più partecipi della vita della comunità, la preoccupazione per il destino del proprio Paese : ci si interroga, anche per questo, sul presente e sul futuro. Che cosa ne sarà!? Quello che Cerveteri sta attraversando è un processo del tutto simile alla maggior parte dei paesi e delle città d’Italia: diventano sempre più centri senza centro, ovvero tendono sempre più ad assomigliare alle periferie. Nei piccoli paesi, soprattutto la perdita del centro storico, ha causato una frattura insanabile nella comunità.

Nelle grandi città lo spopolamento ha condotto ad una generale omologazione dei centri storici: stesse catene commerciali, abitazioni svuotate dei e dai vecchi abitanti vengono date in affitti mordi e fuggi; identità, cultura locali e monumenti, commissionati ad uso e consumo dei turisti. I centri storici stanno trasformandosi in grandi parchi giochi per turisti, mentre i vecchi residenti vengono ricacciati nelle periferie spogliate di servizi, la cui unica prospettiva di socialità è quella consumistica del centro commerciale. O tutt’al più una parte, la più emarginata, utilizza il traffico di droga come sistema per vivere alla grande,
garantendo, assieme a frange di immigrati, un’ampia offerta a prezzi contenuti ai loro clienti della ‘società signorile”: società opulenta e spesso inoperosa – circa otto milioni – di bravi e rispettabili cittadini. È la domanda, come insegna Keynes, che, nel sistema capitalista, stimola l’offerta.

Nei paesi lo stesso processo ha avuto effetti ancora più devastanti: le attività commerciali ed artigianali chiudono, quelle che sono ancora aperte faticano, gli spazi di socialità si restringono. Basta fare un giro per il paese e ci si renderà conto del disastro. Non solamente in quella parte dello scarpone che dalla piazza comunale si muove a raggiera fino ai merli, ma soprattutto nelle due vie parallele che salgono in alto, via Sant’Angelo e via Piave, le saracinesche abbassate superano abbondantemente quelle ancora aperte. E quando un negoziante o un artigiano chiude sparge intorno semi di difficoltà per chi resta e vuoti che spingono la comunità ad evitare quelle strade. Insomma è un circolo vizioso e alla breve perdente. Alla fine resteranno delle case, delle chiese, due o tre negozi storici, un patrimonio culturale da offrire ai rari turisti, ma non una comunità che vi respira e che fa vivere e sviluppare quel luogo.

centro storico
© Arsial

Il processo di periferizzazione avanza a passo di fanfara. Sarebbe indispensabile rimettere al centro delle problematiche la questione del centro senza centro, non in termini semplicemente turistici, ma sociali e culturali per farlo ritornare ad essere un luogo di costruzione della comunità e non solo uno spazio da addobbare e male nelle occasioni
più o meno riuscite. Sarebbe da evitare anche il ripetitivo, inutile, alcune volte deprimente,
occupazione di spazi con gazebo in plastica che offrono sempre le medesime cose: non portano vita, non portano economia, ma un lento e triste muoversi tra il nulla. Come serve a poco pensare o impegnare tempo ed intelligenza su ZTL che sono pure imitazioni di altrovi ben diversi. Bisognerebbe avere il coraggio di indire concorsi per teste pensanti che studino e propongano soluzioni innovative e coraggiose, altrimenti non se ne scappa.
Soprattutto bisogna che i cittadini tornino ad essere custodi della propria città, e non deleghino.

Riessere, questo è il problema. Che la “piazza”, dal suono oggi eversivo o almeno ambiguo, torni ad essere la bella piazza, che lo scarpone si riempia di giochi, amori, vita. Nel leggere vecchi elenchi della scuola elementare, la cosa che più mi ha colpito è la frequenza degli stessi indirizzi di abitazione: via Bastioni, piazza della Boccetta, Via Santa Maria, via Etruria, piazza San Pietro, via del Granarone, Piazza Tripoli, via Agillina, via Gioberti.. Il centro, per dirla con Bufalino: “riassumeva ogni concepibile luogo di intimità collettiva: mercato, scuola, arengo, chiesa, cinema, camposanto…”.
Il destino per Cerveteri non è stato ancora rogitato, ma Novembre è anche il mese dei morti.