ALIMENTI: L’ETICHETTA CHE VORREI

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La verità, vi prego! Proposto un patto di fiducia tra produttori e consumatori.

Interessante inchiesta sulle etichette alimentari. Confezioni usate per attrarre i clienti? Giusto, ma diciamo no ai messaggi fuorvianti. Proponiamo ai produttori un patto di fiducia reciproca.

Integrale. É scritto a caratteri cubitali sulla confezione di fette biscottate che decidiamo di mettere nel carrello, per avviarci velocemente verso la cassa del supermercato. Una volta a casa, dalla lista degli ingredienti scopriamo che non c’è nemmeno un grammo di farina integrale, ma solo farina di frumento (cioè raffinata) con l’aggiunta di crusca e cruschello, e ci sentiamo presi in giro due volte.
Dalla legge, che consente un simile escamotage (il prodotto è infatti formalmente in regola) e dal produttore, che avrebbe potuto scegliere di usare farina integrale  e invece ha preferito la scorciatoia. Con l’aggrevante di aver pure sbandierato in etichetta lo slogan acchiappa-consumatori “integrale”, invece del più corretto e veritiero «ricco di fibra», che non è certo privo di attrattiva.

Farsi notare o farsi ricordare?
Quella che si combatte sugli scaffali è una guerra all’ultimo slogan per sbaragliare i concorrenti e spingere il consumatore all’acquisto, i prodotti sono presentati con immagini e parole che solleticano il bisogno sempre più avvertito di scegliere alimenti buoni, sani, genuini e leggeri. Non c’è nulla di male, tuttavia c’è un modo per farsi notare e un modo per farsi ricordare… scrive Matteo Metta, su AltroConsumo.
A corredo dell’articolo, la rivista presenta un patto di fiducia tra produttori e consumatori: l’etichetta che vorrei.

1 La denominazione. Nella parte frontale dell’etichetta si riporti non solo il nome commerciale del prodotto, ma anche “la denominazione di vendita”, che illustra più chiaramente la natura dell’alimento. Questa l’informazione (obbligatoria per legge) finora è stata relegata in una posizione meno visibile, in genere vicino alla lista degli ingredienti.

2 Integrale. Un’alimento sia definito “integrale” solo quando tutta la farina impiegata è effettivamente farina di cereali integrali.

3 L’ingrediente. Quando si mette in evidenza un particolare ingrediente (per esempio le nocciole) si indichi – con un carattere dello stesso tipo e della stessa grandezza – anche la percentuale in cui è presente. Se sono stati usati ingredienti che hanno una funzione simile (per esempio: olio si semi, olio di oliva e olio extra vergine di oliva) si enfatizzi il più pregiato solo se è presente in un quantitativo maggiore rispetto agli altri.

4 Artigianalità. Si eviti di definire con gli aggettivi “naturale”, “artigianale”, “tradizionale” i prodotti industriali, a meno che la ricetta e il procedimento con cui sono ottenuti non giustificano realmente questi appellativi. Che vanno comunque spiegati in maniera trasparente al consumatore.

5 Chiarezza. Gli ingredienti siano riportati in modo chiaro e comprensibile, evitando espressioni e percentuali fuorvianti. La lista degli ingredienti sia facilmente rintracciabile e di immediata leggibilità (caratteri grandi e forte contrasto di colore tra le scritte e lo sfondo).

6 Slogan da evitare. Sui prodotti con un profilo nutritivo discutibile si rinunci ad usare slogan nutrizionali e salutistici.

7 Immagine. Il prodotto sia rappresentato in modo fedele e realistico, evitando immagini fantasiose che hanno poco a che vedere con il contenuto della confezione. Si a belle foto veritiere, no a foto finte.
Contenuto utile e condiviso dalla rivista AltroConsumo