C’È TRUCCO E TRUCCO

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trucco

Ciò che rende “serissima” una materia tanto “giocosa” è il fatto che esprime un aspetto di noi stessi che nasce all’interno della nostra psiche.

di Elena Botti e Alessia Scatigna

Perché quando non riusciamo a truccarci e come se ci mancasse qualcosa? A volte fatichiamo a uscire di casa e perdiamo la sicurezza in noi stessi; con il make-up valorizziamo non solo l’aspetto fisico, ma anche il nostro mondo interiore comunicando agli altri la nostra personalità e la voglia di sentirci diversi e unici, con il trucco nascondiamo o evidenziamo, facciamo apparire un’immagine di noi stessi a volte inconscia, rappresentando come ci vediamo ma anche come vorremmo essere percepiti dagli altri.

Chi si trucca mette in risalto parti del proprio viso particolarmente attraenti sottolineando il proprio fascino. Quando il make-up diventa eccessivo vogliamo camuffare parti di noi che non accettiamo: il trucco diventa autoincoraggiamento. Quando trucchiamo gli occhi, che si dice siano il nostro specchio dell’anima, vogliamo mostrare il nostro mondo interiore, le labbra, la nostra sensualità. Anche i colori usati hanno un doppio significato, per esempio i colori vivaci esprimono vivacità ma possono nascondere tristezza, i colori tenui appartengono invece di più a caratteri timidi e riservati. Dolcezza, semplicità, sensualità, aggressività, risolutezza, determinazione… si esprime di tutto.

Truccarsi significa intuire la potenzialità del proprio viso

Il trucco è un’arte molto antica e per capirne la sua importanza è utile comprendere la sua storia e le sue diverse funzioni all’interno della società con l’evoluzione dei secoli. Il trucco è atavico e fa parte della nostra vita sin da 10.000 anni e a.C. Già dai graffiti ai tempi della preistoria venivano raffigurati i soggetti truccati dove si poteva evincere la tribù di appartenenza. Il trucco svolgeva funzione identificativa e come rito di passaggio all’età adulta.
In alcune tribù indigene alcuni stregoni, prima della trance ipnotica, si truccavano fino a cancellare l’immagine di se stessi facendo posto e rappresentando la figura delle divinità che durante la danza prendeva il loro posto. In alcune tribù africane, gli wodaabe, il trucco era strumento di corteggiamento; gli uomini usavano un make-up marcato per conquistare le donne La polvere dei minerali veniva usata per creare simboli sul corpo: il nero per scacciare gli spiriti maligni, il rosso per la potenza e l’energia vitale. Nella civiltà egiziana il trucco diventa una vera e propria cultura, veniva utilizzato il khal, ottenuto da resine bruciate che si coloravano con la polvere di malachite. Cleopatra faceva lo scrub con l’argilla del Nilo. Durante i banchetti della nobiltà i servitori ponevano sulle teste dei commensali dei coni ricolmi di un unguento profumato, questo, divenendo liquido, scorreva lungo il voto degli ospiti offrendo un effetto rinfrescante. Il profumo stesso veniva colorato e utilizzato per proteggersi dagli insetti.
Donne e uomini si truccavano con sostanze ed unguenti che però non erano del tutto sicuri – piombo, mercurio, arsenico erano spesso le tossine più pericolose. Tutte queste sostanze, assorbite dalla pelle, potevano portare gravi problemi sia fisici che mentali attaccando le sinapsi neuronali causando insonnia e menomazioni mentali e perfino la morte. Ecco il fatto da cui deriva il famoso detto “se belle si vuole apparire un poco si deve soffrire”.

Nell’antico Egitto il trucco avevo una funzione religiosa e rituale, la bellezza era gradita agli Dei e poteva proteggere dal male, le miscele per il trucco del corpo spesso erano fatte da sacerdoti. Cosmetico deriva dal greco Kosmos ossia ordine in opposizione al disordine del caos. Ai tempi dei greci i cosmetici venivano acquistati dalle confezionatrici di spezie oppure si preparavano a casa seguendo ricette che venivano tramandate di generazione in generazione. Le donne greche dopo la toeletta e il massaggio applicavano sul corpo gesso, calce, argilla bianca e la scagliola, sul viso, la bocca e sugli occhi lo stimmi ottenuto dagli aghi di pino bruciati e fissati con grasso animale, gli ombretti venivano ottenuti dalla combustione di nocciolo di dattero bruciato e fogli di rose, le sopracciglia calcate o ridisegnate, unite al centro, caratteristiche di un temperamento caldo. La mancanza di trucco e la trascuratezza nella cultura greca veniva punita con delle multe.
I romani si affidavano alla famosa ars ornatrix per la cura terapeutica della pelle ma anche alla ars fucatrix, una sorta di arte ingannatoria dove alcune donne riuscivano a cambiare di continuo addirittura i connotati. Ovidio compose un manuale di bellezza: “De medicamina faciei femineae” dove erano elencate maschere di bellezza e una serie di rituali per apparire impeccabili, veniva inoltre consigliato di dedicarsi a queste cure lontano dagli occhi indiscreti, soprattutto dei mariti; “Molte cose è meglio che l’ uomo non le sappia” scrisse Ovidio. I cosmetici erano molto costosi e venivano realizzati dagli unguentori vicino al velabro. La preparazione di queste pozioni era demandata agli schiavi, veniva utilizzato olio d’oliva e succo d’uva maturo e i prodotti finiti conservati nelle fissi di alabastica, terracotta o vetro delle gorge.

Il trucco eccessivo era prerogativa delle prostitute. Rappresentava una distinzione sociale anche il possedere gli strumenti, i cosmetici e il personale addetto alla toeletta, le famose cosmetac, lo strumento più famoso era la ligula, un cucchiaio di forma allungata che risale al I – III secolo d.C. C’erano inoltre degli specchi realizzati in bronzo accuratamente levigati. Il necessario per la toeletta era custodito nella cassa o alabastroteca (beautycase). Le operazioni di trucco si protraevano dalle due alle sei ore, questo spiega il perché quando le donne devono prepararsi per qualche evento speciale passano ore davanti allo specchio. Simbolo di lusso e di opulenza, ma anche catalizzatore sociale diventa il trucco durante il Medioevo dove le donne, ma anche gli uomini, truccavano i visi per avere la pelle bianca – pelle di porcellana -che era simbolo di aristocrazia.

La chiesa condannava queste pratiche che considerava futili e pericolose per l’integrità spirituale. Ecco perché la donna ideale era la donna Angelica, pelle chiara, capelli biondi, occhi chiari. Per quietare questa visione peccaminosa del corpo si dava la bocca una forma piccola, occhi grandi e tondeggianti, si voleva dare l’idea di purezza e candore. I riti del trucco venivano svolti in società, le donne mentre parlavano si truccavano e non era permesso uscire senza trucco, curioso l’uso dei finti nei, detti mosche del latte, tramite i quali le donne comunicavano i segreti più nascosti, ogni neo in un punto preciso voleva dire qualcosa, un codice di comunicazione non gestuale che poteva trasmettere un lato del carattere o un’intenzione.

I riti del trucco venivano svolti in società, durante questo momento e nelle occasioni speciali si ingaggiavano addirittura pittori professionisti che dipingevano i volti con colori ad olio e a tempera. Si rasava l’attaccatura dei capelli, avere una fronte alta era simbolo di aristocrazia. Sulle guance si applicava la polvere di zafferano e le labbra erano colorate con corteccia di noce, per gli occhi si usavano spesso il colore blu e verde. Maria Antonietta usava il rouge (carminio) sulle labbra e sul viso creando così il look “Bianco e Rosso”.

Detto questo si evince l’importanza storica del trucco e delle sue funzioni, le motivazioni per cui questa pratica sia molto importante, ci faccia stare bene, e ci cambi addirittura l’umore alla quale non dovremmo rinunciare mai, accogliendola anche come possibilità di cambiamento. Forma dei munus.