BALNEARI: DRAGHI VUOLE LA LIBERALIZZAZIONE

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un posto al sole

GLI OPERATORI FANNO MURO. DISCUSSIONE APERTA ANCHE A LADISPOLI E CERVETERI DOVE C’È DA RISOLVERE ANCHE IL NODO DELL’EROSIONE. 

Per l’Europa è tempo di rivoluzione nel comparto della gestione balneare, il che significa che dal 2024, questa è la data x, gli attuali titolari in Italia dovranno lasciare il proprio stabilimento o chiosco. Lo spettro delle gare ad evidenza pubblica però angoscia non poco l’intera categoria, soprattutto quei privati che hanno investito parecchio. Non sono esenti naturalmente gli operatori di Cerveteri e Ladispoli ripiombati nell’incubo appena hanno appreso la notizia del semaforo rosso alle proroghe delle concessioni demaniali marittime. Con un ulteriore beffa: il prolungamento delle licenze era stata votata fino al 2033 in sede di Giunta comunale a luglio 2020 nell’ambito del Decreto Rilancio. E lì si erano aperti spiragli.

La decisione del Consiglio dei ministri neutralizzerebbe di conseguenza questo atto della politica locale. «Ce lo aspettavamo – commenta Ugo Boratto, presidente Assobalneari di Ladispoli-Marina San Nicola – ma fino a un certo punto. Possibile che con tutti i problemi che ci sono stati in Italia, a cominciare dalla pandemia, dai distanziamenti, dal calo dei clienti, dalle imprese in crisi, la priorità del Governo sia ora quella di mandare sul lastrico 30mila famiglie in Italia?». Tra Ladispoli e Cerveteri le strutture sono una trentina. «Diversi operatori balneari – aggiunge Boratto – hanno acquistato lo stabilimento magari lo scorso anno convinti che la situazione si fosse stabilizzata almeno fino al 2033.

In tanti ormai come potrebbero prendere nuovi ombrelloni e lettini sapendo di dover mollare tutto? Poi ci sono le famiglie che hanno fatto la storia di questa città. E anche volendo programmare degli investimenti importanti, non ci sono gli strumenti urbanistici di riferimento. Il Piano di utilizzo degli arenili non è stato approvato ancora dal Comune e se un progetto venisse poi bocciato?

La nostra categoria sta soffrendo tantissimo. Gli arenili li teniamo puliti noi con i trattori». Sentendo però Palazzo Falcone l’iter è quasi in dirittura d’arrivo. «Stiamo facendo la nostra parte – risponde Pierpaolo Perretta, delegato al Demanio marittimo – con uno strumento indispensabile per lo sviluppo della costa. Piano di cui il nostro comune è sprovvisto fin dal 1997 e che la amministrazione Grando riuscirà ad adottare entro la fine del suo primo mandato. Riguardo alla nuova direttiva europea, non possiamo che prendere atto che le concessioni dal 1° gennaio 2024 dovranno essere riassegnate attraverso gara pubblica e su tale terreno i Comuni poco o niente possono fare, oltre a rispettare la legge. Potrebbe essere possibile, però, per i concessionari prevedere, fino a tale data, degli investimenti anche in opere pubbliche, che consentano un piano di ammortamento. Una simile iniziativa, che pare essere in linea con le normative, troverebbe certamente il supporto della attuale amministrazione».

Investire dunque per prolungare la propria attività? Un appiglio però potrebbe essere appunto quello di mettere soldi sul piatto per migliorare l’esistente, ammortizzare le spese nel futuro e restare il più possibile come gestore. Discorsi forse prematuri. Ma il disegno di legge sembra prevedere «una delega al Governo per l’adozione, entro sei mesi, di uno o più decreti legislativi per semplificare la disciplina sulle concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative». Gli obiettivi sarebbero quelli di «assicurare un utilizzo più sostenibile del demanio marittimo, favorirne la pubblica fruizione, promuovere un maggiore concorrenza sulle concessioni balneari». Insomma, soffiano venti nuovi che potrebbero cambiare le carte in tavola.

E nelle incertezze sulla costa non si può sorvolare sull’erosione. Non sono state ancora realizzate le scogliere che avrebbero potuto limitare i danni in questi anni. La parte nord è una delle più colpite. Ne sa qualcosa il titolare del Tritone da tempo costretto a rinunciare a file di ombrelloni. «Lo Stato ci chiede – si sfoga Marco Lazzeri – ma quando deve dare si gira dall’altra parte. Da 10 anni attendiamo le barriere che ci avrebbero dovuto difendere dall’avanzata del mare. I soldi sono stati stanziati dalla Regione, eppure anche la prossima estate ci arrangeremo. Una volta ci difendevamo solo dalle mareggiate, ora anche dalle onde della burocrazia»