L’ansia è una sensazione soggettiva di agitazione, apprensione, timore quale risposta ad un pericolo non ben determinato.
di ALDO ERCOLI
Dovrebbe essere distinta dalla paura come sostiene D.H. Rubistein? (Disturbi d’ansia. Diagnostica medica per problemi 1995). Credo che possa esserlo se la paura sia identificabile in una condizione di pericolo specifica, legata ad una causa nota: terrore per le grandi altezze, di esseri soli in luoghi affollati (agorofobia), di essere seguiti senza motivo da estranei. In tutti questi casi la paura immotivata è legata a specifiche condizioni. Dovrebbe essere chiamata fobia.
Sia quest’ ultima che l’ansia sono generate da interazioni individuali con l’ambiente esterno. Diversa è l’ossessione che, a prescindere dalle sue cause originarie, è frutto del rimuginio mentale del paziente, frutto del suo intelletto che non riesce a staccarsi, evadere, fuoriuscire da un pensiero dominante incessante, ripetitivo.
“Mi ritorni in mente”… (Battisti). L’ansia vera e propria è qualche cosa di diverso che allo stato originario embrionale è causa di nervosismo e preoccupazione.
Può trasformarsi in qualche cosa di diverso? Se comporta un condizionamento delle normali attività di vita tali da limitare la capacità di agire dell’individuo ecco che l’ansia diventa fobia, una nevrosi ansiosa cronica caratterizzata da ricorrenti episodi acuti, ossia di veri e propri attacchi di panico.
In effetti i disturbi fobici sono caratterizzati dalla necessità do evitare le situazioni che aggravano l’ansia. A parte malattie psichiatriche e neurologiche centrali numerose sono le patologie endocrine e metaboliche: tiroide (sia ipo che ipertiroidismo), ipoglicemia, paratiroidee (sia iper che ipo), feocromocitoma, ipercorticosurrenalismo.
Altrettanto rilevante è l’uso dei famarci, sia nell’eccesso che nelle sindromi da astinenza. Di norma un medico esperto diagnostica l’ansia, o la nevrosi ansiosa, dalla sola anamnesi e della sintomatologia tipica che presenta sia sintomi soggettivi che disturbi somatici. Nei primi rientrano preoccupazione, apprensione, insonnia, difficoltà a concentrarsi, stato di irritabilità. Nei secondi fanno parte senso di instabilità con tendenza alle vertigini, tremori, astenia, mani fredde e sudate, bocca riarsa, formicolii alle mani oppure ai piedi, frequente minzione (pollachiuria), cardiopalmo, dolori muscolari, senso di oppressione toracica.
Quale approccio diagnostico seguire? Oltre alla già citata anamnesi va preso nota di tutti i sintomi semeiologici accusati dal paziente. L’esame obiettivo (visita medica) deve essere accurata e meticolosa, sia neurologica – mentale che fisica.
Quali analisi richiedere? La scelta dipende dalla sintomatologia sulla scorta delle precedenti rilevazioni anamnestiche e di clinica medica. Dobbiamo escludere disturbi cardiovascolari, pneumologici, endocrini, neurologici, psichiatrici etc. Questo al fine di rassicurare il paziente che non ha nulla di grave, sulla natura non organica della sua sintomatologia.
Le analisi da richiedere sono quelle di routine, comprese le esame delle urine. Qualora si sospetti una disfunzione tiroidea è bene presentare almeno un TSH. Nei soggetti con ipertensione secondaria da feocromocitoma è utile richiedere l’acido vanilmandelico (VMA) e le catecolamine urinarie. Cefalea parossistica, sudorazione profusa, pallore, tremori fanno parte del quadro clinico della patologia.
E’ bene ricordarlo. In un soggetto con dispnea e sintomatologia broncopolmonare è necessaria un Rx del torace cosi come nel sospetto di una cardiopatia un ECG, ecocardiogramma, es. Holter pressorio o cardiaco h 24. Quest’ultimo esame può essere particolarmente utile per stabilire se le palpitazioni sono imputabili ad aritmie.

Aldo Ercoli